Capitolo 1

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13 Dicembre 2005

Uno, due, tre squilli. Vuoto.
Nessuna risposta.
Il cuore in gola, senza nessun respiro nei polmoni. Liz correva tanto veloce da sentire solo il battito del sangue che pulsava alle due tempie.

Giù, lungo la strada.
L'adrenalina giù, lungo le vene.
Il vento invernale le graffiava il volto. L'aria buia le urlava nei polmoni trascurati dallo sforzo.

Si precipitò, afferrando le chiavi nascoste nel portaombrelli.  Le mani tremavano. Tremavano troppo, la chiave non ne voleva sapere di scivolare nella serratura.
«Andiamo! Porca puttana!» imprecò la ragazzina, tirando calci di frustrazione alla porta.

Era come se tutto fosse congelato, come un incubo, dove l'aria di ferro premeva contro le costole ed artigli di ghiaccio impiccavano qualsiasi urlo morto per nascere.

'Perdonami Liz. Non ce la faccio, non ne posso più. Non voglio più vivere.
È meglio così, io sono inutile, il mondo starà meglio senza di me, tu starai meglio.
Grazie per averci provato...
Mi dispiace di averti fatto affezionare a me... ti amo.»' quelle parole risuonavano nelle sue cervella, martoriando ogni suo pensiero di impotenza.

Non poteva fare niente per evitarlo, solo correre e combattere contro il peso schiacciante del tempo.

La serratura scattò, donandole una boccata di sollievo, si precipitò in casa, tra i corridoi.
«Adeline!» corse da una stanza all'altra. Urlando con tutta la voce che le rimaneva in gola spezzò il silenzio tombale di quelle mura.
Senza aspettare si fiondò in bagno. Un attimo prima di aprire la porta sentì la testa dolere, mentre due lacrime le cadevano sul volto.

Il terrore fu spezzato, dandole le vertigini. Il cuore smise di battere per un istante. Le gambe precipitarono al suolo, senza più un briciolo di forza a contrasto con la sua volontà.

La realtà la colpì come uno schiaffo in piena faccia. Il vento freddo soffiava impetuoso, facendo svolazzare e schioccare le tende della finestra aperta.
Rabbrividì davanti a quello scenario. Sudore freddo le corse lungo la schiena, la voce morta in gola non le dava modo di urlare tutto il proprio terrore.
Strisciando, arrancando in quell'incubo si avvicinò a tutto quel sangue.

Il pianto spezzò la maledizione, riportando la voce nella sua bocca.
«Adeline!» urlò al corpo che giaceva sulle piastrelle fredde del bagno, la schiena della ragazza appoggiata al muro.
I capelli bagnati le ricadevano sul volto, il braccio dipinto di rosso. Squarci facevano uscire tutto il suo dolore a gocce. A terra un coltello macchiato, i suoi vestiti dipinti di quello stesso colore prepotente.

«Adeline! Adeline che cazzo hai fatto?» Sgorgava vita dalla carne del suo braccio sinistro. Troppo sangue. Era troppo. Elizabeth non ne aveva mai visto tanto. Non avrebbe mai voluto vederne tanto.

Senza pensare afferrò un asciugamano gettandosi a terra. Premette sulle ferite, sulle sue esili braccia. Come se fosse servito a qualcosa, i suoi tentativi come foglie che cadono in pozze di fango.

La paura la invase facendola piangere come una bambina.
«Adeline! Adeline cosa hai fatto?» cercando il suo volto lo prese tra le mani.

Stava tremando. Non sapeva che fare, non capiva niente. Piangeva disperata. Singhiozzava pregando una soluzione.

Si sentiva come una stupida ragazzina, perché la era. Era solo una stupida ragazzina troppo debole per affrontare la vita.
Senza più nessuna maschera sul volto a proteggerla. Era così che appariva, con occhi tristi e spaventati. Fragile come qualsiasi essere umano.

Dangerous Teacher II OssessioneWhere stories live. Discover now