24 capitolo.

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«Hei aspettami amico!» Mi urla Louis alle mie spalle.

«Vengo anche io con te.» Mette una mano sulla mia spalla.

«Non sai nemmeno dove sto andando.» Scatto evitando ogni contatto fisico.

«Tu stai andando a farti un nuovo tatuaggio. Sei serio? E dai amico, cosa ti scriverai "Elisabeth sono un coglione"?» Ridacchia per l'ultima frase.
Non lo sopporto quando cerca di fare il simpatico e sicuramente adesso non ho nemmeno voglia di ridere perché mi sento soltanto uno straccio, una nullità.
Entriamo nella sala e noto subito il mio amico dietro il bancone, Eliot. Ha così tanti tatuaggi per tutto il corpo che non riesco nemmeno a contarli, certo anche io non scherzo ma non riesco comunque ad arrivare alla sua quantità.

«Styles! Che piacere vederti, che tatuaggio hai in mente di farti?» Mi chiede battendo le mani sulla poltrona vicino incitandomi a sedermi.

«Avevo pensato ad una farfalla sulla pancia.» Indico il punto preciso con le dita prima di accomodarmi sulla poltrona di pelle e togliermi la maglia.

«Ma è squallida.» Ammette Louis con una smorfia di disprezzo e nello stesso tempo scuotendo le mani come se volasse prendendo in giro la mia decisione.

«Stai zitto.» Alzo gli occhi al cielo dando il consenso di iniziare il tatuaggio.
Stringo le mani e i denti appena sento bucare la pelle con l'ago e riempire le varie parti con l'inchiostro nero.
Sono sicuro della mia scelta, non ho mai fatto tatuaggi senza un proprio significato... La farfalla riguarda Elisabeth, era soltanto un bruco pronto a schiudersi e volare via per la libertà che si spettava.

«Ho finito, puoi guardare.» Mi indica lo specchio nella stanza.

«Louis tu sei venuto per farti qualcosa?» Chiede guardandolo in modo provocatorio.

«No, io passo.» Risponde alzando le mani e passandomi la maglia.

«Quanto ti devo?» Prendo il portafoglio dalla tasca iniziando a contare tra le dita i soldi che mi rimangono ancora per la serata.

«Oh niente Harry, consideralo un regalo!»
In realtà Eliot e mio padre erano grandi amici, si conoscevano da quando erano piccoli e praticamente lui mi ha visto crescere... Non si è mai permesso di definire il mio vecchio un alcolizzato, solo non era d'accordo e per questo adesso ha voluto prendere le distanze.
Faccio un gesto veloce con la mano per salutarlo solcando poi la porta dell'edificio.

«Adesso dove andiamo?» Guardo il ragazzo accanto a me tirare sassolini sull'asfalto.

«Adesso ci ubriachiamo, se tu non vuoi venire vattene tanto sei comunque irritante.» Dico sbuffando ed entrando nel locale già affollato, la musica rimbomba nelle orecchie coprendo le parole di ogni singola persona qui dentro e non perdo tempo ad andare dritto al bancone alcolici.

«Due birre per noi, grazie.» Ordina Louis al barista, estraendo da un pacco di Marlboro due sigarette e un accendino.

«Hei ragazzi.. Quanto siete sciocchi lo sapete che non si fuma qui?» Una ragazza dall'odore di alcol fin troppo forte si accascia con le braccia strette al mio collo.

«Lo sappiamo, come sappiamo che tu sei ubriaca fradicia.» Urlo il più forte possibile per farmi sentire.

«Sei carino.. Che dici di darci una botta e via?» Ridacchia lasciandomi dei baci.
Le porgo la mano infilandomi tra la folla e cercando un bagno libero.

«Qui va bene.» Vedo la ragazza sconosciuta chiudere la porta alle sue spalle e abbassarmi i jeans e i boxer con velocità.
Prendo con le mani una ciocca dei suoi capelli convogliandola a succhiare la lunghezza che pompa nella sua bocca.

«Siete tutte brave quando siete ubriache.» Stringo i denti dopo poco venendo in gettate frequenti sul suo petto. Mi alzo i jeans e senza dire niente esco dal bagno ritornando al bancone di prima;
Noto Louis accasciato sul tavolo dormiente con almeno cinque bottiglie di birra vicino.

«È crollato subito.» Spiega il barista.

Ordino qualche bicchiere di vodka e qualche altra birra per smaltire la rabbia e i soliti ricordi.
Mi sento girare la testa perché forse ho esagerato ma questa volta la droga non è stata la mia medicina per scordarmi quello che è successo con Beth.
Recupero il cellulare digitando il suo numero, cammino traballante fuori dal locale perché sarebbe impossibile parlare qui.
Ma perché la sto chiamando? Harry che stai facendo? Sei troppo ubriaco adesso per avere una qualsiasi conversazione con lei.

POV. ELISABETH

Sono appena atterrata a New York, adesso siamo fuori all'aeroporto e aspettiamo che "mia madre" ci venga a prendere.
Sono ansiosa perchè non la vedo da tanto tempo, in realtà lei è sempre stata una donna esigente ma ha sempre voluto il mio bene rispetto a mio padre.
Sono preoccupata perché se le dirò la verità magari le cose tra me e lei dopo cambieranno... Per questo sto pensando di evitare la questione e far finta di niente.
Distolgo i pensieri appena sento Margaret stringermi in modo caloroso tra le sue braccia, mi è mancata tantissimo.

«Oh mio dio Elisabeth quanto sei cresciuta!» Mi dice squadrandomi dalla testa ai piedi con un sorriso a trentadue denti.

«Ti presento Charlotte, lei è voluta venire insieme a me mamma.» Spiego mettendo una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Mi sembra così strano chiamarla mamma in questo momento.

«Benvenuta a New York Charlotte, sarò felicissima di ospitarti!» Si affretta a proporre facendoci poi un gesto invitandoci a seguirla verso la macchina.

«Siete lontane dalla città?» Chiede curiosa la mia amica.

«Siamo molto vicine in realtà.» Risponde Margaret continuando a tenere lo sguardo fisso sulla strada in pieno traffico.

Purtroppo qui a New York il mezzo peggiore da usare è proprio l'auto, sarebbe meglio spostarsi in bicicletta o in motorino.
Infatti dopo qualche ora di attesa arriviamo finalmente a casa, mi sembra che sia passata una vita dall'ultima volta che ho visto la mia camera anche se preferisco ancora di gran lunga quella a casa di Harry... Harry... Perché mi sono innamorata di lui? Non mi meritava e io come una stupida sono cascata nella sua trappola, ma adesso devo dimenticarlo e andare avanti per la mia strada, eviterò di dare fiducia e eviterò la solita Elisabeth debole e ingenua.

«New York sembra fantastica! E poi ci sono un sacco di negozi dove fare shopping.. Molto meglio di Londra. Che dici se usciamo e andiamo a fare le prime compere?» Propone Charlotte esaltata.
Purtroppo sono al verde e non posso permettermi di spendere i pochi soldi che mi rimangono ancora, non posso chiedere a Margaret e devo darmi da fare a trovare un lavoro per guadagnare qualcosa.

Un altro grammo, grazie.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora