OS: "Shuk'la" / Din Djarin

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Personaggi: Din Djarin, Grogu (menzione), Moff Gideon (menzione)
Localizzazione: post-The Mandalorian, 2×08
Genere: angst, introspettivo, mistico (?), una briciola di fluff alla fine (della serie, if you squint you'll miss it)
Avvertimenti: what if? | headcanons personali

Personaggi: Din Djarin, Grogu (menzione), Moff Gideon (menzione) Localizzazione: post-The Mandalorian, 2×08 Genere: angst, introspettivo, mistico (?), una briciola di fluff alla fine (della serie, if you squint you'll miss it) Avvertimenti: what i...

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Stanotte è una di quelle notti.

Quando, anche per chi, come lui, è abituato a scivolare tra sonno e veglia in un click di grilletto, restare in attesa di qualcosa che non arriverà mai fa meno male che immaginarlo.

Di quelle in cui non gli resta che rimanere in ascolto del proprio respiro. Sentirlo languire come una fiammella al vento, sbattere grave ma inconsistente contro il muro del buio – come se a respirare fosse solo la sua ombra –, e percepire ogni soffio graffiargli i polmoni fino a ridurli in una poltiglia di ghiaccio e sangue.

Din non se ne cura. Dormire adesso non gli sembra comunque una buona idea. Sarebbe l'unico modo per dimenticarsi del macigno che da giorni gli preme sulle palpebre almeno per qualche ora, ma non può essere certo che non si spezzeranno – e di frantumi ne ha già dovuti raccogliere abbastanza.

Preferisce restare così, la testa sprofondata nel cuscino e la mente nell'abisso dei suoi pensieri, ai quali non ha comunque la forza di dare forma, così da farli stare al passo con il rullo soffuso dei motori della nave.

La sua nuova nave, anche se stanotte sono parole che lasciano l'amaro in bocca e l'acido in gola.

Il profumo dei crediti che la Nuova Repubblica gli ha elargito in cambio della consegna di Gideon la impregna ancora dalle tubature alle tappezzerie. È troppo nuova. Troppo vuota, a cominciare dalla sua cabina e dalla branda in cui, se solo riuscisse, potrebbe finalmente dormire senza doversi rannicchiare come un Bogling in un pertugio.

È troppo e, allo stesso tempo, non abbastanza.

Non sua. Non stanotte.

In realtà, stanotte sono di più le cose che non sono di quelle che sono. Forse è per questo che l'aria gli sembra un po' più leggera e il petto un po' meno stretto, se pensa di aggrapparsi a quel poco che è rimasto come se da questo dipendesse la sua stessa sopravvivenza – una pallina di ferro, che ogni notte se ne sta lì a fissarlo con gli stessi occhioni scuri che gli hanno trapassato il cuore.

Non pensa – non vuole pensare –, quando allunga una mano verso il ripiano lì accanto per agguantarla; che non appena si ricorda che era il suo gioco preferito, il mento ricomincia a bruciargli sempre in quel punto.

Nella sua visione periferica, intanto, fanno capolino i pezzi della sua armatura, riposti nello scomparto più in là. Non li ha rimessi a lucido, anche se avrebbe potuto: sono i vessilli laceri di una battaglia sofferta, vinta solo in parte – almeno, per una parte di lui –, che ad oggi non è ancora disposto ad accantonare.

Evita comunque di incrociare lo sguardo con il visore del suo elmo. Forse per aggirare la consapevolezza che la preda non si sente sicura neanche nel buio della sua tana, né guarda mai in faccia il cacciatore- ma adesso non ci pensa, non vuole pensarci. Non ha importanza.

Guida la pallina vicino al suo viso e inizia a rigirarsela tra le dita, carezzandone il solco che la divide in due semisfere. Sbuffa dalle narici, ma quello che voleva fosse un sospiro liberatorio si fa spettro di una risata vuota – è troppo piccola per il cambio della nave, e il pomello nuovo non si può comunque svitare. Gli angoli della sua bocca oscillano debolmente verso l'alto, come se rimanere deluso da un dettaglio del genere lo facesse apparire ridicolo ai suoi stessi occhi. Ma gli fa quasi male, sebbene sia uno spostamento ai limiti del percettibile, perché scava un solco, l'ennesimo. La crepa in cui spire viscide e oscure si infiltreranno ancora una volta per strappargli dal corpo fino all'ultima goccia di ossigeno.

In uno scatto convulso, porta il mento più vicino al petto e la pallina all'altezza della fronte. Il tempo di metabolizzare la fredda sensazione del metallo sulla propria pelle e un sospiro tremolante gli spezza il confine delle labbra senza che possa controllarlo. Poi unisce faticosamente le palpebre, combattendo contro il bruciore del sale rappreso dietro le retine.

Non è la stessa cosa, neanche lontanamente, e lo sa. Ma basterà, si dice, deve bastare— per un secondo soltanto— per un battito di cuore che non faccia male.

E forse si è già addormentato e lo sta solo sognando, ma crede di sentirlo.

La notte calata sui suoi occhi che si accende di tante piccole stelle. Un calore che si dispiega dal punto di contatto tra la pallina e la sua fronte e si espande fino ad avvolgergli le punte delle dita. Percepisce la superficie liscia del metallo raggrinzirsi sulla sua pelle, sciogliersi in creste d'onda cromate che si raggrumano e cristallizzano intorno ad incavi e rilievi che per qualsiasi altro bambino avviluppano lo spettrale mugghio della morte, ma non per quello dentro di lui, nascosto sotto a un cappuccio rosso, con cui sta lentamente imparando a fare pace.

Non per suo figlio.

Poi una luce pulsa nel buio, increspandone il velo nero e placido. Il silenzio è rotto. C'è un piccolo petto che batte piano, gonfio della stessa nostalgia del suo, ma non impaurito.

Grogu sta bene.

Sta bene e non ha paura.

E, per adesso, è tutto quello che a Din serve sapere per poter respirare.

Lascia che sul proprio volto si imprima l'ombra di un sorriso e che quella nube di tristezza e sollievo sospesa intorno ai suoi occhi chiusi si sciolga e rotoli giù per una guancia, calda e silenziosa.

Il filo rosso che li lega non potrà mai spezzarsi, non importa quanto distanti si trovino ad essere. Deve solo ricordarsi di non dimenticarlo. Tutto il resto— farà meno male, domani.

«Non avrò paura», promette, un filo di voce appeso tra cuore e una tenebra.

Farà meno male, domani.

Farà meno male, domani

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GLOSSARIO:

shuk'la — [Mando'a] "frammentato", "infranto", "spezzato"


A/N:

E niente, io sono ancora qui a ripensare che (almeno secondo il mio headcanon) a Din è rimasta la pallina di Grogu e a Grogu il ciondolo del mitosauro. 🤧💔

A maggior ragione dopo aver letto, poco tempo fa, che si può parlare di bacio di Keldabe non solo con la classica capocciata, ma anche premendo con la fronte su un oggetto che simboleggia il legame con l'altra persona, ne porta il ricordo, ecc.. In tal senso, si accettano volentieri correzioni da parte dei più ferrati in materia... Nel peggiore dei casi, consideratela una mia licenza poetica.

E a tal proposito. Se non si fosse capito, SÌ. Da qualche parte della Galassia, Grogu ha il ciondolo a contatto con la sua fronte e, attraverso quello, sta aprendo una sorta di varco nella Forza per "baciare" suo padre.
#That'sNotHowTheForceWorks #Probably #ButWhoCares

(*cough* J.J. Abrams ha fatto di peggio. *cough*)

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