27: Sjaren

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La casa profumava di svajka, le frittelle dolci di Natiell. Lo stomaco gli si piegò in un doloroso crampo. Alla fine aveva mangiato solo un panino.
Sospirò. Il portone si chiuse dietro di lui con un tonfo e un applauso secco si diffuse nella sala.
<Ma che bravo.> sorrise la donna.
<Sei più brutta ogni volta che ti rivedo, Alfhid.> commentò tranquillo Joyce.
Il viso di quella si distorse in una smorfia di rabbia. <Era tutto perfetto!> gridò, camminando a grandi passi verso di lui. <E hai rovinato tutto. Di nuovo!>
Il biondo inclinò il viso. <Sei da sola.>
<Sì, e tu sei la causa. Prima mio padre, quindi Algot e Rikard.> ringhiò la donna.
<Ti rendi conto?>
Joyce si spostò con un balzo per evitare la coltellata. <Tuo padre era un mostro, lo sai cosa mi ha fatto.>
<Non mi interessa!> gridò lei, iniziando a piangere, <Non mi interessa! Era mio padre, fottuta puttana!>
Joyce roteò gli occhi colpendola di striscio sulla spalla. Alfhid saltò di lato evitando per un pelo che le venisse recisa la giugulare. Gli sorrise. <Non rispondi perché sai che ho ragione?>
<No. Non rispondo perché sprecherei fiato a cercare di spiegare a una testa di cazzo.>
Lei ringhiò buttandolo per terra ed affondò il coltello verso la sua testa, ma questo bucò il parquet e Joyce si alzò barcollante più in là. <Ci posso provare lo stesso, però.> mormorò facendo roteare il proprio coltello tra le dita. <Tuo padre era un mostro.> le mancò la coscia per un soffio, <Avevo sei anni. Sei anni. Sai anche che cosa mi ha fatto.> ringhiò facendole lo sgambetto prima che si avvicinasse al suo collo. Si accovacciò sulla sua schiena. <Era il capo di tutti, Alfhid. Poteva far finire quell'inferno, ma ha preferito spezzare un bambino in tanti, tanti, tantissimi pezzi.>
Lei si dibatté buttandolo per terra. <Stai mentendo! Era una persona d'oro, e tu eri solo un poppante invidioso.>
<Sei anni!> gridò lui facendole sbattere la testa al pavimento e scuotendola per le spalle. <Sei anni. Alfhid, avevo sei anni!>
La donna iniziò a piangere a dirotto tirandolo a terra per i capelli. <Avevo nove anni quando mi hai portato via mio padre!> gli puntò il coltello sotto la mandibola. <Tutto perché sei uno psicopatico, e davi i segni anche da piccolo!>
Le arrivò un calcio in faccia e si accasciò sul pavimento mollando la presa sui suoi capelli. Joyce indietreggiò ansimando appena e fissando l'occhio di Alfhid che sembrava volesse rientrarle nel cervello.
Lei piangeva. <Ora ucciderai anche me, come hai fatto con tutti, senza nessun rimorso!>
Joyce esitò. E poi si accorse con orrore che era esattamente ciò che lei voleva quando il coltello gli sfiorò il fianco. Si tuffò verso di lei, sperando di procurarle un trauma cranico. Però evidentemente lei aveva la testa dura, i suoi occhi scattavano da un lato all'altro come impazziti.
<Non ho chiamato nessuno> mormorò con un tono che fece venire la nausea a Joyce, <Volevo ucciderti io. Io io io io io. Solo io. Meriti di morire per mano mia, non di altri.> cercò di affondargli la lama nell'inguine ma lui fu abbastanza veloce da parare il colpo. Lei mandò un grido frustrato. <Mandi sempre all'aria tutto!> si tirò su di scatto mandandolo a sbattere alla parete. <Mentre ora voglio essere io a distruggere te, Lindgren, voglio trionfare dove mio padre, Algot e Rikard, il mio piccolo Rikard, hanno fallito!>
<Se hanno fallito così in tanti dovresti farti qualche domanda.> commentò perplesso lui lasciando che lo stringesse al muro. Lei gli ringhiò in faccia. <Fai lo spiritoso solo perché sei con le spalle al muro.>
<Faccio lo spiritoso in molte altre occasioni. Come con Algot.>
Lei lo lasciò andare come se scottasse. <Che cosa...>
Joyce si raddrizzò. <È morto come un cane, lo sai? Non ho nemmeno idea dove abbiano buttato il corpo.> si avvicinò per sussurrarle <Spero nella fogna.>
Alfhid gridò ferendolo al viso, un taglio non troppo profondo che gli passava sulle labbra, sullo zigomo destro e finiva sulla mandibola, a sinistra. Nonostante quello, Joyce sorrise. <Ti spavento, Alfhid? Hai raccontato a Rikard che sarei venuto a prenderlo se non avesse finito le verdure?>
Alfhid ora piangeva arretrando, urlando dandogli del mostro. Lui zoppicò lentamente verso di lei.
<Algot era solo una vittima, vero? Così come Rikard. Hai fatto loro il lavaggio del cervello, poi hai mandato Algot tra i Neja. In modo che mi osservasse.>
<Non pensavo avrebbe provato a staccarti un arto!> urlò lei in preda al panico, lanciandogli un soprammobile di cristallo che mancò la sua testa per un pelo ed andò a schiantarsi contro il muro. <Non lo sapevo! Non c'entro niente! È tutta colpa di quel traditore, quello che ha ucciso Olaitan!>
<Kou non c'entra niente!> ringhiò Joyce buttandola per terra con una spinta violenta, ricordando il cadavere sotto il capannone. Lei sgranò gli occhi. <Sì, lui! Lui! Lui dovresti rinchiudere lui, è colpa sua è sua è...> il calcio la mandò contro il muro.
<Non è colpa di Kou.> sibilò il biondo. <Gliel'hai ordinato tu.>
Il viso di Alfhid perse ogni traccia di colore. <No.> sussurrò, <No, no no. Hai capito male. Non gli ho ordinato niente.>
Joyce avanzò di un altro passo. <Olaitan è morto perché hai ordinato tu a Kou di farlo. Eri ai piani alti, ha riposto fiducia in te. È dovuto scappare da casa sua.>
Il volto di lei era color della neve nel quale il cadavere era stato trovato. <Come lo sai?>
<Kou è arrivato da me subito dopo la morte del capo Tajo, così come Algot. Faccio ricerche su tutto ciò che entra o esce dalla mia struttura. Ho scoperto che era tuo marito. Tutte le prove portavano a Kou.> fece un altro passo. <Gustaf ha mentito perché Kou lo ha pagato per non essere denunciato. Norberg ha visto tutto. Era chiaramente Kou dalle videocamere.>
<E perché...perché non...>
<Perché non l'ho ucciso, Alfhid? Questa è un'altra storia. Sto nascondendo prove cruciali da quasi otto mesi.>
La donna indietreggiò carponi verso il muro. <Perché arrivi solo ora?> sibilò.
L'espressione di Joyce divenne di ghiaccio. <Perché prima volevo farti perdere tutti, tesoro. Prima volevo che capissi com'era stato essere da soli, in mezzo a persone che vogliono farti tanto tanto male. Per me, e per Kou. Per quando ci hanno mandati via dalle nostre famiglie. In questo momento i tuoi uomini stanno morendo.> si accovacciò e le alzò il viso. <Tutti quanti.>
<No!> gridò lei, <Noi abbiamo il traditore!> indicò dietro di lui, ed un ragazzo uscì allo scoperto.
Pelle scura, capelli crespi, sguardo serio.
Kou.

MamihlapinatapaiWhere stories live. Discover now