Capitolo 5

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È passata qualche settimana.
Mamma si è abituata subito a comandare in casa (lo faceva anche prima, ma adesso lei è l'unica padrona).
Per Genoveffa non è cambiato niente. Non ha neanche pianto per la morte di James.

Ella continua a passare le giornate chiusa in camera sua a piangere.
Ho provato tante volte a bussare alla sua porta e a chiederle di giocare, ma non viene mai. Alcune volte non mi risponde neanche. Io vorrei aiutarla, ma non so come fare.

Sono ancora giù per quello che è successo a James, ma cerco di non darlo a vedere.
Non ho nessuno con cui parlarne.
A Genoveffa non interessa e la mamma si arrabbia quando ne parlo.
Vorrei parlarne con Ella, ma lei non esce da camera sua.

Quindi mi tengo tutto dentro e faccio finta di stare bene.

In questi giorni ho curiosato molto in casa. Adesso so come andare da camera mia alla sala da pranzo e come andare in salotto.

Ho scoperto che la donna del quadro in salotto è la mamma di Ella.
Era molto bella. Aveva dei bei capelli biondi, proprio come li ha Ella.
Le domestiche che l'hanno conosciuta hanno detto che era molto buona e gentile. Quando era ancora in vita, questa casa era piena di amore, di gioia e di risate.
Mi sarebbe piaciuto essere lì in quei momenti. La casa adesso è silenziosa e triste.

Dopo essermi stancata di curiosare in giro, decido di tornare in camera. Magari questa volta Ella uscirà dalla sua stanza. Altrimenti potrei accontentarmi di giocare con Genoveffa, se ne ha voglia.

Dal corridoio vedo che la porta di camera mia e di mia sorella è aperta. Strano.

Entro e vedo la mamma con alcune cameriere.
<Prendete queste cose e portatele nell'altra stanza> dice lei.
Subito le domestiche prendono le cose indicate ed escono.

<Mamma. Dove stanno portando le cose di Genoveffa?> le chiedo.

<Le portano nella sua stanza> mi risponde.

<Nella sua stanza? Ma è questa la sua stanza> dico confusa.
Non riesco a capire di cosa stia parlando la mamma. Io e Genoveffa abbiamo sempre diviso la stanza.

<Genoveffa andrà in un'altra stanza, perché siete troppo grandi per dividervene una. Avete bisogno di avere ognuna la sua camera. E adesso basta con queste domande. Mi stai facendo perdere tempo> dice spazientita.

Decido di fare come dice e di non farle più domande. Non vorrei farla arrabbiare.
Seguo le domestiche con le cose di Genoveffa per scoprire dove le portano.

Non capisco. Perché entrano in stanza di Ella? Continuo a seguirle  ed entro nella stanza.

<Cosa sta succedendo?> chiede Ella.

Anche lei, come me, non riesce a capire.

Sento dei passi. Dei tacchi. Dev'essere la mamma.

<Cosa ci fai tu qui?> chiede ad Ella, evidentemente seccata dalla sua presenza.

<Questa è la mia stanza> dice Ella, ancora confusa.

<Non più. Questa adesso è la stanza di Genoveffa> dice la mamma, sbrigativa.

Subito si mette a dare degli ordini alle domestiche su dove mettere le cose di Genoveffa.

<E io dove dormirò?> chiede Ella.

<Oh tesoro! Per te c'è una bella stanza. Lì non verrai disturbata. Vieni che te la mostro.>

Esce dalla stanza senza neanche guardare se Ella la stia seguendo.
Io ed Ella ci guardiamo e subito ci precipitiamo dietro alla mamma.

Attraversiamo vari corridoi, superiamo varie stanze, ma la mamma continua a non fermarsi.
Arriviamo a una scala che non avevo mai notato. È una scala stretta e in cima c'è una porta.
Mamma fa cenno ad Ella di salire per prima e lei obbedisce.

La seguo e dalla soglia vedo una grande stanza con solo un letto e poco altro. Sembra fredda e triste.

Faccio un passo per entrare, ma mamma mi ferma e chiude la porta.
Mette una mano in tasca e tira fuori una chiave con cui chiude la serratura.

Sento Ella da dietro la porta piangere e battere i pugni contro la porta di legno.

Cerco di convincere mamma ad aprirle, ma lei mi prende per un braccio e mi trascina via. Cerco di divincolarmi dalla sua presa, ma è troppo forte.

Grido, piango, urlo. Cerco di attaccarmi a qualunque cosa incontro nei corridoi, ma non riesco a staccarmi da lei. Mi tiene troppo stretta.

So che più la faccio irritare, peggiore sarà la mia punizione. Ma non m'importa. Devo aiutare Ella. Devo far uscire mia sorella da lì.



È passato qualche giorno e mamma continua a non voler farmi vedere Ella.
Solo le cameriere possono andare lì con lei (visto che è l'unica ad avere la chiave) per portarle da mangiare.

Mi dispiace tanto per Ella. Ho cercato di fermare la mamma e di convincerla a liberarla.
Le ho anche detto che avrei diviso la mia stanza con lei.
Ma mamma non ha voluto sentire ragioni.

Non la lascia uscire neanche quando viene il nostro insegnante.
Ormai fa lezione solo a me e a Genoveffa.

Sto leggendo un libro, ma non riesco a concentrarmi. Continuo a pensare ad Ella, sola nella sua stanza fredda e poco illuminata.

Decido di uscire in giardino. Magari si affaccerà alla finestra e potrò almeno salutarla.

Esco in giardino e penso a quale potrebbe essere la sua finestra.
È sul fronte o sul retro della casa? O ai lati?
Purtroppo non riesco a ricordarmelo.

Proverò a fare il giro della casa. Magari sono fortunata ed Ella è affacciata alla finestra.

Cammino guardando in alto, osservando tutte le finestre.

<Ahia!> dice una voce.

Abbassò lo sguardo e lì c'è un bambino con i capelli castani. Credo abbia la mia stessa età.

<Scusa, ti ho fatto male?> gli chiedo.

<Mi hai schiacciato il piede> mi dice.

<Oh, mi dispiace. Non ti avevo visto> rispondo. <Chi sei?>

<Io sono Daniel, il figlio del giardiniere. E tu chi sei?>

<Io sono Anastasia e abito qui. Tu perché sei qui?>

<Sto aiutando mio padre a curare il giardino, così quando sarò grande, anch'io diventerò un giardiniere proprio come lui> mi dice fiero.

<Che bello! Allora anche tu sai tante cose sui fiori?>

<Sì. Mio padre mi ha insegnato tante cose.>

C'è un momento di imbarazzo. È una delle prime volte che parlo con un maschio. Non so più cosa dire. Decido di continuare la mia ricerca.

<Ora devo andare. Devo cercare la finestra di Ella> gli dico.

<Ella? Intendi la bambina con i capelli biondi?>

<Si! L'hai vista?> gli chiedo eccitata e sorpresa.

<Sì, si affaccia tutti i giorni a una finestra che sta sul retro della casa. Sembra molto triste.>

<Mi faresti vedere qual è la finestra?>

Daniel fa cenno di sì e si incammina. Lo seguo.
Mi porta sul retro della casa.

<È quella finestra lì> dice indicandomi una finestra molto in alto.

Ella però non è affacciata. Mi rattristo un po'. Volevo tanto vederla.

Daniel vede che mi sono un po' intristita. Si china, coglie una margherita e me la porge.

<Non trovi che le margherite siano dei fiori simpatici?> mi dice.

Gli sorrido.

La sorellastra di CenerentolaUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum