20. Burn the witch

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-JUNGKOOK-

Nella sua vita aveva avuto l'occasione di leggere molto. Aveva passato ore e ore chiuso nello studio del suo precettore, nella biblioteca di Palazzo, nelle sale lettura solitamente adibite alle donne reali che avevano avuto l'onore di aver imparato a leggere; aveva divorato pagine dopo pagine, pergamene dopo pergamene, assimilando nozioni, fatti, avvenimenti, date e comportamenti fino a farli diventare parte di sé stesso. Aveva imparato a riconoscere le condotte degli uomini, ad identificarle e a ricondurle ai protagonisti e ai personaggi delle storie che aveva letto – di cronaca o fittizie che fossero – riuscendo a prevedere e a supporre le loro mosse più avventate prima ancora che queste avessero avuto luogo.

Fu quindi con assoluta certezza che Jungkook non riuscì a riconoscersi negli eroi dei racconti che lo avevano accompagnato per tutta la vita.

Se lo fosse stato, avrebbe saputo come liberarsi dalle catene, come difendersi dai colpi di frusta, come non urlare per il dolore ogni qualvolta un lembo della sua pelle martoriata veniva sfregiata anche dalla più piccola abrasione. Se lo fosse stato, avrebbe avuto acume sufficiente per distrarre i suoi carnefici ed escogitare un piano per fuggire, trovare i suoi amici e lasciare quel regno per non tornare più. Se fosse stato uno di quegli eroi, avrebbe potuto risolvere ogni suo problema senza incappare in tutti gli ostacoli che fino a quel momento gli avevano impedito di fare passi in avanti.

Ma Jungkook non era uno di loro, non si sentiva uno di loro. Le catene lo sorreggevano completamente, i polsi sanguinanti per i bordi rozzi delle manette sembravano sul punto di cedere sotto il peso del proprio corpo, la camicia era squarciata ed insanguinata, e ogni parte del suo corpo doleva come trafitta da fini e lunghi spilli che non gli lasciavano un solo attimo per concedersi al buio dell'incoscienza. 

Quella non era una condizione da eroe.

Un eroe avrebbe lottato, avrebbe fatto qualsiasi cosa per uscire dalla propria condizione di miseria ed umiliazione, avrebbe combattuto. E Jungkook non ce la faceva, non aveva la forza di combattere. Si sentiva esausto, vuoto, la testa che gli ciondolava sul petto mentre il sangue che colava dal naso gli rigava ciò che era rimasto del candore della camicia. Era rassegnato, sapeva a cosa sarebbe andato incontro, sapeva cosa lo avrebbe aspettato; lo aveva saputo dal momento in cui Taehyung lo aveva costretto a fare marcia indietro per tornare a Busan, e lo aveva saputo anche quando aveva chiuso la porta delle segrete dietro le spalle dei ragazzi.

In quelle ore che lo separavano dalla pira, trascorse per la maggior parte in compagnia di guardie che fino a qualche settimana prima avevano avuto il compito di proteggerlo, era stato tormentato dalle grida che aveva sentito prima di essere gettato a terra dai soldati. Le voci straziate di Namjoon e Jin ed il suo nome pronunciato dalla voce provata di Jimin lo assillavano in ogni momento di silenzio, ed il sibilo che sapeva fosse provenuto da Taehyung gli rendeva il respiro agitato al solo pensiero delle sue condizioni nel momento della loro separazione.

Detestava la condizione in cui si trovava, ma lo avrebbe fatto ancora e ancora se sacrificarsi significava salvare i suoi amici. I suoi amici e Taehyung.

Jungkook era sicuro che nemmeno gli Dei – che il demone professava essere inesistenti – non avrebbero saputo trovare una spiegazione dietro tutto ciò che era successo con Taehyung. Ogni sguardo, ogni tocco, ogni sensazione che aveva provato, ogni singolo ricordo era impresso a fuoco nella sua mente, che ormai sembrava perlomeno avere accettato lo stato di irrazionalità nel quale Jungkook ricadeva ogni qualvolta Taehyung si faceva troppo vicino.

Lo senti anche tu, vero?

Guardami.

Ma anche se dentro di sé ancora infuriava una tempesta dai lineamenti fini e dallo sguardo ferino e beffardo, c'era solamente un'emozione che sopraffaceva qualsiasi cosa oltre al dolore. Ed era la rabbia.

Dark Wings - TAEKOOKWhere stories live. Discover now