25: Sjaren, Natiell

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Kou ci aveva pensato a lungo. Poi, in primo pomeriggio, a casa di Agnes Lindgren, aveva pensato che Hannes invece il numero di Joyce doveva avercelo. Hannes gli aveva risposto di no, ma guarda caso era nella sua rubrica. Come lo sapeva? Gli aveva rubato il telefono, e poi glielo aveva ridato dopo aver memorizzato il numero. Hannes gli era sembrato diverso. Se prima assomigliava solo ad un vichingo ubriaco, ora aveva qualcosa che lo accumunava ai re.
Scosse la testa nel buio della notte; i capelli gli erano cresciuti. Digitò il numero e lo ascoltò squillare. Si era appostato in soffitta, perché Prat ed Arkar dormivano abbracciati così come Mavi e Afra. Aveva chiesto a Glenn il permesso e, dopo averlo ottenuto, si era stabilito lì in un nido di coperte.
Nel frattempo, qualcuno aveva accettato la chiamata.

Il dito di Joyce si era mosso prima che il suo cervello potesse anche solo reagire alla cosa. Si immobilizzò, ma poi sul suo viso si aprì un sorriso accennato.
<Mamihlapinatapai.> sussurrò, <Nella lingua degli Yamana, nella Terra del Fuoco, è quel momento quando due innamorati si guardano negli occhi, ma nessuno dei due ha il coraggio di fare la prima mossa.>

Kou scoppiò a piangere mentre rideva in modo un po' isterico. <Coglione,> gli disse tra i singhiozzi, <Mi hai fatto morire di paura.>
<Scommetto invece che sei tutto intero.> replicò sbuffando Joyce.
Kou tirò su col naso. <Prima di incontrarti...non credevo a quelli che dicono "mi manca come l'aria". Mi pareva impossibile che una persona mancasse così tanto.>

Joyce lo sentì stendersi su un pavimento, o sbattere ad un muro.
<Cristo,> lo sentì imprecare con la voce spezzata, <Ho paura che mi mancherai per sempre.>

Kou inspirò. <Mi ripeto nella testa tutto ciò che mi dici, ad occhi chiusi. Ma poi riapro gli occhi e...>
E non ci sei. Deglutì. <Ed io mi sento morire. E volevo...volevo dirti...> si interruppe. <Joyce. Joyce, io non so il tuo cognome.>

<Lavigne.> rispose il biondo con la voce tremante, le labbra si mossero prima di quella censura che aveva messo in atto da anni. <Mi chiamo Joyce Isak Lavigne.>
<Suona bene.> rispose l'altro dopo un po'. <Suonerebbe bene dopo il mio nome?>
<Sì.> rispose subito Joyce, <Sarebbe perfetto.> e poi aggiunse <Mi sono tagliato i capelli.>
Kou sbuffò. <Ed ecco che rovini tutto.>
Joyce non riusciva ad immaginarlo serio mentre lo diceva, o forse soltanto voleva immaginarlo sorridente.
<Intendo farlo.>
<Che cosa? Rovinare tutto?> chiese Kou.
<No, testa di cazzo.> replicò il più grande, <Darti il mio cognome.>
Kou fu preso da un attacco di ridarella e Joyce sperò non si strozzasse.

Sospirò scuotendo la testa. <Monika ti ha raccontato?>
<No,> rispose Kou, <Me lo ha raccontato Mads.>
Joyce aggrottò le sopracciglia. <Mads?> immaginò Kou annuire.
<Gli ha raccontato vostra madre a grandi linee.>
Il biondo rimase in silenzio per un po'. <Quanto sapete?>
<So quanto tempo non sei tornato a casa, e da chi sei stato. Nient'altro, Hannes e Monika sono molto poco espansivi.>
Sospirò. <Ti racconterò tutto. Ma ho bisogno di tempo, e non voglio farlo per telefono. E tu potrai sentirti al sicuro se vorrai dirmi cosa ti faceva tua madre.>
Sentì Kou inspirare bruscamente.
<Va bene, piccolo?>
<Sì.> Kou tirò su col naso. <Sì, ti prego. Ti amo.>
Joyce deglutì, poi inspirò profondamente. <Ti amo anche io. Buonanotte.>
Riattaccò, e sorrise nel buio come un bambino il giorno di Natale.

Prese qualche pillola e si permise di cadere nel buio di un mondo senza sogni.

Kou invece si svegliò grondante di sudore freddo. L'aveva sentita così bene la nota di stanchezza nella sua voce. Gli era sembrato esausto.
Andò su Spotify e fece partire a basso volume i Panic! At the Disco, perché Brendon Urie era il cantante preferito di Joyce, seguiti dai The Score e dai Fall Out Boys e da Owl City, anche quelli scelti direttamente dai gusti di quel biondo irritante troppo alto. Si avvolse nelle coperte e così aspettò il giorno. Si addormentò placidamente con Immortals che gli faceva vibrare i timpani.

Lage decise di non svegliare Joyce, quando si svegliò abbracciato a lui. Tornò a dormire con la fronte contro il suo petto, beandosi di quell'abbraccio tiepido.

Mavi dormiva contro Afra. Lei lo guardava, soffermandosi sugli zigomi, le labbra piene, le ciglia che gli sfioravano la pelle, i capelli crespi appiattiti sul cuscino. Dopo aver dormito per strada, quel letto le era sembrato comodissimo, e Mavi era crollato subito. Si tirò sui gomiti e la sua schiena mandò un lamento. Si spostò verso di lui, si fece piccola al suo fianco. Mavi dormiva in boxer, e il suo corpo sotto le coperte era tiepido. Lui la abbracciò istintivamente, e i loro petti si scontrarono dolcemente.
<So che sei sveglia.> sussurrò lui accarezzandole i capelli. <E anche che mi stai fissando.>
<Non ti sto fissando.> si difese lei. Mavi aprì un occhio. <Dillo a qualcuno che ci crede.>
Afra alzò gli occhi al cielo. <Okay, mi hai scoperta. Ti fissavo gli addominali.>
<Lo so.> gongolò lui richiudendo gli occhi, per poi scoppiare a ridere quando gli arrivò un pugno sulla spalla. La strinse a sé. <Come sta la schiena?>
<La schiena sta bene. È il resto che ha bisogno di un abbraccio.>
Mavi sembrò illuminarsi mentre la abbracciava.

<Ark.>
<Dimmi.> Arkar si girò su un fianco, la camicia aperta sul torace magro.
<Sei proprio un coglione.> Pratyush gli rivolse un'occhiataccia. Arkar sospirò prendendogli la mano. <Me lo ha chiesto Joyce.>
Le sopracciglia di Prat si unirono in un cipiglio scontroso. <La prossima volta mandalo a cagare, mi hai fatto venire un infarto.>
Arkar rise e si sdraiò sopra di lui, appoggiò il mento alla sua clavicola. <Ti sei spaventato?>
<A morte, cazzo. Pensavo...>
<Sono qui, ora. Non so come mai mi ha chiesto di seguire Monika, ma...>
<Conosceva Monika?>
Arkar annuì. <Ha parlato con Hannes subito dopo aver detto ad Afra che era una donna.>
Prat inclinò il viso. <Perché?>
<Perché Monika è l'unica donna nei paraggi che sa muoversi come Joyce.>
Un braccio di Prat gli circondò languidamente il busto. <Come lo sai?>
<L'ho vista allenarsi.> ammise Arkar mentre si spostava sotto di lui, <Joy ha sicuramente imparato da lei.> si lasciò premere sotto il materasso ed alzò un sopracciglio. <Non mi stai ascoltando.>
<Ti sto ascoltando, invece.> ribatté Prat togliendogli delicatamente la camicia, <Ma non vorrei sprecare un'occasione così.>
Arkar gli mise una mano in faccia e lo spostò contro il suo collo. <Sto parlando di una cosa importante.> pungolò nelle costole l'uomo che aveva sdraiato addosso. <È molto maleducato da parte tua cercare di fornicare nel mentre.>
<Non m'interessa. Ho bisogno di te.>
Arkar sussultò. <Oddio, sei ubriaco.>
L'altro si tirò sui gomiti, ai lati del suo busto. <Non sono ubriaco. Sono molto molto sobrio, e ho molto molto bisogno di te.>
<Maniaco.> borbottò Arkar appoggiando le labbra sulle sue.

Mamihlapinatapaiحيث تعيش القصص. اكتشف الآن