Capitolo 21

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West si sentì tradita da se stessa: se il bullismo era il colpevole, allora perché sarebbe dovuta essere lei il brutto ricordo?
Si dannó immensamente. Desiderò una sigaretta sotto mano, ma ricordò di averle finite. Doveva risolvere il casino che stava creando prima che dilagasse.

«No, è che…» pregò di trovare una scusa per le proprie parole. Era come se il suo senso di colpa stesse complottando contro di lei per sabotarla. Non riusciva a pensare lucidamente in presenza di Valentine.

«Insomma, sono stata anche una stronza agli inizi… magari ti stressa, magari ti stresso.» balbettò agitata sperando di essere credibile.

Katherine la guardò offesa. Rigirò il volto al cielo, ferita, si sfregò gli occhi asciutti. Non capiva, non era più abituata a sentire delle emozioni, e quel rifiuto batteva nel suo petto facendo un fracasso assurdo. La faceva arrabbiare, le faceva immensamente male. Si sentì esagerata e incompresa da parte di sé stessa.

A Jade bastò uno sguardo alla rossa per sbiancare.
Era forse impazzita? Rischiava di farle ricordare tutto così. Allontanare e rifiutare Katherine equivaleva a spingerla a ricordare il senso di abbandono che l'aveva spinta al suicidio. Non poteva permettersi di ferirla ancora. Non poteva proprio, rischiava tutto, ogni cosa. Che cazzo stava dicendo?
«Cioè, nel senso, devi dirmi tu! Non volevo presupporre io. A me fa piacere, fa un piacere che non ti immagini. Lo dicevo per te! È una tua scelta. Pensavo che avessi bisogno di tempo da sola, di stare sola per elaborare le novità, ma se mi sbaglio ne sono più che felice. Meglio per me, insomma… casa mia sarà sempre disponibile per te. Lo sai.» le appoggiò una mano sul braccio cercando la sua attenzione.

Katherine sembrò calmarsi. Tirò un sospiro, sentendo il peso sulle sue spalle evaporare fra le nuvole. Le sorrise appoggiandosi a lei e lasciandosi abbracciare.
«Allora no, ho davvero bisogno di venire da te. Di un posto sicuro, lontano da scuola e dai miei.
E poi… non mi hai insegnato niente di matematica e sono nella merda.» le lanciò una frecciatina.
«Ah, ma sentila la signorina!» rise sollevata.
«Vorrei darti torto, ma non posso.» le concesse accarezzandole la testa.

Kat socchiuse le palpebre lasciandosi coccolare. Ad occhi chiusi, con l'aria fresca, il vento e le dita affusolate di Jade tra i capelli le sembrò di essere in un altro mondo. Un universo calmo, dove il suo vuoto poteva riposare.

Rimasero in silenzio, godendo della tranquillità e della compagnia l'una dell'altra.
'Ha bisogno di me. Non ha nessun altro supporto.' pensò l'insegnante sentendo una morsa al cuore. Non si era mai sentita tanto spaventata in vita sua, tanto fragile. Le sembrava di avere tra le braccia una Kat fatta di vetro, che alla prima caduta, al primo errore sarebbe finita in frantumi. Era il rischio più grande della sua vita. Solo lei poteva prendersi cura di Valentine e solo lei aveva il potere di distruggerla tanto. Se fosse stata razionale sarebbe sparita per evitare il rischio di farle ricordare tutto, ma che ne sapeva che la sua assenza non l'avrebbe distrutta di più?
La coscienza di West era spezzata dal debito che in qualche modo doveva ripagare, se Kat aveva bisogno di lei allora non poteva far altro che darle ciò che voleva.

Si appoggiò allo schienale facendo appoggiare la ragazzina alla sua spalla. Annussó il suo profumo appoggiando la guancia alla sua testa. Finalmente in quell'attimo di tranquillità le sembrava tutto giusto e perfetto, finalmente si sentì calma e rilassata. Erano giorni che non riusciva più a sentirsi così. I suoi nervi lasciarono andare tutta la tensione. Sbadigliò.
Katherine rise.
«Buffa.» la pizzicò.
«Ma finiscila.» borbottò di risposta facendola sorridere.

*

Dayana tornata a casa si lasciò cadere sul divano. Era esausta. Era stata una giornata particolarmente pesante; nella comunità di accoglienza per le donne vittime di maltrattamenti e tratta sessuale, dove lavorava, era arrivata una nuova giovane. Alla loro prima seduta la ragazza le aveva raccontato tutta la propria storia. Nell'apatia e nel distacco totale per sopravvivere ad un trauma del genere. Sperava di farsi le ossa, ma non ci si poteva abituare alla violenza. Il suo cervello non faceva altro che presentarle le scene atroci di abuso che le erano state raccontate. Era difficile non odiare il genere umano, in particolare gli uomini. Era deprimente sapere di vivere in una società dove fosse usuale sentire parlare di mariti che picchiano le mogli e di ragazzi che vanno a prostitute.

Dangerous Teacher II OssessioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora