7: Natiell, Agnes

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<Non l'ho svegliato.> stava dicendo Madoka ad Arkar, <Perché si è sempre svegliato da solo, ma doveva essere veramente esausto.>

<Mh?> chiese Kou mescolandosi a caffè. Arkar accenno al corridoio con la testa, <Joy. Dorme ancora.>

<Sembra un poppante.> aggiunse Madoka sorridendo.

<Non posso perdermelo.> sorrise Kou.

<Non puoi.> concordò il ragazzo biondo prendendolo per un polso e trascinandola via.

Joyce non sembrava un poppante, ma quella vista appagò Kou come se lo sembrasse. Era coperto fino alle ginocchia, le lenzuola calciate ai piedi del letto, le braccia incrociate sotto la testa ed il cuscino, la maglietta alzata che lasciava scoperti gli addominali e la sottile peluria bionda che dall'ombelico scendeva fin dentro l'elastico del boxer grigi, appena visibili.

Kou sbatté le palpebre. Non sembrava un poppante, sembrava l'ipotetico padre dello stesso.
Deglutì non riuscendo a distogliere lo sguardo da lui, gli occhiali sul comodino ed i ricci legati in uno chignon sfatto e appiattiti contro il cuscino, con qualche ciuffo viola che gli accarezzava gli zigomi, le labbra leggermente schiuse che lasciavano intravedere il bianco degli incisivi.
<È adorabile, vero?> chiese Madoka dietro di lui, e Kou fece un balzo indietro per la sorpresa.
<Sì, è...> Etereo. Bellissimo. Voglio appoggiare le labbra sulle suture e ripetergli che guariranno presto e che stare bene. Tossì. <Sì.>

Joyce si stiracchiò con un mugolio adorabile. <Buongiorno> sussurrò Kou, sorridendo dalla porta e sentendo Madoka ed Arkar scappare via. L'altro lo guardò confuso per un momento, poi si passò le mani sulla faccia. <Salut> brontolò con la voce leggermente rauca e sfregandosi gli occhi, <Porquoi me regardes-tu?>

Kou trovò adorabile il francese se lo parlava lui. Trovava ancora più adorabile che fosse la prima lingua che parlasse al mattino. Non lo capiva, ma era intuibile. <Sei bello.> gli sorrise, <Madoka mi ha trascinato qui dicendo che sembravi un poppante e non volevo perdermelo, ma...>

<Mais?> lo incalzò l'altro legandosi i capelli.

<Ma non sembri un poppante, né un bambino.> sorrise Kou appoggiandosi allo stipite <invece se molto bello, quando dormi. È la prima volta che ti vedo rilassato.>

<Juste ce matin,> sospirò il biondo quando non riuscì a togliersi da solo la maglietta. Si schiarì la voce ed essa assunse una tonalità poco più bassa. <Di solito non dormo così bene.> non continuò e Kou gli lasciò la sua privacy senza essere invadente.
<Vuoi una mano con la maglia?> chiese appoggiando il piattino e la tazzina vuota sul comodino. Joyce sospirò e gli rivolse un mezzo sorriso assonnato. <Pensavo non me lo avresti mai chiesto.>

Kou annuì alzandogli la maglietta e solo dopo si accorse di non avere i guanti. <Aspetta, me li metto.> Joyce lo fissò infilarseli e non disse più nulla.
Kou lo aiutò a mettersi la camicia – una camicia azzurro chiaro che s'intonava coi suoi occhi – e gli passò le stampelle, ma la mente di Joyce era inchiodata a quel che era successo prima. Non se n'era accorto. Non gli aveva dato fastidio. Sentiva ancora il suo fiato contro la pelle, e non era una brutta sensazione. Anzi, si sentiva un po' più riposato. Inclinò il viso verso di lui, che stava prendendo la tazzina ed il piattino dal comodino e che si girò nell'esatto momento.

<Ora mi fissi tu?> sorrise Kou. Joyce sbuffò e superandolo gli tirò un leggero calcio nello stinco facendolo ridere. Persino lui sorrise, scuotendo la testa. Si girò. <Ti muovi? Dev'essere umiliante essere più lento di me.>

Kou sbuffò. <Sto facendo lavori socialmente utili.>
<Pulisci anche il resto della camera la prossima volta.>
Kou alzò il dito medio raggiungendolo.

<Signore.> chiamò un uomo dalla porta. <La vogliono al telefono.>

Arkar intercettò l'occhiata di Joyce e si alzò scompigliando affettuosamente i capelli di Madoka. <Torno subito.>
Kou sorrise osservando Joyce versarsi una quantità generosa di latte nel caffè. <Dunque...che abbiamo oggi?>

<Ricognizione.> rispose il biondo sorridendo guardando Madoka riempire il caffè di zucchero. <Mads,> lo chiamò, <Mi serve che prendi una cosa dalla soffitta di nonna Agnes.>
Il tintinnio di posate si interruppe.
<Cosa? Non la vedo da anni. Non è un po' maleducato andare lì e...>
<Lei sa cosa darti. Le ho già scritto, non ti preoccupare.> le guance di Madoka andarono a fuoco.

<Va bene> mormorò imbarazzato.
<Ti accompagneremo io e Kou. Arkar...>
<Dimmi.> chiese quello tornando dalla telefonata. <Continua ciò che stai facendo.>
Il giovane annuì. <Sissignore.>
<E fa' preparare gli uomini.> guardò l'orologio sul muro. <Se i miei calcoli sono esatti, dovremmo essere qui all'arrivo di Prat. Nel caso, digli che c'è la camera da sistemare.>
Arkar sbuffò. <Mi prenderà a calci.>
<Più probabilmente verrà a cercare noi per prendere a calci me.> Joyce si passò una mano tra la nuvola di capelli viola che gli ricadeva sulla schiena. <Tutto chiaro?>
Annuirono tutti.

Fuori si gelava, ed era così strano essere finalmente all'aperto che a Kou sembro tutto un altro mondo. Gli alberi erano spogli, e nevicava. Nevicava molto. Il suo sguardo cadde involontariamente su Joyce che riusciva ad essere mozzafiato anche con il giubbino a vento che gli s'increspava addosso, i capelli nascosti nel cappuccio. Gli occhi sembravano del colore del metallo. Madoka sembrava la sua fotocopia più bassa e giovane. Meno allampanato. E lui, in mezzo a quei due biondi dalla pelle chiara, gli occhi azzurri, le lentiggini ed i cappotti bianchi, tra la neve stonava come un occhio nero. Gli faceva così strano vedere i bambini intorno a loro mano nella mano con i genitori che entravano a scuola.
<Andiamo?> lo chiamò Madoka. <Non abbiamo tutto il giorno.> sbuffò Joyce appoggiato ad una macchina.
<È un buco di proiettile?> domandò perplesso Kou fissando la carrozzeria.
<No, è un'illusione ottica.> rispose il più grande, <Entra, dirò ad Hannes di sistemarla.> seguì gli altri due e si mise alla guida. Kou sperò non avesse problemi e qualcuno lassù esaudì i suoi desideri, perché Joyce guidava tranquillo, in un silenzio rotto solo dal crepitio della neve sotto le ruote.

Kou fissava i muri di neve ai lati della stradina. Avrebbero potuto essere alti tranquillamente quanto Madoka. Era opprimente, ma magnifico. I fiocchi di neve scendevano come piccoli cristalli, ma la temperatura era calata vertiginosamente dal giorno prima. Madoka, nei sedili posteriori, batteva distintamente i denti. Kou tremava stringendosi lì. Joyce guidava senza cambiare espressione, come se le sue percezioni si fossero ristrette solo e solamente alla strada davanti a lui. Non aveva freddo?
<Mi stai fissando. Di nuovo.> mormorò il biondo in quel momento, senza distogliere lo sguardo da davanti a lui e facendolo sobbalzare.
<Mi chiedevo se avessi freddo.>
<Non ho freddo, grazie.> replicò lui piatto, <Sono abituato a queste temperature.>
<Da quanto stai al freddo?> chiese Kou.
<Da tutta la vita.> colse l'allusione al volo Joyce.
Non parlarono più.

MamihlapinatapaiWhere stories live. Discover now