Orecchiedoro - II

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Isolata da tutti e lasciata senza cibo né acqua, Orecchiedoro maledisse il dono delle fate e desiderò essere normale come sua sorella tanto che cercò di strapparsi le orecchie, ma quelle rimanevano sempre al loro posto. 

Attese invano che qualcuno le portasse la cena, ma solo il vento riusciva a oltrepassare il fitto muro di spine.

Il silenzio della solitudine fu interrotto da un ululato che la spaventò. 

Si tappò le orecchie con le mani, ma poi tornò ad ascoltare. 

Riusciva a sentire il verso degli animali e il fischio del vento tra le fronde. 
La Natura si presentava al suo cospetto per insegnarle il proprio linguaggio.

L'alba illuminò di rosa i Monti Invalicabili e, decisa a non morire, parlò dopo anni: 

«Voglio mangiare.»

Una gigantesca Aquila Bianca depose sulla finestra una pagnotta. 

«Voglio bere» 

e l'Aquila portò un secchio colmo di acqua di sorgente.

Il vento trasportava tutta la saggezza nelle lingue conosciute e la ragazza passava le giornate a immaginare ciò che le voci narravano, la vastità del mondo e la profondità di abissi ancora inesplorati dal suo udito.

Una voce si distingueva dalle altre: bassa, decisa, morbida. 

Ogni giorno diventava sempre più forte come, sempre più nitidi, erano i sogni in cui l'uomo della voce le mostrava le meraviglie esistenti al di là della Torre, le diverse culture e le trasmetteva le filosofie dei sapienti.

Ogni giorno diventava sempre più forte come, sempre più nitidi, erano i sogni in cui l'uomo della voce le mostrava le meraviglie esistenti al di là della Torre, le diverse culture e le trasmetteva le filosofie dei sapienti

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Il labirinto dei nomi perduti - Fiabe dimenticateWhere stories live. Discover now