CAPITOLO QUINTO - parte 2

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Liu non riuscì più a muoversi.
Seduto a terra nel corridoio, con la schiena contro al muro ammuffito, restava immobile con le mani davanti alla faccia.
Un groviglio di emozioni contrastanti stringevano la sua testa in una morsa, e la paura lo disarmava completamente.
Che stupido.
Che debole.
Aveva atteso quel momento per anni, aveva lottato e gettato via la sua adolescenza per ricorrere suo fratello, ed ora che lo aveva trovato non aveva neanche la forza di guardarlo in faccia.
Si era promesso che sarebbe stato lui stesso ad ammanettarlo. Non era riuscito a fare neanche questo.
Nel silenzio poteva udire i movimenti dei poliziotti, ma non la voce di Jeff the Killer.
Strano.
Non sembrava si stesse dimenando; possibile che si lasciasse prendere e basta?
-Agente Liu, lo abbiamo bloccato. Può entrare, se vuole- disse la voce di un altro poliziotto.
Il ragazzo sospirò ed appoggiò i palmi delle mani contro al muro per aiutarsi ad alzarsi in piedi, poi si avvicinò con una lentezza snervante all'ingresso della stanza.
Aveva paura, tanta.
Era incerto, molto.
Ma quello era il momento che aveva atteso per tutti quegli anni.
Non poteva arrendersi adesso e gettare via tutto quel lavoro.
Entrò a testa bassa ignorando il scalpitare del suo cuore nel petto, e si avvicinò al gruppo di poliziotti che tenevano fermo il killer, ormai ammanettato.
Solo quando fu abbastanza vicino si fermò, e lentamente alzò la testa.
Jeff era immobile, come una statua.
I suoi occhi pungenti lo guardavano, ma erano molto diversi rispetto a quelli di pochi minuti prima.
Il suo sguardo sembrava... Stupito.
E triste.
La bocca era ridotta ad una fessura, ed ora le due enormi cicatrici sulle guance erano ben visibili.
Liu ricordava perfettamente il giorno in cui si era tagliato la bocca; ricordò in un attimo l'immagine di quei tagli che erano appena stati incisi, ed erano aperti e sanguinanti.
Adesso si erano cicatrizzati, ma il solco era perfettamente visibile, in contrasto con la pelle cadaverica del resto del volto.
I capelli si erano allungati molto in quegli anni; forse non li aveva mai tagliati.
Erano neri, lunghi fin sotto alle spalle. Era difficile valutare la corporatura sotto a quella felpa larga, ma sembrava piuttosto magro.
Forse un pò troppo.
-Agente Liu? Sta bene?- chiese uno dei poliziotti, strappando via il ragazzo dai suoi pensieri. Liu scosse la testa, e si accorse che il killer era ancora immobile, a guardarlo.
Si ricompose, affogando i polmoni in un'abbondante boccata d'aria.  -Portatelo alla centrale. Io... Vi raggiungo appena riesco...- balbettò.
I poliziotti annuirono e spinsero il killer sulla schiena, per incitarlo a muoversi. Quando Jeff fu più vicino al fratello, però, si fermò e voltò la testa in sua direzione.
Il suo volto era piegato in un'espressione desolata.
-Tu... Eri morto..- farfugliò con un filo di voce.
Liu rabbrividì e uscì frettolosamente dalla stanza, lasciando tutti gli altri dietro di sé.
Si precipitò giù dalle scale premendo le mani sulle tempie come volesse frenare il flusso dei suoi pensieri, ed uscì dall'edificio, respirando a pieni polmoni l'aria all'esterno.
La sua mente stava andando in pappa, aveva bisogno di fermarsi e ragionare. Troppe cose stavano accadendo tutte insieme, e tutte troppo grandi per essere affrontate.
Prese a camminare sul marciapiede in direzione del suo appartamento, seppur questo distava circa due ore a piedi.
La sciarpa avvolta sul collo dondolava morbida sul petto, ed i capelli erano leggermente mossi da un vento fresco.
Lo sguardo di Liu era puntato a terra sui suoi piedi, che si muovevano senza mai fermarsi; la sua mente, invece, era altrove.

Jeff e Liu - La nostra stella Where stories live. Discover now