CAPITOLO QUINDICESIMO - parte 1

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Alle sei del mattino, Liu era già seduto sulla gradinata della centrale, con la testa tra le mani, ad attendere l'arrivo del capo.
Doveva assolutamente parlargli, dirgli come stavano davvero le cose, e soprattutto convincerlo a riassegnargli il caso di Jeff; soltanto così avrebbe potuto aiutarlo.
Il ragazzo percorreva con lo sguardo le venature grige della scala di marmo, con la testa intrappolata in un grumo di mille pensieri. Restò seduto immobile per più di due ore, finché non udì finalmente la voce del capo.
-Agente Woods... Che ci fai quì?-. Il suo tono era piuttosto freddo e distaccato, molto diverso da quello che usava di solito per parlare con lui.
-Ho bisogno di parlarle- rispose il ragazzo, sollevando la testa per incrociare lo sguardo dell'interlocutore. Doveva avere un aspetto terribile, dopo quella nottata insonne.
-Ti avevo detto di non farti più vedere per una settimana- ribadì l'uomo, fermandosi davanti al giovane agente. Aveva una valigetta stretta nella mano destra, ed indossava una camicia a righe coperta in parte da un cappotto nero.
-Lo so ma...-.
-Liu!- lo interruppe bruscamente -Ho già assegnato il caso all'agente Bothen. È inutile che tu insista-.
Il ragazzo lasciò cadere la mandibola inferiore in un'espressione stupita e delusa. Non si aspettava che il caso fosse già stato riassegnato, e questo lo lasciava spiazzato.
Che avrebbe fatto, adesso?
-Quindi torna a casa, Liu- concluse l'uomo, cercando di addolcire il tono della voce. Nonostante tutto, riusciva ad empatizzare con quel povero ragazzo.
-Non posso credere che l'abbia fatto davvero, capo- disse Liu, sospirando.
-Che cosa? Affidare il caso a qualcun'altro?- domandò l'uomo, fingendo di non capire.
-Certo! Come ha potuto...-.
-L'ho fatto per te, e per la tua carriera- rispose, assumendo un'espressione diapiaciuta.
Liu si alzò in piedi. -Per me?- gridò -Lei lo sa bene quanti sacrifici ho fatto per arrivare fino a quì! Sa quanto sia importante per me il caso Jeff the Killer! Non può strapparmelo di mano proprio adesso!-.
-Ti invito a calmarti, agente- rispose il capo, agitando le mani con aria sprezzante. Nonostante fosse realmente dispiaciuto per quella situazione, non riusciva a tollerare un simile comportamento da parte di un suo dipendente. -Stai completamente perdendo le staffe-.
Non era da Liu comportarsi in quel modo; l'aveva sempre conosciuto come una persona seria, quadrata, rispettosa. Un agente lodevole, nonostante la giovane età e la scarsa esperienza.
Il ragazzo prese una grande boccata d'aria ed abbassò lievemente la testa, sforzandosi di mantenere la calma. -Mi scusi... Ma deve capire che per me...-.
-Stavi facendo un casino- lo interruppe ancora una volta l'uomo -Dovresti sapere bene che un agente di polizia non dovrebbe mai lasciarsi...-.
-Mi ascolti!- gridò infine Liu esasperato, afferrando il capo per il polso. Quest'ultimo spalancò gli occhi e si irrigidì, ma non si allontanò.
-Ho bisogno di parlare con Jeff un ultima volta. È davvero molto importante, la prego- disse il ragazzo, ormai sull'orlo del pianto -Se non vuole riassegnarmi il caso, almeno mi permetta di parlare con lui-.
Un pensante silenzio calò per una buona manciata di secondi, fino a che finalmente l'uomo non sospirò e disse: -E va bene. Entra. Ma che sia l'ultima volta-. Si incamminò sulla scalinata, seguito dal giovane agente. Teneva lo sguardo basso e sembrava piuttosto pensieroso.
Ad un tratto si voltò e disse: -Liu... Sei il mio agente migliore, e sappi che non voglio perderti. Chiaro?... Cerca di tornare in te-.
-Certo...- rispose il ragazzo -Voglio solo parlare un ultima volta con mio fratello-.
Il capo allargò un piccolo sorriso che in quel momento apparve estremamente rassicurante, e riprese a salire lentamente la scalinata di marmo.
-Credo che l'agente Bothen sia con lui proprio adesso-.

Jeff e Liu - La nostra stella Where stories live. Discover now