Ricordo futuro - XII - Il sole che scalda

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Agli archi bianchi era concesso ogni capriccio

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Agli archi bianchi era concesso ogni capriccio. Fin dall'infanzia, grazie al loro status, non dovevano perdere tempo a scegliere: potevano avere tutto.

E se era vero che, in fondo, erano solo degli strumenti potenti che un'educazione accorta avrebbe potuto formare come esseri integerrimi e capaci di forgiare un mondo giusto, era anche vero che l'essere serviti e riveriti germogliava nella loro mente creando un'idea malsana: erano drammaticamente convinti che non esistesse per loro la possibilità di sbagliare.

Studiavano da sempre le leggi della natura e i comportamenti degli esseri che la popolavano, volevano conoscere e trovare una spiegazione per ogni meccanica di quel mondo inospitale, e non tolleravano i paragoni col mondo originale che, a causa di esseri allogeni quali erano gli umani, sembravano inevitabili.

Erano immuni ai bisogni fisiologici, ma talmente sedotti da essi da fare di quella mancanza il loro bisogno primario. In più, la loro capacità di vedere, esaminare e percepire l'anima di chiunque, gli dava sia la possibilità di vivere innumerevoli vite sia la consapevolezza che a loro mancava un pezzo.

Come per gli archi neri, anche per loro la gente di Sastre aveva raccontato storie che piano piano erano mutate in favole, ma se ai primi toccava sempre il ruolo del mostro, per loro si conservava il manto dell'eroe. La particolarità era che anche come eroi spaventavano, perché tutti sapevano che la fine del mostro delle favole sarebbe potuta toccare a chiunque, nella realtà.

Tutto questo li aveva portati a considerarsi alla stregua di un pensiero divino, e il ma in questo caso prendeva la forma del terrore di chi si trovava a dover condividere un po' di strada con loro.

Il giudice era un arco bianco, e aveva aggiustato Cardo. Poco importava cosa avesse fatto del suo corpo nel tempo in cui lo aveva tenuto fra le mani.

Gavril scese dall'auto per aiutare gli alati a uscire, ma non si spostò. Non seguì Romeo mentre saliva le scale di legno che cingevano il tronco dell'albero-condominio; si limitò a guardarlo e respirare a fondo.
L'aquila teneva il suo tutto accoccolato fra le braccia, attento e amorevole; e il leggero sorriso che accennò in saluto a Gavril, prima di dargli le spalle, avrebbe anche potuto sembrare di riconoscenza.

L'arco nero li vide sparire dietro al grande albero. Si scrollò dal torpore che lo stava avvolgendo: era stanco, e continuare a pensare non avrebbe cambiato le cose. Passò dalla sorpresa del dolore che gli aveva causato diventare un ricordo da buttare ai porci, alla rabbia di dover convivere con la consapevolezza di non poter fare la differenza, di essere pressoché trasparente davanti ai colori che muovevano il mondo del Diavolo.
Ma in fondo lui era solo un arco nero.

Ma in fondo lui era solo un arco nero

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