Ricordo futuro - IV - Cardo fa il maiale

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Cardo decise di andare a fare un bagno al lago, come gli aveva consigliato Romeo

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Cardo decise di andare a fare un bagno al lago, come gli aveva consigliato Romeo. Era stato bello, sì: si era lavato e rinfrescato come adorava fare lui. Aveva anche subito una mezza avance da parte di un centauro, ma, a parte che quei bestioni di solito scherzano, perché sanno bene che fine farebbe un cardellino nelle loro mani, adesso poteva dirsi vincolato, impegnato, accoppiato e... cazzo, non si era mai sentito così libero. Mancava solo la sua altra metà per poter gioire davvero e completamente.

Il momento più difficile fu il rientro a casa: aveva la sensazione che, ogni volta che usciva per qualche minuto, qualcosa se ne andasse al suo ritorno. Quella stanza si faceva sempre più vuota, l'aria più fredda e l'ambiente più ampio, ma non di una grandezza che incanta. Un ago fatto di smarrimento gli cuciva la solitudine sul cuore, ridendo del suo dolore.

Entrò in camera e vide, ai piedi del letto, la veste leggera e calda che Romeo si era fatto tessere apposta per lui, così sensibile anche al tocco di un tessuto. Non l'aveva ancora lavata e la spiegava e ripiegava ogni giorno, per farle prendere aria. Preso da un'angoscia alla quale si rifiutava di cedere, si sfilò i manti e si avvolse in quella veste. Era morbidissima e scivolava come seta sotto le sue mani. Percepiva l'aquila, il suo profumo, chiuse gli occhi e si sentì abbracciare.

Corse a guardarsi allo specchio e sorrise: sembrava un piccolo fantoccio tanto gli stava larga, ma lo confortava l'idea che magari, per una qualche ragione irrazionale, Romeo lo sentisse più vicino, come lui lo stava sentendo vicino.

Si distese sul divano e pensò, tra sé e sé: "Provo a distrarmi con un film". Ne scelse uno a caso, ma già dalle prime battute aveva smesso di seguire.

Non si stupì di trovarsi in tiro. Romeo mancava da quanto? Due giorni, una settimana, un'era? Ok forse aveva esagerato: probabilmente quel mondo del cazzo non sarebbe esistito abbastanza per potersi vantare di ere.

Ma lui e Romeo trovavano sempre il modo per regalarsi almeno un orgasmo al giorno, ma no, detto così sembrava che fosse dovuto. Non era una gara e nemmeno routine. Erano loro, liberi, e il loro desiderio che li guidava.

Le mani di Romeo erano così calde, grandi e attente.

Cardo adorava sentirsi sollevare, girare, piegare e aprire da quelle mani. Aveva imparato a fidarsi e lasciarsi andare con Romeo come non credeva possibile.

A quei pensieri la sua eccitazione diventava sempre più insopportabile, e, quando la sua mente viaggiò dalle carezze ai baci, il pensiero della bocca del suo rapace su di lui lo fece impazzire. Avvolto nei tessuti di Romeo e respirando a pieni polmoni il suo odore, Cardo si rannicchiò sul divano e iniziò a masturbarsi. .

"Il mio cazzetto" lo avrebbe chiamato Romeo allargandogli le gambe per poterlo prendere meglio in bocca. Cardo lo fece: allargò le gambe finché non sentì tirare l'interno coscia all'inguine e ansimò.
Lo avrebbe accolto fra le sue labbra morbide, piano, e Cardo si massaggiò piano; passò medio e anulare dalla base alla punta come fossero la sua lingua. Imprecò perché lo voleva di più e strinse le palpebre quando si convinse di aver sentito il respiro caldo dell'aquila sul suo cazzo, come se avesse riso della sua smania.

Scosse il capo, perché più lo avvertiva vicino, più godeva e più temeva il momento in cui avrebbe aperto gli occhi. Si sentì bagnare e mugugnò. Quello era il suo godere, iniziò ad accarezzare il tessuto che gli ricopriva la coscia, immaginando Romeo e fu come se quelle gocce di liquido fossero la saliva di lui. Come se lo stesse lubrificando. Gemeva con quei piccoli trilli tipici degli alati quando il loro respiro si faceva affannoso.

Gli balenò un pensiero per la testa: affondare dentro Romeo. Oh, cazzo; come gli sarebbe piaciuto violare quel pezzo di marmo che era il suo culo e vederlo godere a ogni spinta.

La sua mano si muoveva sempre più veloce e con l'altra si pizzicó un capezzolo che sembrava gli stesse prendendo fuoco.

Aumentò ancora il ritmo puntando bene i piedi sul divano. Buttò la testa indietro, alzò il bacino e venne. Dalla gola gli uscirono dei versi soffocati, i tendini e i muscoli erano tirati allo spasmo e le tempie friggevano. Mentre cercava di prendere fiato, contemplando il soffitto, sentì il naso bruciare e subito portò una mano a controllare se sanguinasse, ma era solo una sensazione e la sua mano fradicia di altro.

Passato il culmine dell'orgasmo si forzò di controllare la situazione: le sue ali tremavano ancora a ogni suo respiro, Romeo non c'era e lui aveva fatto un disastro.

Non avrebbe più potuto temporeggiare: aveva imbrattato la veste dell'amante ed era arrivato il momento di lavarla, rinunciando a un po' del suo odore.

«Mi manchi, mio tutto...» sussurrò piano, mettendosi la mano pulita sugli occhi.

Poi si alzò, andò a cambiarsi, prese una spugnetta e ripulì.

L'altra parteWhere stories live. Discover now