Il colore del mare - V

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La sensazione di eccitazione, assaporata per pochi istanti, scemò a ogni onda fino a scomparire e fu solo il ricordo della passione a spingerlo a librarsi in volo undici anni dopo. Al limitare della Foresta della Memoria si fermò a osservare una matrona che cuciva un abito bianco tempestato di pietre preziose. I capelli rossi ospitavano ciocche schiarite, le nocche erano gonfie, lo sguardo si spingeva oltre l'intrico degli alberi fino al mare e le labbra danzavano parole incomprensibili nell'aria fresca.

Senza vestire la forma di un uomo, la salutò e lei si fermò, le sue labbra si spensero per poi accendersi di luce non appena sollevò una mano in direzione della voce.

«Per quanto cercherai ciò che hai già trovato?» La mano vagò senza trovare appiglio fino a quando, solitaria, si abbandonò in grembo. «Non mi porterai con te nemmeno questa volta?»

Senza rispondere, la voce si librò in volo per raggiungere la Città dei Sogni, le cui strade erano ricolme di ragazze bellissime, colte, vestite all'ultima moda, i capelli erano distese di grano ed ebano, il loro incedere un tintinnio sul ciottolato che le portava al palazzo dove, quella notte stessa, si ballava alla Festa del Tempo Perduto. La voce si disse che sembrava organizzata in suo onore perché questa volta non avrebbe permesso a nessuna donna di fargli aspettare altri undici anni per ritrovare la libertà.

 La voce si disse che sembrava organizzata in suo onore perché questa volta non avrebbe permesso a nessuna donna di fargli aspettare altri undici anni per ritrovare la libertà

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La voce indossò la forma di un uomo fiero e vigoroso e più di una matrona svenne nel vederlo perché sembrava l'incarnazione di una divinità. Nel godere dell'estensione e dei limiti del suo corpo si abbandonò alle danze. Il mondo ruotava e con esso tutte le dame della sala che lo accarezzavano e baciavano per attirare la sua attenzione. Tutte le dame, a eccezione d'una, in piedi sulla balconata affacciata al giardino.

Lo sguardo si spingeva oltre la fila ordinata degli alberi e le labbra danzavano parole incomprensibili nella cacofonia musicale.

All'uomo ricordò la ragazza della Foresta della Memoria, il cui fiore era oramai appassito tra le rughe e la bellezza era marcita nel grigiore dei capelli un tempo di fuoco.

Quando si avvicinò, lei alzò la mano a lato e lui vi appoggiò il viso.

«Sei proprio tu?» le chiese sorpreso.

Lei assentì e si voltò per guardarlo. L'uomo era convinto di dover fissare occhi vuoti e tale fu la meraviglia di scorgere vivaci iridi viola che sorrise.

«Conosci il mio nome?» le domandò.

«Non appena lo pronuncerò, tu sarai vento.»

«Come lo sai?»

«So senza sapere come.»

La portò in giardino e lì, al riparo di una quercia millenaria, sperimentò le gradazioni dell'eccitazione e del piacere di cui aveva perso memoria o, forse, che non aveva mai provato. La speranza batté forte nel petto dell'uomo, ma subito si disperò all'idea di guadagnare la libertà e perdere quanto aveva trovato.

«Verrai sulla riva del Mare Nero per liberarci?»

«Verrò, se prometti di non mandarmi via e di vivere come uomo solo se accanto a me.»

«Prometto!» e l'alba lo restituì alla sua prigione.

«Prometto!» e l'alba lo restituì alla sua prigione

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Il labirinto dei nomi perduti - Fiabe dimenticateWhere stories live. Discover now