La Scala d'Oro -VI

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Il sole fece scintillare la Scala d'Oro coi bassorilievi intenti nel mimare esseri rinchiusi in edifici con a guardia umani a loro volta controllati da altri ancora. 
Ognuno annotava amenità in una scatola più piccola, letta da coloro che muovevano marionette in carne e ossa. 

La donna rimase turbata dal labirinto senza senso e, quando riprese a salire, vide che gli uomini oscillavano nelle gabbie imitando le azioni delle statue di metallo.

 Aprì la pergamena, ma nella notte le lettere erano scivolate dalla memoria trasformandosi in scarabocchi indecifrabili. 
Incapace di muoversi, di comprendere e di ricordare, pianse senza saperne il motivo.

«Riprendi a salire.»

Una voce portata dal vento catturò la sua attenzione. 
Calda e lenta, non ripeteva quanto dicevano gli altri.

«Dove sei?»

«Segui il mio canto.»

La donna salì altri gradini, incurante dei bassorilievi, fino a quando trovò un prigioniero che non era in piedi, ma sedeva tranquillo a gambe incrociate con le mani appoggiate in grembo. Immobile, sorrideva nonostante un lembo di stoffa gli cingesse il volto all'altezza degli occhi.

«Sei cieco?»

«No.»

«Perché sei bendato?»

La donna vide l'uomo sciogliere il nodo e fissarla. 

Si avvicinò, incatenata al suo sguardo e con le sole sbarre a dividerli, vide riflessi nelle iridi argentee il cielo, la scala e una persona. Si voltò per scorgere chi fosse l'altra donna lì presente, ma non vide nessuno. Tornò a fissare gli specchi minuti e poté studiare il proprio volto il cui ricordo si era dissolto. 

L'uomo allungò una mano per prenderle la pergamena, ma lei difese il tesoro allontanandosi dalle sbarre.

«Ricordo solo che questi fogli mi porteranno fuori da qui.»

«Non ti servono.»

«Sono l'unica cosa che ha senso.»

«Sono l'unica cosa che non ne ha, invece.»

Da lontano, gli mostrò gli scritti che lei stessa non riusciva a decifrare. 

Gli occhi argentati saettavano da un lato all'altro dei fogli e le sue labbra disegnavano parole silenziose nell'aria fresca.

«Riesci a leggerli?»

«Le parole hanno perso significato. Lascia che il vento le porti con sé.»

La donna si voltò, decisa a continuare la sua ascesa. 

Quando appoggiò il piede sul gradino, l'uomo intonò una canzone che la fece tornare sui suoi passi. Ignorava tutte le note, ma quella litania le sembrò familiare pur ignorando il motivo.

«Chi sei tu?»

«L'unico mio desiderio è salire il prossimo gradino insieme a te.» 

«Tu sai chi ero?»

«Io so chi sei.»

«Chi sono?»

«Tu sei tu.»

«Tu sei imprigionato.»

«Se lasci che il vento porti con sé la pergamena, non lo sarò più.»

Lei dubitò, fece scorrere le dita sulle gemme del corrimano e fissò i bassorilievi che trasudavano sangue per le guerre che sconvolgevano l'umanità.

Aprì le mani, i fogli vibrarono e le lettere fuggirono come perle di una collana rotta. 

Solo un foglio rimase più a lungo, giusto il tempo di mostrare il ritratto di colui che veniva liberato dalla sua prigionia. 

Quando i due misero il piede insieme sul gradino, il ricordo dell'immagine svanì e rimasero a fissarsi curiosi e timorosi del calore che sentivano espandersi nel petto.

«Saliamo insieme?»

«Sì.»

Quando i bassorilievi e le gabbie non furono visibili per via della notte senza stelle, l'uomo e la donna furono guidati dalla luce delle gemme, le cui preghiere, ora, riuscivano a decifrare.

Quando i bassorilievi e le gabbie non furono visibili per via della notte senza stelle, l'uomo e la donna furono guidati dalla luce delle gemme, le cui preghiere, ora, riuscivano a decifrare

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Il labirinto dei nomi perduti - Fiabe dimenticateWhere stories live. Discover now