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A N D R E W

23 luglio

Uscii dalla villa Harrison saltellando per la scalinata, fiero di essere diventato il nuovo autista della famiglia.

Certo, sarebbe stata una rottura di coglioni alzarsi la mattina e scarrozzare in giro l'ape regina e sua figlia, specialmente per me, che ho poca pazienza, ma l'orgoglio di essere stato scelto da gente così importante mi dava una scossa di energia che non vedeva l'ora di mettersi al lavoro.

I miei pensieri scattarono subito immaginandomi Teresa Harrison che dice indicandomi la strada con le sue unghie laccate di rosso: «Portami lì, portaci lì, andiamo di qua, andiamo di là, non arrivare tardi.»

Erano pensieri terrorizzanti, che mi facevano sentire come se fossi intrappolato in un incubo senza fine.

Ma nonostante ciò ero fiero anche di me stesso, ero riuscito a far zittire la figlia, una vera e propria tortura per le mie orecchie.

Sembrava una bambina, specialmente quando mi ha rimproverato del fatto che fumassi e che il fumo fa male.
Non ero stupido, certo che sapevo che il fumo fa male alla salute. Era una dipendenza a cui non volevo rinunciare, anche se sapevo che avrebbe potuto nuocermi in futuro.

Arrivai davanti alla moto misi il casco e girai la chiave, salii a bordo e con il piede destro spinsi la pedalina, sfrecciando davanti al cortile della loro villa.

Andavo alla giusta velocità, ne troppo veloce e nemmeno troppo piano solo per arrivare in tempo a casa e pulire tutta la sporcizia che mia madre lasciava in giro.

Superavo le macchine che per i miei gusti andavano troppo piano, fermandomi ogni tanto ai semafori o per far passare qualche pedone.

Il vento mi stava rinfrescando le braccia, lasciate scoperte dalla maglia a maniche corte e il suono del motore mi stava rendendo ancora più euforico.

Una cosa a cui non avevo contato firmando il contratto è che abito leggermente lontano dalla villa, quindi dovevo per forza raggiungerla in moto, erano almeno sei isolati.

Dovevano venire Kai, Mike e Jaden come stabilito oggi in officina e dare appuntamento ai miei amici e non farsi trovare in casa era proprio un imbarazzo totale.

Giunsi davanti a casa mia e alla velocità della luce spensi la moto, misi il cavalletto e slacciandomi il casco aprii la porta di casa, felice e fischiettando.

Girai lo sguardo verso la cucina e vidi mia madre seduta sulla sedia che, alla mia vista, nascose immediatamente due bustine di polvere bianca sotto un panno lasciato sul tavolo, in un disperato tentativo di nascondere la sua vergogna per essere stata colta con le mani nel sacco.

Spalancai gli occhi e posai il casco sulle scale, camminando a passo spedito in cucina «Cosa cazzo stai facendo? Ti metti anche a spacciare adesso?» urlai.

Tutto il buon umore di cinque minuti fa era letteralmente sparito.

Era come se il mondo si fosse capovolto all'improvviso e il mio cuore si fosse spezzato. Non volevo credere che mia madre fosse stata colta in flagrante a commettere un reato, quindi mi feci strada verso la cucina per cercare di capire che cosa fosse successo.
Arrivai davanti a lei, alzai il panno prendendo le bustine e le osservai scuotendo la testa deluso.

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