6: Natiell

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Kou si immobilizzò con la mano sulla maniglia. Joyce lo fissò ad occhi sgranati, le ginocchia premute contro il petto, seduto sul ripiano del lavandino. I pantaloni morbidi probabilmente del pigiama, neri. Nessuna maglietta. Occhiali rotondi dalla montatura circolare e sottile argentata. Le lentiggini che sotto la luce calda risaltavano come piccole costellazioni. Lo chignon scompigliato. Il riflesso dei muscoli della schiena nello specchio dietro di lui. Kou si senti morire.

Si concesse di deglutire rumorosamente e chiuse lentamente la porta dietro di sé. Joyce si irrigidì. <Lasciala aperta se proprio devi fissarmi.>
Kou annuì senza spostare lo sguardo da lui e la riaprì, Joyce si rilassò visibilmente, poi gli rivolse un sorrisino appoggiando il mento alle ginocchia. <Dunque hai intenzione di fissarmi e basta o...?>

<Intendevo aiutarti. > rispose l'altro senza preamboli, le guance a fuoco invisibili sotto la carnagione scura.
Joyce torno alla solita espressione seria. <Aiutarmi?>
Kou annuì incerto. <So suturare, ho...> si sfilò un paio di guanti di lattice dalla tasca. <...Chiesto ad Else della cucina se ne potevo avere un paio e...> inspirò. <E me li ha dati, sorprendentemente.>

Joy sgranò ancora di più gli occhi e Kou senti il cuore saltare un paio di battiti. Non se lo aspettava. Si infilò guanti. <Per favore, posso aiutarti?>

Joyce ebbe un fremito. Per un momento Kou penso che gli avrebbe dato un calcio. Invece si limitò a sedersi normalmente. Kou notò subito la clavicola di un brutto nero-violaceo e indubbiamente rotta, ma poi il suo sguardo cadde su un'altra ferita. Aggrottò le sopracciglia, <Non mi avevi detto che ti hanno sparato.>

Aveva combattuto in quel modo con una pallottola nel fianco?

Joyce resse il suo sguardo, <Non devo mica farne conto a te>

Kou represse l'istinto di picchiarlo lì e subito.

Si avvicinò cautamente. Joyce si ritrasse trattenendo il fiato. <Per favore, fa vedere la ferita>
Si aspettava una sberla dal biondo, che invece alzò leggermente il braccio reggendosi con l'altro al ripiano. Effettivamente sembrava in procinto di cadere, seduto storto in quel modo.

<Preferisci...una sedia?> chiese prima di toccarlo. Joyce distolse lo sguardo. <Non è la superficie il problema, sono io.>

<Uh?> chiese distrattamente Kou mentre cercava ago e filo.

<Ho il bacino storto.> sbuffò Joyce sporgendosi dal mobile per osservarlo. Kou batté la testa ed

imprecò a bassa voce. <Hai il cosa come?>
Joyce assottigliò lo sguardo. <Per quale altro motivo pensavi usassi le stampelle e zoppicassi.>
L'altro scosse la testa sgranando gli occhi. <Audace pensare che io ci abbia riflettuto.> poi trovò ciò che cercava e si tirò su stiracchiandosi. Joyce fissava con sospetto l'ago. <Non mi fido di te con

quello in mano.>
<Non ti fidi di me e basta. Eppure avrei potuto ucciderti mentre entravo> Joyce scosse la testa in quella che era una pura constatazione senza nessuna arroganza <No, non è vero e lo sai.>
Kou roteò gli occhi. <Okay, ma avrei potuto provarci.> gli alzò delicatamente il braccio e fissò i muscoli gonfiarsi per il movimento. <Riesci a tenerlo cosi?>
<No> replicò l'altro in un sibilo sofferente. Kou si girò appena e, sorprendendosi della vicinanza tra loro visi, notò che era impallidito leggermente, e che le lentiggini si notavano molto di più.
Fu disgustato dal suo stesso sorriso quando questo gli schiuse timidamente le labbra abbassando leggermente il braccio di Joyce. <E così?>

<Non ti prometto niente.>

<Mi accontenterò.> sorrise Kou chinandosi verso il suo torace facendo passare con calma il filo nell'anellino dell'ago ricurvo. Okay, fa' un bel respiro.>

<Fallo e basta.> ringhiò esasperato quello.

Kou impresse nella sua mente il gemito di dolore ed il sussulto che ebbe Joyce quando affondò l'ago la prima volta. Gli sembrò che gli fosse esploso il cuore e tentò di non fissarlo in viso, sentendo il suo torace muoversi sotto le sue dita scosso da piccoli ansiti. La ferita sul fianco era profonda, ma da solo era già riuscito a farla smettere di sanguinare ed ora bisognava solo cucirla. Si sentiva le dita gelate e la pelle di Joyce era tiepida contro i suoi polpastrelli. Trattenne il fiato appoggiandogli una mano sul petto facendo finta di aver bisogno di appoggiarsi. Probabilmente fu l'unico motivo per cui Joyce non gli tirò una gomitata in testa. Il suo petto non era ampio come avrebbe potuto esserlo quello di uno dei mastini all'entrata, ma era liscio e compatto, i muscoli naturalmente in rilievo. Kou si senti avvampare, ma tolse la mano per non farlo insospettire.

Solo allora si concesse di guardarlo in viso. Joyce lo osservava di sbieco, la fronte corrugata e le labbra schiuse, i canini appoggiati al labbro inferiore quasi rimarginato. <Che c'è?> gli ringhiò contro. Kou trovò tremendamente tenera che quello fosse il modo con cui reagiva al dolore.

<Fa male?> gli chiese abbozzando un sorriso. Joyce gli rispose con un altro ringhiò meno convinto.

<Tutto bene?> chiese Arkar sbucando dalla porta lasciata aperta proprio mentre Kou stava pensando che Joyce si sarebbe lasciato leggermente andare. Invece lui si irrigidì annuendo tirandolo su col braccio sinistro da quella posizione ambigua e mostrando ad Arkar la sutura. <Mi sa ricucendo.>

<Ti hanno sparato?> chiese Madoka sconvolto sbucando poco sopra Arkar. Kou senti che stava sudando e che se avesse continuato a farlo l'ago gli sarebbe caduto per terra.
<Non è niente, Mads. Vedi? Kou. Ha già ricucito> abbozzò un sorriso al fratello e Kou si imbambolò a fissarglielo. Joyce gli tirò una leggera gomitata facendolo tornare in sé.

<Che?> chiese. <Ah, sisi, sta benone ora.>

<Menomale.> Madoka tirò su col naso e seppellì il viso contra il collo del fratello. Kou si aspettò di vedere Joyce ricambiare in modo goffo, invece quello lo strinse col braccio buono e gli accarezzò capelli.
<Sto bene ora, Mads. Non preoccuparti.> alzò lo sguardo verso Arkar. <Andate a riposarvi, vi raggiungo appena posso.> rivolse un ultimo sorriso al fratellino e si girò verso Kou solo quando se ne furono andati in camera.

Improvvisamente sembrava esausto. Si indicò la ferita sotto la clavicola. <Fa' in fretta> Rimasero in silenzio tutto il tempo, ed alla fine Kou gli allungò le stampelle. Joyce le impugnò senza disinfettarle, forse per distrazione, e gli passò davanti, facendo finta di non notare il gigantesco sorriso che gli era spuntato in viso.

<Non ho cinque anni.>

<Sto provando ad aiutarti.>

<Non te l'ho chiesto.>

<Non puoi dormire senza maglietta.>
<Ho trent'anni, faccio quel che mi pare.>

Kou roteò gli occhi. <Mettiti questa dannatissima maglietta, ti aiuto io con il braccio.>
Dapprima Joyce lo fissò in cagnesco, ma poi sospirò alzando il braccio buono.
<È umiliante.> Kou sbuffò infilandogliela, poi gli fece passare nella manica anche il braccio sinistro con delicatezza. Era semplice, una larga maglietta nera a maniche lunghe. Gli sorrise.
<Allora io vado.> Joyce annuì abbassando lo sguardo sul proprio cellulare.
Kou si girò e si incamminò verso la porta, ma si immobilizzo con la mano sulla maniglia a sentire <Vedi di non morire nel sonno, non mi farebbe fare una bella figura. Ho pugnalato un amico per te, ricambia il favore.>
Ridacchiò uscendo. <Tu vedi di non cadere vittima di un attentato nel bel mezzo della notte, non ho abbastanza filo per ricucirti a patchwork.>

Joyce sbuffò lasciandolo uscire.

MamihlapinatapaiWhere stories live. Discover now