Capitolo 22

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È passato un mese e non ho ancora avuto la possibilità di parlare ad Enrico. È dovuto partire per affari e abbiamo comunicato solo tramite lettere. Gli argomenti di cui parliamo sono neutri: la mia giornata, la sua, e altro. Cerco di non incoraggiare il suo corteggiamento, ma ho preferito aspettare per parlargli di Daniel, così da farlo faccia a faccia.

Qualcuno bussa alla porta della mia stanza.

<Avanti> dico.

<È arrivato questo pacco per te> dice Ella, entrando con un grossa scatola in mano.

Mi alzo e mi avvicino, curiosa.

<Chissà cosa sarà?> dico.

<Scopriamolo.>

Strappo la carta bianca che avvolge il pacco e alzo il coperchio. Ah, è il vestito. Lo prendo tra le mani e lo tiro fuori dalla scatola per osservarlo meglio. Beh, non è quello che avrei scelto, ma forse non è così male. C'era quel bel vestito che mi piaceva, ma magari anche questo verde potrebbe starmi bene. Mi avvicino allo specchio a figura intera nell'angolo e cerco di immaginarmi come mi starebbe.

<Provatelo> mi incoraggia Ella.

Vado dietro al paravento per cambiarmi.

<Ella, potresti aiutarmi con i laccetti del corpetto?>

Accorre immediatamente in mio aiuto e in poco sono pronta. Mi avvicino di nuovo allo specchio e mi osservo. Adesso che l'ho indosso, questo verde non è poi male. È un verde chiaro, tendente al colore delle olive. Il vestito ha le maniche corte e la scollatura non è troppo generosa come temevo. Il corpetto è aderente, ma mi permette comunque di respirare. La gonna è ampia e a balze ed arriva fino a terra.

<Ti sta benissimo!> dice Ella a bocca aperta.

<Grazie. Piace molto anche a me. Questa volta mia madre ha scelto bene. Certo, questo colore non l'avrei scelto, ma mi piace molto come mi sta> dico, senza riuscire a staccare lo sguardo dal mio riflesso nello specchio.

Veniamo interrotte dal rumore di una carrozza nel giardino e ci precipitiamo entrambe alla finestra per vedere chi sia il proprietario, ma non riusciamo a vederlo, dato che la mia stanza si affaccia sul giardino sul retro e non sull'ingresso.

Qualcuno bussa alla porta e al mio permesso di entrare, vedo che è Sara.

<Signorina, all'ingresso c'è una persona per lei.>

<Per me? E chi potrebbe mai essere?> chiedo, sorpresa.

<È meglio che scenda, signorina.>

<Forse è meglio che io mi cambi, per non rischiare di rovinare il vestito.>

<Credo che non ne abbia il tempo, signorina. È sua madre che mi ha mandata ad avvertirla di scendere.>

<Ah, va bene. Allora è meglio che io scenda subito. Grazie Sara> dico, uscendo dalla mia stanza e scendendo dalle scale.

Mi avvicino al salotto, quando mia madre esce e mi vede.

<Eccoti, finalmente! Beh, meno male. Sei presentabile, almeno per una volta> dice, osservandomi dall'alto in basso. <Sbrigati, non farlo attendere oltre> dice, spingendomi nella stanza.

Appena entro, noto un viso familiare. Enrico!

Si avvicina a me, a grandi falcate e prende la mia mano per baciarla.

<Enrico! Sei qui. Ma quando sei tornato? Le tue lettere dicevano che saresti stato via ancora qualche settimana> dico, sorpresa, ma anche agitata. Devo parlargli, ma non so come farlo. Non sono pronta, credevo di avere ancora altri giorni per pensarci.

<Sono tornato questa mattina, mia cara, e non potevo passare neanche un solo giorno in più senza vederti. Ti è piaciuta la sorpresa?> chiede, col suo sorriso che potrebbe far sciogliere i ghiacciai.

<Sì, certo> dico, con la gola asciutta. Comincio a sudare freddo. Lui è tornato per me e io dovrò deluderlo.

<Ti va una passeggiata in giardino?> mi chiede.

Annuisco e lui mi prende a braccetto per condurmi all'esterno della casa.

Cerco, nel frattempo, un modo per dirgli quel che devo. Non sarà facile. Come la prenderà? Informerà mia madre di quello che gli dirò?

Camminiamo per un po' e poi gli propongo di sederci su una panchina. Ci accomodiamo e lui prende le mie mani tra le sue. Alzo lo sguardo e mi perdo nei suoi occhi, azzurri come il ghiaccio. Faccio un respiro profondo e mi volto.

<Enrico, ti devo parlare. Non è una cosa facile da dire, ma devo farlo. Se puoi, cerca di ascoltarmi finché non avrò finito.>

Sento dalle sue mani che si irrigidisce.

<Enrico, io ti voglio molto bene. In quest'ultimo mese ho conosciuto molti lati di te. Sei amichevole, generoso, altruista, forte, deciso. Sarei onorata di essere la tua fidanzata, ma non posso. Il mio cuore appartiene ad un altro.>

<Questo tua madre non me l'aveva detto.>

<Mia madre non lo sa e ti prego di non dirglielo. Lei non approverebbe.>

Cala il silenzio su di noi. Resto in attesa di una sua reazione o domanda... Insomma, qualcosa. Lui, però, resta fermo immobile, finché non lascia le mie mani. Le sento raffreddarsi. Non ci sono  più quelle mani grandi e calde che le avvolgevano.

Prendo coraggio e lo guardo. Il suo viso è inespressivo, senza emozioni evidenti. Non so come interpretare questa reazione (o assenza di reazione). È arrabbiato? Deluso? Scioccato? Sorpreso? Perché non reagisce?

<Ti prego. Dì qualcosa> gli chiedo, supplicandolo.

Mi guarda negli occhi, lo sguardo freddo.

<Se non eri interessata a me, allora perché mi hai illuso? Potevi dirmelo subito che c'era un altro. Avrei capito. Invece hai scelto di non dirmelo e mi hai fatto credere di aver trovato la donna giusta per me. Oggi ti avrei chiesto di sposarmi> dice.

Non alza la voce, non è arrabbiato. È deluso: per non essersene accorto prima, ma soprattutto deluso da me. Glielo leggo nel suo sguardo freddo, che non riesco a sostenere. Così mi giro, chiudo gli occhi e calde lacrime scendono sulle mie guance.

Lo sento alzarsi dalla panchina.

<Tranquilla. Non lo dirò a tua madre.>

Detto questo, se ne va, lasciandomi sola a piangere.

La sorellastra di CenerentolaМесто, где живут истории. Откройте их для себя