Capitolo 6

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Dieci anni dopo

<È inutile che scappi! Tanto ti prendo!> grida ridendo.

<Non mi prenderai mai!> rispondo.

Continuo a correre e a ridere. Ogni tanto mi giro per vedere se mi sta raggiungendo. Continua a prendere terreno. È più veloce di me, ma io sono più furba.

Mi guardo intorno per cercare una via di fuga, quando il mio piede inciampa e io cado a terra.

Daniel, che era subito dietro di me, cade anche lui. Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.

Stiamo così per un po', distesi a terra a guardare il cielo.

<Guarda!> mi dice indicando un punto nel cielo. <Quella nuvola sembra una pecora.>

Guardo dove mi sta indicando.
<A me sembra un cavallo> rispondo.

<No, no, è proprio una pecora.>

<No, per me è un cavallo, un bel cavallo bianco.>

<Beh, ovvio che è bianco. È una nuvola!> dice.

E scoppiamo a ridere.

Siamo amici da quando avevamo sei anni, praticamente da quando ci siamo conosciuti. All'inizio non sapevamo che cosa dire, ma poi abbiamo capito che non serviva parlare. Eravamo bambini e abbiamo cominciato a giocare.
Ci rincorrevamo, giocavamo a nascondino e a prenderci. E lo facciamo ancora adesso, anche se siamo cresciuti!

Ogni giorno, quando mamma fa il suo riposino, vengo in giardino e sto con Daniel. Lei non vuole che io stia con lui, perché è un nostro servitore, ma a me non interessa. È il mio migliore amico.

<Signorina Anastasia. È quasi pronta la cena. Dovrebbe andare a cambiarsi. Non può farsi vedere così da sua madre> mi dice Sara, la cameriera.

Saluto velocemente Daniel e corro in camera mia a cambiarmi.

Quando sono pronta, scendo in sala da pranzo e mi siedo al mio posto. Mamma si siede sempre a capotavola e Genoveffa ed io stiamo ai suoi lati.

Per fortuna sono arrivata per prima, così mamma non mi sgriderà per il ritardo.

Lei e Genoveffa entrano insieme e si siedono.

<Allora? Quanto ci vuole a portare da mangiare?> si lamenta Genoveffa, che avrà aspettato sì e no un minuto.

Subito arriva il cibo, portato da Ella. 

Come sempre, serve prima mia madre e poi Genoveffa e me.

<Grazie> le dico, mentre mi serve l'arrosto.

Come sempre sono l'unica a ringraziarla. Non mi è mai piaciuto che venisse trattata da cameriera o peggio, ma mia madre non ha mai volto sentire ragioni. In più Ella dice che non le pesa aiutare con le faccende di casa, ma credo lo dica solo grazie alla sua infinita bontà.

<Ella! Come ti sei conciata? Sei tutta sporca! Dove sei stata?> le chiede la mamma visibilmente disgustata.

<Mi dispiace> risponde Ella ad occhi bassi. <Stavo pulendo il camino.>

<Trovato! Visto che sei sempre sporca di cenere, ti chiameremo Cenerentola!> dice Genoveffa, felice di aver avuto questa idea.

<Che bella idea, tesoro! Tu sì che sei intelligente! Anastasia, perché non sei come tua sorella?> dice mamma.

<Sì, madre. Ci proverò> le dico per farla contenta.

Lei non sembra convinta. Nessuno potrà mai essere come la sua prediletta.

Ella prende i piatti sporchi e li riporta in cucina dove, dopo aver finito le faccende, anche lei potrà finalmente mangiare e riposarsi.

Appena Genoveffa e la mamma vanno a letto, la raggiungo.

Sta lavando le stoviglie sporche. Ne ha ancora una bella pila.
Purtroppo non ci sono altre domestiche che possano aiutarla. Mamma ha mandato via parecchi domestici quando anni fa abbiamo cominciato ad avere problemi economici (non essendoci più James, non avevamo più modo di guadagnare soldi). Sono rimasti Sara, Peter il giardiniere (insieme a Daniel) e la cuoca. Così mamma ha costretto Ella a fare le faccende di casa (quelle più umili) per darle modo di "sdebitarsi" del fatto che la teniamo con noi.

Decido di darle una mano con i piatti. La aiuto spesso la sera quando nessuno può vedermi.
Non sono come la mamma. A me non dispiace sporcarmi le mani e dare una mano in casa.

Mentre insieme laviamo le stoviglie ci raccontiamo le nostre rispettive giornate.

La mia passata tra studio, libri e divertimento con Daniel.
La sua tra pavimenti da pulire, vestiti da cucire e piatti da lavare.

La sorellastra di CenerentolaWhere stories live. Discover now