CAPITOLO DODICESIMO - parte 2

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La tv era accesa su un canale che trasmetteva il telegiornale.
Un cumulo di pasta calda riempiva il piatto poggiato sul tavolo, ancora integro. La forchetta pulita era poggiata affianco.
Liu era immobile, seduto davanti a quella che sarebbe dovuta essere la sua cena, a fissare i rivoli di fumo caldo che si alzavano fluttuando davanti a lui. Aveva fame, ma non riusciva a mandare giù nulla; il suo stomaco si era come chiuso.
Non riusciva più a togliersi dalla testa il volto triste di Jeff, rigato dalle lacrime. E poi quella frase... "Non è stato un incidente".
Dopo mezzora di agonia, alla fine decise di abbandonare il piatto pieno sul tavolo ed andarsene a letto. L'indomani avrebbe parlato ancora con Jeff, ed era deciso a farsi raccontare tutta la verità.

..........

Alle sette del mattino Liu si infilò la giacca, avvolse la sciarpa attorno al collo ed uscì, inspirando con il naso l'aria pungente del primo mattino. Si diresse alla centrale a piedi, come ogni giorno, fermandosi solo due minuti per leggere le notizie sulla locandina di un bar.
Arrivato a lavoro, lo stress tornò ancora a salire. La sola idea di dover affrontare ancora Jeff, e sopratutto di fare luce sul passato, lo metteva in agitazione.
Ripose le sue cose in ufficio, poi si diresse nella sala relax per prendere un caffè.
-Buongiorno, agente Woods- disse un collega, in piedi accanto al distributore automatico.
-Buongiorno- ripose lui con aria schiva, inserendo la chiavetta nella macchina.
-Come và con il caso Jeff The Killer? Ho sentito dire che ha minacciato un sacco di agenti, ieri-.
Il ragazzo attese il Bip che confermava che la sua bevanda fosse pronta, poi la estrasse. -Và abbastanza bene. Spero di riuscire a strappargli qualche informazione, oggi-.
-Beh, stia attento. E buona fortuna-.
Liu annuì e bevve un sorso del suo caffè, mentre osservava il collega allontanarsi.
Emise un lungo sospiro, poi butto giù il resto della bevanda.
Nonostante si sentisse confuso ed insicuro, non poteva più aspettare; doveva sapere.
Sapere tutto quanto.
Attese davanti alla porta degli interrogatori che Jeff vi fosse condotto dagli agenti addetti, con le mani intrecciate dietro alla nuca; quando notificò l'arrivo del fratello, si voltò verso di lui.
Era accerchiato da tre poliziotti, e bloccato dalle catene di ferro fissate ad ambi i suoi polsi; camminava a testa bassa, con i lunghi capelli neri che dondolavano ad ogni passo coprendo in parte il suo volto. Sembrava cosciente al cento per cento, dunque sarebbe stato molto più facile parlare con lui.
Liu attese che il killer venisse messo a sedere, poi entrò a sua volta nella stanza.
-Andate pure- disse voltandosi in direzione dei colleghi.
Jeff sollevò il capo, mettendo in luce il suo volto, mentre il castano si sistemava a sedere dall'altro lato del tavolo.
-Bene, Jeffrey. Possiamo riprendere da dove abbiamo lasciato?- domandò, sforzandosi di assumere un comportamento serio e professionale.
Adesso in gioco c'era anche il suo posto di lavoro, dopotutto.
Il moro annuì vagamente.
-Hai dichiarato di essere stato tu a causare l'incidente, ma non mi hai ancora spiegato il motivo di tale azione-. Liu intrecciò le dita e sospirò, sbattendo le palpebre nervosamente.
-Il motivo..- ripeté l'altro, con voce debole. Ancora una volta, pareva fare una gran fatica a parlare.
-Sì. Il motivo. Perché hai tentato di strozzare papà?-.
-Mi ero promesso che non te l'avrei mai detto...- farfugliò Jeff, abbassando lo sguardo -Ma non credo di avere scelta, ormai...-.

Jeff e Liu - La nostra stella Where stories live. Discover now