CAPITOLO DECIMO - parte 2

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Liu deglutì nervosamente, spostando lo sguardo di lato; la tensione dentro di lui era diventata insopportabile, a seguito di quella domanda.
La verità era che non aveva una risposta.
Lui stesso non riusciva ad accettare la possibilità che ciò fosse vero, ma nonostante questo era innegabile che provasse un sentimento simile alla pena, sei confronti di Jeff.
-Non provo niente del genere- disse secco, cercando di auto convincersi. Non poteva lasciare che uno stupido  sentimento irrazionale rovinasse tutti gli anni di lavoro duro che aveva sopportato.
Non poteva cedere proprio adesso.
Il killer ridacchiò divertito. -Perché sei così teso, Liu?-.
-Adesso basta- ringhiò lui -Hai finito le domande. Da quì in poi, devi limitarti a rispondere a me-.
Jeff appoggiò la schiena sullo schienale della sedia, e piegò la bocca in un ghigno.
-Come vuole, agente-.
-Bene-. Il ragazzo iniziò a ticchettare nervosamente le dita sulla superficie liscia del tavolo, pensieroso. Se Jeff si era divertito a fargli quella domanda scomoda, allora lui lo avrebbe pagato con la stessa moneta. -Cosa accadde il giorno dell'incidente? Voglio tutti i dettagli-.
Ed ecco che, nell'istante in cui il castano pronunciò la frase, il sorriso sul volto del moro scomparì immediatamente.
Si colpo sembrò diventare un'altra persona: la risata folle e crudele che si espandeva sul suo volto divenne un ghigno triste e malinconico; la luce nei suoi occhi si spense, e la posizione tesa e sicura del suo corpo svanì.
Le spalle si inarcarono, la testa si abbassò, ed il silenzio calò nella stanza in quello stesso momento.
Liu rimase immobile a guardarlo, disarmato. Si rendeva conto che di nuovo quello davanti a lui era suo fratello, e non Jeff the Killer.
Tuttavia, si era promesso che non si sarebbe lasciato intenerire, e così si costrinse a restare deciso. -Devi rispondere, Jeffrey. Questo era il patto-.
Jeff aprì leggermente la bocca, che fino a pochi attimi prima era ridotta ad una stretta fessura, e sembrò emettere un lievissimo sospiro. Le ciocche nere dei lunghi capelli erano tornate a coprire il suo volto.
-Ho causato io l'incidente- disse, senza alzare la testa.
Liu aggrottò la fronte. Aveva tenuto conto di quella possibilità, ma non era riuscito a darvi una spiegazione logica.
Perché avrebbe dovuto farlo?
-Devi dirmi di più- disse freddamente -Tutto ciò che so è che a seguito dell'incidente non sei più stato lo stesso-.
Volle specificare questo, per evidenziare il fatto che nel momento in cui avvenne l'incidente lui era ancora un ragazzino normale. Impazzì in seguito, quando dopo un mese di cure in ospedale tornò a casa.
Il moro scosse debolmente la testa. -Dimmi cosa vuoi sapere-. La sua voce era tornata quella di sempre, e parlava con un tono di voce tremendamente triste.
-Perché hai causato l'incidente? Volevi uccidere papà?-. Liu giocherellava con le dita sulla sciarpa, per alleviare l'ansia soffocante che adesso premeva impetuosa sul suo petto.
-Esatto- rispose il moro, con un filo di voce 
-Perché? E come hai fatto?- insistette il giovane agente, ignorando la sofferenza emotiva che quella situazione gli stava causando.
-Ero sui sedili posteriori, ho cercato di strozzarlo- rispose Jeff, continuando a tenere la testa bassa.
-Perché? Perché l'hai fatto?- chiese ancora il castano, con voce tremante. Non poteva credere a ciò che stava sentendo; ricordava papà come un uomo freddo e distaccato, ma allo stesso tempo amorevole.
Il moro questa volta alzò la testa, permettendo al fratello di vedere il suo viso.
Liu rimase impietrito quando vide una lacrima attraversare la sua guancia.
Una lacrima.
La rappresentazione più pura della capacità umana di provare emozioni.
Quel mostro poteva piangere.
Quel mostro poteva ancora provare qualcosa.
-Sono tuo fratello maggiore. Dovevo proteggerti- rispose Jeff.

Jeff e Liu - La nostra stella Where stories live. Discover now