Justin?.. Yes?

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Justin's pov

Tutto fu abbastanza veloce, tutto uscì fuori dal tempo.

Le persone si spensero, lo Street finì.

Tutto quello che c'era, svanì.

Lo Street, le auto andate a fuoco, la gente che esultava, la mia squadra, la squadra di Charlotte... tutto questo era ormai un ricordo.

Tutto scorse velocemente, le presi la mano e corremmo nel futuro, lasciandoci alle spalle, ancora una volta, la nostra vita.

Uscimmo dagli schemi originali, corremmo contro vento lungo una strada inversa, la nostra strada.

Corremmo lontano dallo Street, attraverso le strade e lungo i vicoli.

Io, con la mia mano stretta nella sua, mi lasciai alle spalle il dolore, la frustrazione e i rimorsi per correre a consumare quell'amore che ancora pizzicava leggermente sulle mie labbra.

E lei, bella com'era, non replicò, si lasciò trasportare, fidandosi di me.

Salimmo sulla metropolitana e scendemmo nel Bronx, un luogo lontanissimo da dove la gente si aspettava che fossimo.

La condussi piano a casa, quella sera, con la voglia di guardarla ogni istante più intensamente fino ad incidere il suo viso perfettamente nella mia mente.

La notte era illuminata da quei pochi lampioni che ancora erano in grado di dare luce e l'aria era silenziosa anche perché nessuno dei due osava dire qualcosa, rompere quel magico silenzio.

Tutto quello che dovevamo dire lo avevamo già espresso.

Non dovevo chiederle scusa, non dovevo più farmi perdonare, non dovevo più salvarla, non dovevo più fare niente di niente, dovevo solo restare perché era quello che il suo corpo e i suoi occhi mi stavano chiedendo di fare.

E nemmeno lei doveva dirmi niente perché tutto quello che avrei voluto che lei mi dicesse lo aveva già espresso, non sempre c'è bisogno di parole per chiedere scusa, per ringraziare o per esprimere i propri sentimenti, a volte basta uno sguardo, un bacio, un abbraccio e tutto viene liberato.

In quel momento mi sentii così fortunato, mi sentii così grande.

Quando facevo gare illegali mi sentivo grande, quando vendevo droga mi sentivo grande, quando impugnavo una pistola mi sentivo grande, ma la grandezza che provavo in quel momento era ben diversa.

La mia città era grande, il mio continente ancora di piu, la terra era immensa, mentre l'universo infinito, eppure io, con me le mie mani intrecciate alle sue, il suo respiro sul collo e le sue labbra sulla mia pelle, mi sentivo grande; quando avevo lei intorno, anche le grandezze più immense mi sembravano ridicolmente piccole, quando eravamo un tutt'uno noi eravamo la più infinita grandezza del mondo.

Aprii il portone di casa e la trasportai su per le scale, fino in salotto.

Mi girai per richiudere a chiave la porta, solo per evitare che qualcuno irrompesse in casa.

Quando mi girai la vidi lì, così vicina a me illuminata dal chiarore della luna e dalla luce di quelle sere di New York.

Vidi metà del suo volto illuminato dalla luce, mentre l'altra metà completamente inghiottita dal buio.

Le toccai la guancia e a quel tocco chiuse gli occhi e aprì leggermente la bocca, le accarezzai quella guancia ancora sporca di fuliggine e pensai a quanto fosse tremendamente perfetta la sua pelle anche così mal ridotta.

Lei allungò la mano e la trasportò lungo i miei capelli, tremava leggermente, si tratteneva, ma quando la sentii stringere leggermente la presa alla punta dei capelli e le sue labbra incominciarono a muoversi con foga con le mie, smise di trattenersi e ogni timore, ogni qualunque preoccupazione scomparve.

Inverse || Justin BieberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora