Vieni via con noi, andiamo da lui

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«Cos'hanno detto tesoro?» chiese Mitsuki al marito, posandogli una mano sulla spalla, un gesto di conforto che voleva anche essere di sostegno.

«Inko non è sopravvissuta.» rispose laconicamente l'uomo posando la cornetta del telefono sull'apposito sostegno, interrompendo la comunicazione con la polizia.

«Oh mio dio.» gemette la donna portandosi le man alla bocca, nascondendo l'orrore che la stava coinvolgendo, «Povero ragazzo, cosa gli succederà adesso?»

«Non lo so, ma non riesco a pensare di non fare nulla per lui.» rispose lui, avvolgendo le braccia attorno al corpo della moglie, sentendone il calore attraverso i vestiti, sento il tremore che la scuoteva leggermente.

Katsuki per tutto il tempo non aveva detto nulla, rimanendo a fissare lo schermo del televisore che a ripetizione mandava le foto dei più giovani ritrovati, sentendo un peso gravargli nel petto, il ricordo del giorno prima, di come lo avesse umiliato e sbeffeggiato, perfino attaccato e preso a pugni.

Il volto di lui gli ritorno alla mente coperto del latte che gli aveva versato, il segno dell'arrossamento dato dal colpo che gli aveva dato sulla mascella, le borse sotto gli occhi. Tutto così diverso dalla foto che mostrano in continuazione.

Sulla TV appare con un leggero sorriso che gli curva le labbra rosee, le guance sono piene e coperte da quelle lentiggini così delicate, gli occhi grandi e ancora pieni di vita.

«Katsuki...» fino a quando la mano del padre non si fu posata sulla sua spalla, il ragazzo non si era reso conto di essere chiamato.

«Cosa?» domandò il giovane vedendo il volto dei genitori in apprensione.

«Ti avevo chiesto se vuoi venire con noi?» chiese il padre cercando di richiamare di nuovo l'attenzione del figlio che continuava a tornare a posare lo sguardo verso lo schermo del televisore.

«Per andare dove?»

«Per andare da Izuku a vedere come sta, ora che la sua mamma è morta deve sentirsi solo e triste.» disse Masaru con voce calma e lenta, gli sembrava quasi che Katsuki non fosse completamente partecipe nella conversazione, perso chissà dove con i pensieri.

«Da Izuku?» ripeté il giovane che non riusciva a non pensare a quanto male avesse fatto a quel ragazzo, che ora era di sicuro su un letto d'ospedale, probabilmente in fin di vita a giudicare da come era ridotto il treno.

«Dai Katsuki, vieni con noi.» e con una mano posata sulla nuca del figlio, lo sospinse verso la zona della casa che portava al garage, dove il suv che aveva preso l'anno prima e che era stato acquistato per fare escursioni in montagna con la famiglia, se ne stava abbandonato perché non vi era mai stata l'occasione di usarlo.



«Ora pensa solo a riposarti, per le domande ci sarà tempo.»

La porta si richiuse dietro le spalle dell'uomo, lasciando Izuku da solo con i propri pensieri.

La privazione del senso dell'udito e della vista, gli stavano dando delle strane sensazione, facendogli percepire ogni cosa che avesse attorno e che gli lambiva la pelle. Percepiva perfino l'ago che gli penetrava l'epidermide della mano, come sentiva il liquido che lentamente veniva iniettato nel suo corpo debilitato.

Provava fastidio a contato con le coperte rigide per i troppi lavaggi, odiava la sensazione delle bende che gli graffiavano le guance e le orecchie.

Ma quello che disprezzava di più era la consapevolezza che qualcosa che non andava nel suo corpo.

Nonostante fosse reduce da un incidente ferroviario e fosse certo che non fosse passato un mese in cui avrebbe potuto riprendersi, si sentiva fin troppo bene, le braccia le muoveva bene, a parte quella ingessata e allo stesso modo anche le gambe, su cui riusciva a intravedere, sotto le coperte, protesi di metallo che gli avvolgevano i polpacci.

Stava meglio di quanto avrebbe dovuto e questo gli stava facendo salire la prima emozione da quando si era svegliato.

Shinu TokiWhere stories live. Discover now