Qualcosa che viene nascosto e qualcosa che viene imposto

63 17 2
                                    


Gli ci volle un'altra settimana perché fosse in grado di rimanere senza benda a coprirgli gli occhi, oltre a due giorni in cui ebbe difficoltà a sopportare anche luci diffuse. Quando alla fine riuscì a vederci di nuovo a dovere, si prodigò per esplorare la casa in cui si era trasferito.

Da quella volta in cui era stato male in sua presenza, anche se non ne conosceva il motivo, il dottore gli aveva proibito di stare nella stessa stanza con il padre, soprattutto se questi utilizzava il quirk, che a detta del medico era un fattore scatenante delle sue crisi.

Scoprì che Hisashi, così si chiamava suo padre, ospitava anche un altro ragazzo, di qualche anno più di lui. Era il nipote di un'amica deceduta quando il piccolo non era ancora nato, gli aveva fatto la promessa di aiutarlo e quando aveva scoperto che il bambino veniva maltrattato dal padre, lo prese con sé, in onore della promessa che aveva fatto.

Quel gesto aveva commosso Izuku, che ora vedeva quell'uomo come qualcuno da ammirare, nonostante dentro di sé sentisse comunque qualcosa che lo allontanava, o almeno che gli impediva di fidarsi completamente di lui.

Aveva conosciuto il ragazzo che aveva diciassette anni, lo aveva trovato molto silenzioso e tendeva ad essere particolarmente ansioso, spesso lo trovava in un angolo a grattarsi con foga fino a sanguinare. Si preoccupava per lui, ma ogni volta che provava ad avvicinarlo, sembrava che un muro venisse eretto fra di loro, costruito a suon di sbuffi e spalle voltate.

Ne aveva capito l'antifona, rimanendo sempre più spesso nella sua stanza, non potendo nemmeno andare a scuola, a detta del medico.

La solitudine lo stava sopraffacendo, rendendolo sempre più triste e meno arrabbiato per le poche risposte che tutti insistevano a non fornirgli ogni qual volta che le poneva.

Non aveva saputo nulla sulla sorte di sua madre, anche se ormai era evidente che non sarebbe tornata da lui e forse un po' si sentiva sollevato per questo, non avrebbe più assistito ai suoi sguardi di commiserazione. Se era veramente morta come credeva, sperava solo che si trovasse in un luogo migliore, dove non avrebbe più sofferto e sarebbe stata felice e senza alcuna preoccupazione.

Ma quello che lo incuriosiva di più al momento, era la sua salute, che sembrava essere adagiata sul filo di un coltello, con un pollice che vi premeva sopra per cercare di spezzarla da un momento all'altro.

Quando era solo, rinchiuso nella sua stanza a leggere i fumetti che aveva accumulato nel corpo degli anni e che non aveva ancora finito di leggere, stava benissimo, l'unica nota che sentiva diversa in sé stesso da quando era stato ricoverato, era un'alta percezione di cosa aveva attorno.

Gli sembrava di percepire dove fossero gli oggetti anche quando aveva gli occhi chiuso, o il fruscio che faceva il suo stesso corpo, come il sangue che gli scorreva nelle vene, come l'ossigeno che penetrava i suoi polmoni.

Quando invece veniva a trovarlo qualcuno, anche il dottore, si sentiva fiacco, in preda alla noia e con una sorta di depressione ad annidarsi nel suo animo.

Quando il dottor Garaki si avvicinava alla porta, i pensieri su sua madre tornavano prepotenti, facendolo biasimare sul fatto che fosse vivo mentre lei, probabilmente, era morta in quel disastro che aveva ucciso tante persone.

Pensava a come fosse miserabile la sua vita, incapace di fare nulla se non lasciarsi vivere, senza uno scopo che potesse essere fattibile.

Pensava agli eroi che tanto ammirava, a come non fossero riusciti a fare nulla per lui, a salvare la sua famiglia.

Pensava al suo bullo che probabilmente stava vivendo come se nulla fosse successo, come se quel fatto non lo riguardasse, come se non fossero mai stati amici, come se non avessero condiviso così tanto delle loro vite insieme.

Pensò che anche suo padre forse lo odiava, perché quel dottore era fin troppo presente nelle sue giornate, costellate di iniezioni, di dolore ad ogni nuovo esame, a momenti in cui sembrava che il tempo si rallentasse per prolungare quelle ore di agonia fino allo stremo delle sue forze.

Fino a quando un giorno, il dottore non venne nella sua stanza, ma suo padre insieme ad un sorriso che gli fece venire la pelle d'oca per il terrore. Ne vedeva le labbra piegate all'insù nascoste appena da un soffio di fumo nero.

Rammentava sua madre che gli diceva che lui, come quirk, poteva sputare fuoco.

Il terrore lo avvolse quando un piccolo fiato di fuoco bollente venne rilasciato dall'uomo.

Il corpo di Izuku reagì immediatamente e in modo violento e incontrollabile.

La saliva che aveva in bocca si trasformò in schiuma che gli soffocò le vie respiratorie, gli occhi gli mostrarono solo un rosso accecante, mentre crollava disteso a terra con il corpo scosso da mille convulsioni dolorose.

Shinu TokiWhere stories live. Discover now