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Alone, again

K A I

31 Luglio

Mille quattrocento cinquantacinque.

I giorni che devono ancora passare in questo carcere del cazzo.
Segno con la penna una linea sottile su un pezzo di carta l'inizio di un altro giorno di merda.
Sono passati soli sei giorni e ne devono ancora passare più di mille.

Quattro fottuti anni in questa cella claustrofobica che puzza di merda.

Sono seduto sul letto, con il busto appoggiato al muro e una gamba piegata dove sopra c'è il mio braccio.
Osservo attentamente le guardie carceriere che passano nel corridoio ispezionando ogni singolo carcerato.

Mi mette troppa ansia ciò.
Cazzo, non è assolutamente possibile che io mi ritrovi in questa fottuta situazione.

Mi hanno arrestato ancora prima di fare il processo, che si terrà la settimana prossima.
Ma gli agenti mi hanno avvisato che è impossibile che riesca a vincere la causa.

Mi hanno fatto l'interrogatorio due giorni fa. Nonostante dicessi la verità, nessuno voleva credermi. Come se la mia opinione non contasse un cazzo.

due giorni fa

«Alza il culo da quel letto, Miller.» la chiave che gira nella serratura di metallo mi fa svegliare.

Confuso e ancora assonnato mi alzo lentamente dal letto e mormoro un: «Chiamarlo letto è un parolone Jeff.»

Ho scoperto che il poliziotto paffuto che mi ha arrestato si chiama Jeff. Il suo nome si addice proprio alla sua fantastica faccia, che mi fa venire voglia di buttarmi giù da un palazzo appena la vedo.

Apre la porta della cella e si sposta di lato, attendendo che io esca dalla stanza.
«Metti le mani ben in vista, devo ammanettarti.» estrae dalla cintura un paio di manette che fa rotolare in aria con l'indice.

Roteo gli occhi e faccio come mi ha detto, litigare con lui di prima mattina è la cosa più fastidiosa ma divertente allo stesso tempo.
Fastidiosa perché viene a cagare il cazzo alle sei del mattino. Divertente perché lo prendo in giro con le battute che Mike mi ha insegnato. Alla fine finisce che si incazza con me e non mi lascia uscire per l'ora d'aria.

Mike...
Come mi manca.

Mi avvicino a lui che con prepotenza mi mette le manette. Alzo la testa in alto sospirando dal naso e inizio a camminare quando Jeff mi strattona con uno spintone.
«Beh, cosa dobbiamo fare alle sette di mattina?» chiedo curioso osservando il grande orologio sopra alla porta.

«Interrogatorio.»

Faccio un verso di approvazione e continuo a camminare, passando davanti a delle porte specchiate. Osservo quello che posso permettermi mentre camminiamo e quasi quasi non mi riconosco.

La tuta arancione mi fascia strettamente il corpo mettendo in risalto tutti i miei muscoli.
I capelli sono in disordine e sotto gli occhi ho delle occhiaie violacee, dovute dalla mancanza di sonno e dai piccoli pianti che mi faccio la sera.

Jeff con un braccio mi ferma davanti a una porta.
Bussa e dopo la fatidica risposta la spalanca e mi spinge dentro.

«Agente.» dice in modo di saluto al signore in giacca e cravatta seduto dietro la scrivania. Si mette accanto a me e mi indica con la mano. «Il signor Kai Miller.» detto ciò esce dalla stanza richiudendola.

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