Sembra che la rabbia faccia girare il mondo

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Il dottor Garaki arrivò trafelato alla reception, la vecchiaia che si faceva sentire in quei momenti, quando la fretta e la preoccupazione si palesavano sconquassando la sua calma. Il fiato gli usciva rarefatto e la fronte sudava freddo mentre si avvicinava alla ragazza che continuava a masticare la gomma con volgarità.

Per un attimo gli passo per la mente che il volto di lei assumesse la forma di una vacca che ruminava in maniera oscena e sguaiata dell'erba.

Lo trovò disgustoso, ma era un immagine calzante della ragazza che se ne stava con lo sguardo inetto verso il monitor del computer.

«Buon giorno Akame,» disse il dottore avvicinandosi a lei e notando come il rossetto rosa barbie che indossava, fosse colato agli angoli della bocca, forse per l'eccessiva salivazione, «Sono stato chiamato?»

«Oh, sì. Buon giorno dottore.» rispose lei alzandosi dalla sua sedia girevole per fare un inchino al primario, prima di fare un cenno con la mano verso le tre persone che se ne stavano sedute tranquille, almeno all'apparenza, ma che con gli occhi scrutavano ogni minima persona che si muovesse, «Sono venuti qui per un suo paziente...Izuku Midorya.» s'interruppe per cercare il nome richiesto dai coniugi Bakugou, «Ho visto che allegato c'era il suo nome così l'ho chiamata.»

«Hai fatto benissimo Akame, puoi tornare pure al tuo lavoro, ora me ne occupo io.» e con un sorriso si congedò per andare da quella famiglia che a primo sguardo non aveva nessuna somiglianza con il suo paziente.

Il medico osservò con sguardo attento quelle tre persone, cercando di percepire dentro di sé, se fossero connesse in qualche modo a ciò che circolava nel sangue suo e del ragazzo che stava curando, ma nessuna vibrazione richiamò quel che gli scorreva nelle vene, niente venne richiamato in lui, nemmeno quando incrociò lo sguardo del più giovane.

Doveva avere la stessa età di Izuku, si disse, solo che era più maturo dal punto di vista fisico, i muscoli delle braccia, nascosti dalla divisa scolastica, era già definiti anche se non eccessivamente pompati, ma quello che lo attirò maggiormente fu il suo sguardo, quegli occhi rossi che trasmettevano due emozioni ben distinte.

A primo impatto si poteva vedere la preoccupazione, evidentemente il suo paziente doveva essere un amico o qualcuno d'importante per lui, però la seconda emozione era la furia.

Sì, vedeva una furia violenta ed esplosiva, guardarlo negli occhi gli faceva salire un po' di soggezione, cosa assurda data la giovane età del ragazzo, ma non del tutto sconosciuta, aveva già provato un paio di volte quell'emozione di rifiuto, non di paura, solo timore, nei confronti di uno sguardo del genere.

«Buon giorno, siete qui per Izuku Midorya?» chiese Kyudai tenendo un volto serio, nascondendo il fastidio che covava in sé.

«Sì.» rispose la donna alzandosi e profondendosi in un leggero inchino, insieme a lei anche il resto della famiglia si alzò e seguirono il suo movimento.

«Siete suoi parenti, perché altrimenti la vostra visita è stata vana.» continuò il vecchio continuando a fissare di sottecchi il ragazzo, senza che nessuno se ne accorgesse, i suoi occhi erano nascosti dietro un paio di occhiali schermati e molto spessi.

«Siamo amici di famiglia.» rispose Masaru facendo un passo avanti, «Abbiamo saputo dalla polizia che la signora Midorya non ce l'ha fatta nell'incidente, così siamo venuti a vedere come stava il giovane Izuku.»

«Mi dispiace veramente molto e ancora di più nell'essere io a comunicarvi questa notizia.»

Le gambe di Mitsuki cominciarono a tremare violentemente, la premonizione delle parole che il medico stava per comunicare loro era così violenta che se non ci fosse stato il marito, che le aveva avvolto già una mano attorno alla vita, sarebbe crollata a terra per la pena che sentiva per quel ragazzino che aveva conosciuto fin troppo poco.

«No.» biascicò lei scuotendo la testa, gli occhi del figlio attratti dal suo tono disperato, si staccarono dal volto rugoso e maligno del medico.

Katsuki non sapeva come gli altri non se ne accorgessero, come non si fossero resi conto che quel volto vecchio e incartapecorito, avesse una piega della bocca arcigna, sorridente addirittura mentre comunicava loro quella notizia.

Sentiva la propria rabbia agitarsi nel suo stomaco, aumentando la sudorazione, con annessa produzione di nitroglicerina.

«Mi dispiace, ma non è sopravvissuto alle operazioni con cui abbiamo cercato di salvarlo. Un embolo è partito da un osso spezzato della gamba, arrivando al cuore senza che noi potessimo fare alcunché.» continuò il dottore mascherando uno spasmo che gli stava per sollevare un angolo della bocca in un sorriso.

Un grugnito che pareva quasi un ringhio animalesco, gli arrivò cheto dal ragazzo che lo fissava arcigno.

«Po-possiamo vederlo?» domandò Masaru aiutando la moglie a sedersi.

«Questo non è possibile, solo i familiari possono vederlo, almeno fino a quando la sua identificazione non sarà confermata.»

«Non ha altri familiari a parte sua madre.» intervenne Katsuki facendo un passo rumoroso in avanti, la suola dei suoi stivali riecheggiò quasi fra di loro.

«Abbiamo già provveduto a chiamare suo padre. Sarà qui a breve.»

Shinu TokiWhere stories live. Discover now