CAPITOLO DECIMO - parte 1

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-Bene- disse Liu fingendo rilassatezza, mentre si metteva a sedere dietro al tavolo.
Appoggiò i gomiti con un movimento lento e calcolato, poi sospirò. -Possiamo cominciare?-.
Jeff sollevò lievemente la testa, scoprendo un largo e sadico sorriso che si allargava spavaldo sulla sua bocca. Gli occhi spalancati sembravano colmi d'odio ed eccitazione, ed ogni muscolo del suo corpo pareva essersi in quel momento teso.
-Perché non mi togli queste manette, Liu?- esclamò, con una voce inquietante che non pareva neanche la sua.
-Non chiamarmi per nome, e non fare domande. Spetta a me questo compito- rispose l'altro, secco.
-Oh, giusto. Tu sei un'agente, ormai-.
-Piantala di parlare a vanvera, e limitati a rispondere alle domande che ti faccio- insistette.
Già sentiva una brutta sensazione nascere dentro di se; l'ansia iniziò a martellare la sua mente.
-Altrimenti, agente?- lo sfidò il killer, agitando i polsi bloccati dalle manette.
Liu si irrigidì, ma non lo diede a vedere. -Perché non parliamo un pò degli omicidi che hai...-.
-Forse sono felice che tu sia vivo- lo interruppe Jeff, amplificando ancora il sorriso sulle sue labbra. -Almeno posso continuare a divertirmi con te-.
-Adesso basta!- sbraitò Liu, stringendo le mani in due pugni saldi -Rispondi alle domande o taci. Chiaro?!-.
-Io risponderò- disse il killer, lasciandosi scappare una risata maniacale -Ma non dovrà essere una cosa a senso unico-.
Liu sollevò un sopracciglio. -Che intendi?-.
-Ad ogni mia risposta, mi concederai una domanda e viceversa. Entrambi saremo costretti a rispondere sempre e solo la verità-.
Il giovane agente fissò il moro con aria pensierosa. Non gli andava certo di stare a quelle stupide regole, ma vista la testardaggine del fratello sapeva che sarebbe stato l'unico modo per farlo parlare.
-Ci sto- rispose -Ma tu potrai farmi solo tre domande-. Sospirò ed attese la risposta dell'interlocutore, sperando che accettasse quella piccola condizione.
In quel modo, avrebbe limitato le situazioni complicate che si sarebbero di certo create.
Jeff annuì divertito. -Ci sto-.
-Bene-. Il castano intrecciò le dita, e fece la prima domanda. -Con quale criterio scegli le vittime?-.
-Nessun criterio- rispose deciso il moro. Sorrise malignamente, piegando lievemente la testa di lato.  -Ora tocca a me. Sei diventato un poliziotto solo per trovarmi?-.
Liu strinse le mandibole. -Esattamente. E ci sono riuscito, come vedi-.
-Questo è innegabile, agente- lo punzecchiò l'altro.
-Bene, altra domanda: per quale motivo tagli le guance ai cadaveri?- domandò, freddo.
-Ovvio. Per farli sorridere-.
-Questa non è una risposta esauriente- ribatté Liu, scuotendo il capo.
-Beh, mi spiace, ma è il mio turno. Se in questo momento io fossi libero, avresti paura?-. Il suo tono lasciava trasalire un certo divertimento malsano nel porre quella domanda.
Il castano aggrottò la fronte, irritato. -No- si limitò a dire.
-Menti, così non và!- ribatté il killer -Avevamo detto solo la verità-.
-Questa è la verità- si difese il giovane agente -E comunque non avresti modo di dimostrare il contrario-.
-Ti sbagli fratello, posso vedere la paura nei tuoi occhi-.
Liu si pietrificò.
Quella frase lo colpì al punto da chiudergli la gola. Non riusciva più a parlare.
Il moro scoppiò a ridere, divertito da quella reazione.
-Tocca a me- disse freddo il castano, recuperando il controllo: -Se ti mostrassi ed illustrassi i tuoi crimini, saresti in grado di riconoscerli e confessarli?-.
-Non credo li ricorderei tutti- rispose il killer -Ma vorrei tanto aggiungere il tuo nome alla pila, Liu... E quello lo ricorderei sicuramente-.
Scoppiò nuovamente a ridere come il pazzo che era, mettendo in tira le catene che lo bloccavano al tavolo. Rise per diverse manciate di secondi, con la faccia piegata di lato e le spalle che si muovevano convulsivamente, finché non smise di colpo.
-Tocca a me- annunciò, ancora una volta. -Ho tenuto la domanda migliore come ultima... Se dici di odiarmi, Liu... Perché stai provando pena per me?-.

Jeff e Liu - La nostra stella Where stories live. Discover now