La Quercia dei Dieci Quaderni - X

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La superficie di carbonato dell'uovo s'incrinò e ne uscì un uccellino tanto piccolo quanto le dimensioni del guscio che lo ospitavano

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La superficie di carbonato dell'uovo s'incrinò e ne uscì un uccellino tanto piccolo quanto le dimensioni del guscio che lo ospitavano. Le foglie dell'albero caddero, uno storno dalle piume color notte librava il suo primo volo, il tronco seccò spaccandosi in due. Yesed si accorse che l'uomo alto e bianco era accanto a lei e gli domandò come fosse stato possibile ciò che aveva visto.
«Non tutti i giorni accadono cose straordinarie. Le cose che conosci e di cui hai scritto non lo sono.»

«Questa è l'eredità di mio padre.»
«Non ti mancano le nozioni di storia e letteratura?»
«Se avessi saputo di vivere da sola, avrei mandato a mente tutti gli scritti.»
«Forse dovresti solo ritrovare i quaderni che ti mancano, ovunque essi siano e qualunque forma abbiano adesso.»

«Dovrei attraversare l'oceano.»
Yesed vide l'uomo trasformarsi in una gigantesca Aquila Bianca che si prostrò in modo che lei potesse salirle sul dorso. Il villaggio che l'aveva accolta in quegli anni rimpiccioliva, le case colorate erano giochi di bambini da lassù, il fiume lo attraversava come un serpente a scaglie azzurre, le nuvole volgevano al cielo la loro faccia luminosa. Il freddo le gelò le guance, le labbra si screpolarono, le mani faticavano a tenere la presa sulle piume. L'aria gelida si insinuò sotto i vestiti increspandole la pelle, le ossa di ghiaccio, gli occhi, a stento aperti, lacrimavano. O stava sognando o morendo. Pronunciò il nome del Principe, la vibrazione le scaldò il petto, si propagò in tutto il suo essere, si sentì viva. Solcava il nero a dorso di un'aquila, ignorando come l'animale facesse a sapere dove portarla, indecisa su cosa fare. Nell'ora più buia e fredda, quella che precedeva l'alba, ebbe la certezza di essere morta perché sentiva le parole del suo amico proprio come se fossero ancora abbracciati sul ramo della Quercia, un raggio di luce rischiarò le tenebre e vide i profili oro e rame delle guglie del Regno Alto incendiarsi. L'Aquila Bianca volteggiò intorno al castello e s'abbassò di quota per mostrare a Yesed gli abitanti. Nessuno si era accorto dell'animale che volava sulle loro teste perché nessuno aveva la forza di alzare lo sguardo al cielo.
«Lui dov'è?»

Nel Bosco Antico, attorno alla Quercia e protetta da un recinto di mura altissime, vi era una costruzione il cui tetto era costituito da bosso, così fitto e impenetrabile per cui era  impossibile capire cosa fosse

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Nel Bosco Antico, attorno alla Quercia e protetta da un recinto di mura altissime, vi era una costruzione il cui tetto era costituito da bosso, così fitto e impenetrabile per cui era impossibile capire cosa fosse. Il rapace lasciò la ragazza davanti a ciò che sembrava l'ingresso di un labirinto. Yesed fece pochi passi, si fermò perché non riusciva scorgere a un palmo dal naso e si rammentò degli altri doni che l'uomo le aveva fatto: indossò il diadema di stelle per illuminare il percorso e legò un capo del filo rosso all'uscita. I corridoi erano stretti e l'agrifoglio cresciuto nei sentieri ostacolava con le sue foglie appuntite il passaggio. Doveva giungere alla Quercia: sentiva che lo avrebbe ritrovato dove aveva nascosto i fogli di suo padre. Le stelle del diadema illuminavano il cammino e, mentre srotolava il filo, il dubbio si insinuava nei suoi pensieri.

Se il Principe avesse voluto trovarla, l'avrebbe cercata. Se fosse stato ancora vivo, sarebbe stato a corte e non prigioniero. Se fosse stato disperato senza di lei, avrebbe potuto inviare messaggeri in ogni parte del mondo per ritrovarla.

E ancora...

Come faceva l'uomo che si era trasformato in Aquila a conoscere l'esistenza dei quaderni, del Principe e del labirinto? E se fosse stata una trappola? Chi avrebbe guadagnato dalla sua scomparsa? Aveva trasmesso tutto ciò che aveva imparato dai quaderni e non era più utile a nessuno.

La via sembrava rimpicciolirsi a ogni angolo. Le siepi di bosso e d'agrifoglio s'infittivano mentre le luci del diadema erano sempre più flebili. Presto fu avvolta dal buio e dal silenzio, anche tornare indietro sarebbe stato difficile pur riavvolgendo il filo. Chiamò a gran voce il Principe. Il calore le avvolse il petto e le diede la forza per urlare il suo nome altre tre volte. Udì un lamento provenire da poco lontano e, con una mano sulla parete vegetale e con l'altra intenta a srotolare il filo dal rocchetto, s'incamminò nella direzione del suono. Quando sentì che era a pochi passi si fermò. 

Il labirinto dei nomi perduti - Fiabe dimenticateKde žijí příběhy. Začni objevovat