Ricordo futuro - XIII - Trasparenza

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Come ogni due giovedì, verso mezzogiorno, arrivò il carico di merci di consumo da Palazzo

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Come ogni due giovedì, verso mezzogiorno, arrivò il carico di merci di consumo da Palazzo. Era sempre una giornata faticosa, ma che a sera dava una certa soddisfazione, in particolar modo quelle volte in cui ogni meccanismo funzionava: l'autocarro arrivava in orario, al controllo della merce la distinta risultava coerente, non c'erano state eccessive variazioni delle quantità richieste e il computer non andava in blocco nello scaricare i documenti di vendita. E quel giovedì fu proprio una di quelle volte.

Tuttavia Gavril accolse i trasportatori con un saluto scocciato a testa bassa e, mentre quelli giunti da Palazzo svuotavano i furgoni, iniziò a spostare i pallet a mano e a portarli verso gli autocarri degli altri settori del Bosco: sembrava aver dimenticato che la struttura gli forniva diversi mezzi per poterli muovere senza fatica.

Il corriere del terzo settore lo fissò confuso vedendolo arrivare col suo carico fra le braccia. E fu costretto a fare un salto all'indietro quando, nell'appoggiarlo a terra, rischiò di farglielo cadere dritto su un piede. «Hey! Si può sapere che cazzo fai?»

Gavril riprese velocemente aria e fece un cenno di scusa con le spalle, per poi dirigersi di nuovo verso il piazzale dove gli autocarri arrivati da Palazzo avevano già distribuito le merci e le navette le stavano organizzando nel magazzino verticale.

«Non ci fare caso, è storto dalla faccenda del Tribunale» gridò Bacco, che aveva assistito alla scena dal muletto. «Ti serve un transpallet?»

«No, no, ce l'ho. Ma ha intenzione di portare tutto a mano? Che gli ha fatto l'uccellino?»

«Pare che lo abbia rifiutato» rispose Bacco indicando Gavril, e l'altro lo cercò nel piazzale. Stava già tornando con un bancale. Quanta rabbia per una scopata mancata! «Non dicevate che al suo passaggio si inginocchiano tutti?»

«A essere più precisi è lui che si inginocchia» ridacchiò il carrellista e gli fece segno di fare attenzione ai piedi appena in tempo.

«Cazzo! Lo hai fatto apposta!»

«Oi, Ocram! Asciugati le lacrime che mi rattristi!» lo derise Gavril.

«Troietta, ritira quello che hai detto!»

«Cos'è, ti è passata la voglia di ridere? Alle lacrime...» canticchiò, facendo scivolare l'indice sotto all'occhio sinistro, proprio dove erano le lacrime di Ocram.

L'arco nero avvertì una forte scossa al torace e il sangue gli gonfiò le vene. Fece leva con una mano sul lato superiore del bancale e balzò dall'altra parte, trovandosi di fronte a Gavril. Lo afferrò per il collo e lo sbatté con forza contro la merce imballata, spostando tutto di almeno mezzo metro.

«Ho detto: ritira quello che hai detto!»

«O?»

«O piangerò anche per te!»

Gavril gli sorrise e gli lanciò un bacio malizioso, accarezzandolo dall'avambraccio fino alla spalla; Ocram strinse la presa, sentendo forzare il battito dell'altro sotto alle dita.

«Fermo, sono autorizzato a usare la forza!» Ocram scattò nel sentire un colpo deciso sulla spalla e si voltò verso Bacco, che era sceso dal veicolo apposta per lui.

«Già, perché ti dispiacerebbe troppo dire addio alla sua lingua, vero?»

Gavril rise e raschiò la gola.

«Avanti, appoggialo. Ti sta stuzzicando, non dargliela vinta.»

«Non sta stuzzicando proprio un bel niente, ho solo voglia di vedere se gli dona il rosso.»

«Mettilo giù e carica i bancali. Non puoi pretendere che fingiamo di non vederle, e se ti comporti da pazzo peggiori ogni cosa.»

La spalla di Ocram tremò e probabilmente la sua mano strinse, perché Gavril si irrigidì di colpo prima che lui lo lasciasse cadere. Ocram sospirò e brontolò tra i denti: «Non ho mai preteso nulla, vi chiedo solo di evitare di sfottermi.» Poi si diresse verso il furgone e riprese a lavorare.

«È stata davvero un'uscita infelice» affermò Bacco, mentre Gavril rideva e si massaggiava la gola dove stavano già affiorando gli ematomi. «Si può sapere che hai? Stavi cercando di farti staccare la testa?»

«Forse sì» confermò Gavril tossendo e pulendosi la bocca. Senza dare troppo retta all'arco più vecchio – e sicuramente più saggio –, scosse il capo per riprendersi e corse a trasportare il carico successivo.

*

Quando l'aria iniziò a farsi frizzante e il Coprifuoco non concedeva altro tempo, gli archi dei due settori si salutarono. Si sarebbero rivisti la settimana dopo per i rifornimenti da Sastre.

Nel momento in cui Ocram stava salendo sul camion si sentì richiamare da dietro.

«Oi, Ocram, scusa per prima.» Era Gavril che lo stava osservando, in piedi, ad almeno dieci metri da lui.

«Mh...» Fu Ocram a percorrere la distanza che li separava. «Con chi ce l'hai? Bacco ha detto che è per via del cardellino.»

«Tutte cazzate!» esclamò l'altro sviando lo sguardo.

«Hai-hai un sacco di amici... Amici, vabbè! Non sei proprio la persona che non ha modo di sfogarsi.»

«Ti piacerebbe cancellare il tuo passato?»

«Booom! Eh?» esclamò incredulo Ocram mettendosi le mani in testa. «Perché volevi farti un uccellino?»

Gavril scoppiò a ridere e negò.

«No, no... ti sei mai chiesto quanto possiamo essere trasparenti? Chi non ti vede forse ti accetterebbe di più di noi... perché rimani?»

«Sono quello che sono, no? Anche se ho queste,» si toccò la guancia, «penso sia meglio restare dove esiste anche solo una persona che mi conosce e mi accetta. Non posso cancellare nulla e nasconderlo mi pesa.»

«Potresti farlo...»

«Mh, ascolta, sai installare un televisore?» chiese indicando il furgone, e Gavril annuì perplesso: Ocram sapeva parlare appena lo spagnolo e faceva ancora molta fatica a leggere, non aveva senso che gli interessasse un televisore. «Hai mai conosciuto un uomo originale?» L'altro negò, sempre più perplesso. «Puoi venire a casa mia quando vuoi, ne ho uno!»

«Un televisore?»

«Un uomo originale!»

«E il televisore?»

«Me lo installi.» Ocram scoppiò a ridere, salutò con un gesto e se ne andò.

Gavril raschiò la gola e dondolò da una gamba all'altra; gli facevano male le braccia e cercò di sciogliere leggermente i muscoli per rilassarle. Poi bofonchiando si diresse verso la propria dimora, che poteva tranquillamente raggiungere con una passeggiata di venti minuti.

 Poi bofonchiando si diresse verso la propria dimora, che poteva tranquillamente raggiungere con una passeggiata di venti minuti

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Appena in casa corse in bagno e aprì il rubinetto dell'acqua calda. Poi iniziò a spogliarsi. Nel togliersi i pantaloni dalla tasca scivolò fuori una busta e cadde a terra.

La raccolse e la posò sul mobile del lavabo. La osservò e gli salì un ringhio sommesso dal torace. "Glitter del cazzo!"

Poi si guardò nello specchio e si passò le mani fra i capelli, si scoprì la fronte e rise, compatendosi. «Vaffanculo!» disse al Diavolo.

L'altra parteWhere stories live. Discover now