9: Natiell

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Tornarono alla scuola, Joyce sereno e Kou che non riusciva a smettere di sorridere. Il sole ora si rifletteva sulla neve in un bianco accecante, ma aveva smesso di nevicare. La strada principale di Natiell – quella che stavano percorrendo – era già stata sgombrata.

Lo stomaco di Joyce brontolò. Kou scoppiò a ridere così forte che sbatté la fronte contro il cruscotto. Gli sembrò che Joyce fosse arrossito.
<Hai fame?>
<Non tanta.> replicò imbarazzato l'altro. <Ma stiamo tornando in anticipo perché è arrivato Prat.>
<Mi stai dicendo che avrei potuto passare altri dieci minuti a fissarti? Dovrei tipo, non so, essere geloso?> si lamentò Kou. Joyce sorrise scuotendo la testa. <Non preoccuparti di Prat, io ce lo vedo bene con Arkar, che è completamente cotto di lui.>
Kou sorrise incrociando le braccia dietro la testa. <Programmi per oggi pomeriggio?>

<Vediamo... pensavo di farmi fare una radiografia per vedere quant'è brutta la clavicola, e poi dormire.>

<Non hai altre ambizioni?>
<Uh?> fece Joyce girandosi verso di lui per qualche secondo.

<Quando eri piccolo...cosa volevi diventare da grande?> chiese Kou.

Joyce ci pensò per qualche momento, poi un sorrisino ironico gli affiorò sulle labbra. <Questa è divertente. Volevo diventare un poliziotto e fermare quelli che uccidevano la gente. Tu?>

<Io volevo diventare ingegnere o meccanico.> borbottò Kou.

<Ti ho visto guardare la macchina, stamattina. Hai l'occhio da meccanico.>
Kou distolse lo sguardo, sorpreso che lo stesse osservando.
<Mi fissi spesso quanto ti fisso io?>
<Abbastanza, sì.> rispose tranquillo il biondo parcheggiando. <Mi piace farlo. Sei molto trasparente.>

<Grazie?> chiese Kou imbarazzato uscendo dall'auto. Joyce sorrise appena senza rispondere e prese le stampelle.

Kou non seppe cosa stesse facendo finché Joyce non gli finì tra le braccia. Sgranò gli occhi rimettendolo in piedi. L'altro aveva le gote rosa per colpa del freddo.
<Scusa.> mormorò inforcando meglio i supporti, <Sono scivolato.>
Kou sbatté le palpebre seguendolo dentro la struttura, senza riuscire a togliersi di dosso la sensazione del corpo di Joyce contro il suo. Era infinitamente più leggero di quanto si aspettasse. Però era anche tiepido e comodo.

Prat era alto poco meno di Joyce, la pelle e i capelli scuri. Gli occhi a mandorla ed i tratti somatici indiani. Joyce si era rimesso i guanti per stringergli la mano.
<Kou, aspetti qui Mads per favore? Sta arrivando.>
Kou annuì tranquillo sedendosi ad uno dei tavoli delle bidelle, fissando di tanto in tanto un ragazzino che osservava la lezione dallo spiraglio della porta. Alla quinta volta sospirò. <Perché non entri?> il bambino abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe probabilmente scambiandolo per un insegnante. <Ho lanciato un aereoplanino. È finito nei capelli della maestra.>
Kou trattenne un sorrisino. <Ma non intendevi farlo, vero?> il bambino scosse la testa mortificato.
<Okay, vieni con me.> Kou bussò alla classe prendendo il ragazzino per mano.
<Avanti> fece un piccolo coro. Una donna li osservava da in piedi davanti alla lavagna, il gesso tra le dita.
<Scusate, c'era questo giovanotto in corridoio.> Kou spinse avanti il ragazzino che si era nascosto dietro di lui. Lo sguardo della donna si addolcì. <Gli ho detto di uscire a sfogarsi qualche minuto.>
Kou annuì sorridendo. <Seguiva la lezione dietro la porta, e allora ho pensato che dovesse essere stanco di stare in piedi, vero?> il ragazzino annuì stringendogli la mano. <E mi ha promesso niente più aeroplanini, non si preoccupi. Va' al tuo posto, su.> sorrise guardandolo sedersi al suo banco. <Arrivederci> salutò, e la maestra lo salutò sorridendo seguita dai bambini. Kou sospirò chiudendosi la porta alle spalle, e per poco non urlò. Madoka lo stava fissando meravigliato.

<Oh mio dio.> sussurrò. <Se tu e mio fratello avrete un figlio, ora so che starà benone.>
Kou tossì. <Scusami? Non avremo nessun figlio. Nemmeno stiamo insieme.>
Madoka sbuffò alzando gli occhi al soffitto. <Oh, per favore. E allora che avete fatto tutta la mattina?>
L'altro sentì le guance andargli a fuoco. <Ricognizione.>
<Sì, certo, ed io sono moro.>
Kou gli diede una leggera spinta sbuffando. <Non fare l'idiota. Gli sto a malapena simpatico.>

Scesero giù e Kou lasciò Madoka con Pratyush ed Arkar.
Ma dove diavolo si era cacciato Joyce?
Vediamo... pensavo di farmi fare una radiografia per vedere quant'è brutta la clavicola, e poi dormire.
Sbuffò entrando nella sua camera vuota. Lo avrebbe aspettato lì, e poi sarebbero andati insieme a pranzare. Sbadigliò infreddolito ed appese il giubbotto. Si sedette ai piedi del letto di Joyce – l'unico ordinato oltre a quello di Pratyush sopra di lui– per rispettare la sua privacy. Mugolò esausto. Si era svegliato prestissimo perché il proprietario di quel letto lo aveva depistato anche nei sogni.

Non si ricordò di essersi addormentato, ma evidentemente doveva essere successo, perché qualcuno lo scuoteva per una spalla.
<Kou> lo chiamò tranquillo Joyce, <Sono le tre del pomeriggio. Ti sto fissando da almeno un'ora e mezza. Mi annoio.> Kou brontolò girandosi dall'altra parte mentre sentiva l'altro sfilargli delicatamente le scarpe. Altri due tonfi e si trovò un peso addosso.
<Non ti facevo così assonnato, stamattina.>
Joyce. Sopra di lui.
<Sssh,> lo zittì, <Sto dormendo.> Joyce sbuffò spostandolo per un braccio, mettendolo con la testa sul cuscino coperto dal copriletto. Quindi sentì il materasso piegarsi appena sotto il suo peso insignificante. <Ho preso una vecchia coperta e ti ho tolto il felpone umido di neve.> appoggiò la guancia alla sua testa coprendo entrambi.

<Com'è andata la radiografia?>
Joyce si sistemò contro di lui. <Sta guarendo piano piano.> Kou avvertì un peso su un fianco e notò che era il suo braccio. Si girò verso di lui, bloccandosi notando la vicinanza.
<E tutto il resto?> chiese senza aspettarsi una vera risposta.
<A quello serve più tempo.> rispose invece Joyce attirandolo a sé sotto la coperta finché i loro petti non furono uno contro l'altro. <Penso che anche a te serva tempo.>
Kou appoggiò la guancia alla clavicola non rotta dell'altro. <Io penso che tu sia complicato.> e quando Joyce non rispose, aggiunse <Voglio dire, passi da quel sorrisino terrificante che avevi mentre uccidevi Algot a... questo. All'abbracciarmi sotto le coperte.>
Passò qualche minuto di silenzio, in cui Kou pensò che l'altro si fosse offeso a morte.
Poi Joyce rispose, lentamente e scandendo le parole:
<Sto proteggendo quel che è mio.>
Kou alzò lo sguardo. <Sei serio?>
Joyce annuì tranquillo prendendo un paio di pillole insieme ad un po' d'acqua. <Lo so che muori dalla voglia di poterlo dire anche tu.>


MamihlapinatapaiWhere stories live. Discover now