I cambiamenti sono parte del percorso

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Mitsuki Bakugou se ne stava dall'altra parte della strada, gli occhi puntati verso quella casa che non aveva mai frequentato, ma che stranamente stava prendendo e pretendendo tutta la sua concentrazione e interesse, perché vi era un via vai di persone che, scatoloni alla mano, portavano via tutto quello che era stato di proprietà della famiglia Midorya.

Si sentiva irritata per quella scomparsa improvvisa, ma non tanto per qualcosa che poteva legarla a quel ragazzino tragicamente scomparso, tanto per una qualche sensazione di errore che continuava a irritarle il cervello.

Lo strano comportamento del figlio inoltre non aiutava, lo vedeva sempre distratto, perso in un qualche pensiero distante e ogni volta che succedeva, le sue labbra si alzavano a mostrare i denti, manco fosse stato un animale davanti ad un predatore. Oppure, se non era intento a rimuginare su qualcosa, si allenava.

Lo aveva sempre fatto, anche quando glielo impediva, quando era troppo piccolo e quegli sforzi avrebbero potuto compromettere la sua crescita, ma da quel giorno in ospedale, sembrava che la sua giornata fosse fatta solo di allenamenti e studio. Anche lo studio era divenuto importante ed impegnava il poco tempo della giornata che non dedicava alla scuola o all'attività fisica.

Era preoccupata, come non lo era mai stata prima d'ora, Katsuki era cambiato e non di certo in meglio come aveva sperato.

L'ennesimo individuo portò fuori dal piccolo appartamento nella zona residenziale di Musutafu, un mobile troppo pesante per qualcuno della sua stazza, ma la donna ipotizzò che dovesse avere un quirk di rafforzamento, utile per lavori di trasloco di quel genere.

Era rimasta lì per tutta la mattina, osservando ogni volto che transitava per quella dimora, memorizzandone i tratti, cercando nei loro volti una sorta di spiegazione per il nervosismo che non riusciva a farsi passare.


Scatole su scatole stavano venendo portate nella piccola e buia stanza che Izuku aveva occupato da quando suo padre lo aveva portato via dall'ospedale.

Il dottore aveva raccomandato che rimanesse al buio, così che i suoi occhi potessero recuperare lentamente e senza ulteriori intoppi.

Quando si era strappato la benda, per osservare per la prima volta la faccia di suo padre, aveva fatto un danno, la pomata che doveva tenere i suoi occhi sigillati, in modo che guarissero, era penetrata nel bulbo, bruciando l'iride e macchiandola di rosso.

Aveva sentito suo padre ridere quando il dottore aveva comunicato che quel difetto era irreversibile ed Izuku si era rannicchiato su sé stesso al suono di quel riso, la pelle d'oca che sollevava la sua epidermide in puntini marcati dalla peluria bionda delle sue braccia. Si era spaventato, tanto da voler sparire nascosto fra le sue stesse membra che avvolsero il suo corpo in bozzolo stretto.

Aveva paura di quell'uomo e non ne capiva il perché, forse era dovuto al fatto che ogni volta che gli si avvicinava, la rabbia che sentiva nel suo animo per la sventura che continuava ad abbattersi su di sé, spariva venendo sostituita da un'apatia tale che gli scioglieva addirittura i muscoli, facendolo accasciare su ciò che aveva di più vicino, molto spesso il pavimento.

Non rimpiangeva la vita che stava lasciando alle sue spalle, ma la vita che aveva condiviso con sua madre, nonostante le sue continue occhiate di compatimento ogni volta che in casa si parlava di "eroi". Gli mancavano i suoi abbracci e i suoi sorrisi, ma non gli mancava di certo le mattinate passate a scuola, le risate dei suoi bulli, gli occhi degli insegnanti che lo commiseravano come se fosse un invalido.

Forse quella nuova vita che stava per affrontare, quel cambiamento che però non si era mai augurato, quel padre che non aveva mai conosciuto, tutto quello avrebbe potuto essere quella spinta che lo avrebbe fatto diventare la versione migliore di quello che era stato fino a quel momento.

Shinu TokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora