Capitolo 28

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Mi sveglio e sento un dolore lancinante alla testa. La scorsa notte mi sono addormentata piangendo e il mio corpo ora ne risente. Non mi sono riposata bene e devo ancora scendere dal letto, ma sono già stanca. Sento ancora sul viso i solchi lasciati dalle mie lacrime calde. Stanotte ho anche sognato che Daniel e io eravamo riusciti a scappare insieme, ma quando mi sono svegliata, ho realizzato che niente di tutto ciò era la realtà. Metto le mani sugli occhi per impedir loro di far uscire altre lacrime, ma senza successo.

Non posso ancora credere che Daniel non ci sia più e che sia colpa di Ella. Sono consapevole che sia stata mia madre a mandarlo via, ma non l'avrebbe mai fatto se la mia sorellastra non avesse scritto di noi. Un po' mi dispiace trattarla male e chiamarla Cenerentola, ma voglio ferirla come lei ha fatto con me.

Mi costringo a sedermi e ad appoggiare i piedi a terra. La testa mi fa veramente molto male, ma non posso stare tutto il giorno a letto: vorrei, ma so che questo non farà passare il mio dolore fisico ed emotivo. Mi alzo e mi metto il primo vestito che capita: prima cercavo di farmi carina per Daniel, ma adesso non serve più.

Esco dalla mia stanza e mi trascino giù per le scale e in sala da pranzo. Non ho molta fame, anzi per niente, ma devo mangiare comunque qualcosa. Mi siedo al mio solito posto: di fronte a Genoveffa e nostra madre tra di noi, a capotavola. Stanno già facendo colazione con ogni ben di Dio presente sulla tavola. Allungo la mano, prendo un pezzo di pane che comincio a sbocconcellarlo e bevo un sorso di spremuta per buttarlo giù.

Mia madre e mia sorella parlano del ballo ormai imminente. Non partecipo alla conversazione, a me non interessa: ci andrò perché devo, non perché voglio.

<Anastasia! Come sei pallida!> dice mia madre, guardandomi per la prima volta da che mi sono seduta.

<Cos'hai? Devi assolutamente riprenderti in tempo per il ballo! Non vorrai sprecare l'occasione di conquistare il principe?> continua lei.

Io mi limito ad annuire, non ho la forza per rispondere. Come può far finta di niente? Come può non capire perché sono pallida e sto male? Per lei è davvero una cosa senza alcuna importanza da dimenticarsene già il giorno dopo?

Genoveffa non fa altro che parlare del suo splendido vestito, tanto che mi costringe a seguirla nella sua stanza per vederglielo indosso.  È effettivamente molto bello: la parte superiore del vestito è di color oro con le maniche che arrivano al gomito e terminano con una sorta di velo dello stesso colore. La ampia gonna, che arriva a terra, è azzurro cielo. La maschera è celeste e dorata, come l'abito..

Questo mi ricorda che avevo promesso ad Ella, o Cenerentola che dir si voglia, di prestarle un vestito per il ballo, anch'esso di color azzurro. Non credo però che manterrò la parola, perché non la voglio lì con me, anzi, farò in modo che abbia tanto lavoro da non poter venire.

Riesco a liberarmi di Genoveffa e a tornare nella mia stanza. Mi siedo come sempre sul divanetto sotto la finestra e guardo fuori. È una bella giornata di sole, ma questo non mi tira su. Abbasso lo sguardo e vedo il nuovo giardiniere che lavora. Continuo a non capacitarmi che Daniel non ci sia più, non può essersene andato così. Abbraccio le ginocchia e appoggio la testa. Resto un po' così a pensare, finché mi viene un'idea: voglio qualcosa di suo, qualcosa che gli appartenga e che me lo ricordi. Daniel mi ha sempre regalato quelle meravigliose margherite, ma purtroppo poi appassiscono. Voglio qualcosa più duraturo e che gli appartenga.

Questo mi tira un po' su di morale, mi da uno scopo. Esco di casa, diretta al villaggio e a casa di Daniel. Ci vuole me di cammino e per tutto il tempo penso a cosa troverò.

Arrivo stanca e un po' accaldata, ma anche un po' curiosa. Busso alla porta: è vero che Daniel e suo padre sono partiti, ma non mi va di entrare a casa di altri senza chiedere il permesso. Ovviamente non ricevo alcuna risposta, così entro. L'interno è buio per via delle persiane chiuse. Mi avvicino alle finestre per aprirle e fare un po' di luce. La casa è fatta di legno ed è accogliente, seppur piccola e povera. La stanza in cui mi trovo ha un piccolo angolo con un forno e dei mobiletti e al centro un tavolo di legno. Intravedo anche le stanze di Daniel e di suo padre. La casa è un po' disordinata, indice che i proprietari sono partiti frettolosamente.

Entro in quella che penso sia la camera di Daniel. Vedo sul comodino un mazzolino di margherite e capisco di essere nella stanza giusta. La camera è molto piccola: c'è lo spazio solo per un letto, un comodino e una cassettiera. Mi avvicino al comodino e apro il cassetto. Dentro c'è una busta con scritto il mio nome. La prendo e me la porto al petto. Ho fatto bene a venire qui.

Mi siedo sul letto e apro con mani tremanti la busta. Prendo il foglio all'interno, lo spiego e leggo:

Cara Anastasia, Amore mio,

come saprai, sono dovuto partire. Non avrei mai voluto lasciarti lì sola ad aspettarmi nel bosco. Volevo veramente scappare insieme a te e costruirci una vita insieme, e lo voglio ancora. Purtroppo tua madre, la padrona mia e di mio padre, ci ha venduti a dei suoi amici che vivono molto lontano da qui.

Non so nemmeno io dove sto per trasferirmi, ma non posso rifiutarmi. Mio padre è anziano, ha problemi di salute e io devo prendermi cura di lui. Non posso lasciarlo qui da solo, senza un lavoro e senza soldi con cui comprare medicine e cibo.

Non vorrei nemmeno abbandonare te, amore mio, ma non ho altra scelta.

Tornerò, non temere. Ti verrò a prendere e scapperemo insieme, ci sposeremo e vivremo per sempre felici e contenti come sogniamo. Non mi dimenticherò mai di te e di quanto ti amo, te lo giuro sulla mia stessa vita.

Ti amo, ti amo, ti amo, non dimenticartene.

Con tutto il mio amore,

Daniel

La sorellastra di CenerentolaWhere stories live. Discover now