Three seconds to die

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POV CAMILA

Sentii improvvisamente i rumori attenuarsi intorno a me. Barcollai sui miei soliti tacchi alti, solo per accorgermi che in realtà non stavo barcollando, e non ero nemmeno in piedi.

Ero accasciata sul corpo di Shawn tentando di aiutarlo in qualsiasi modo, di fermare il sangue che scorreva dal suo naso gonfio. Tesi una mano verso di lui ma la buttò via violentemente, e ancora sentii la sensazione di stare girando su me stessa ma da ferma.

Quel fischio fastidioso non voleva abbandonare le mie orecchie facendomi sentire come se stessi per svenire. Probabilmente era quello che stava succedendo, perché anche il mio cuore non batteva regolarmente.

Era successo davvero. La mia paura più grande, la scena che popolava tutti i miei incubi. Era davvero successo. Mi alzai piano stando attenta a non ricadere sentendo una fragile mano aiutarmi ad alzarmi.

Forse dalla mia espressione si poteva capire quanto sconvolta fossi, forse ero pallida, forse stavo semplicemente lasciandomi andare.

La sensazione era quella. Il mio desiderio in quel momento era solo quello. Dormire e risvegliarmi quando tutto questo fosse finito. Svegliarmi con quel sorriso meraviglioso che mi osservava dormire. Svegliarmi con due occhi verdi puntati su di me. Svegliarmi con lei, accanto a me. La mia Lolo.

Ma era come se in quel pugno, in quel tonfo della porta chiusa dietro di lei, come se quel rumore avesse spezzato la fantasia in cui stavo vivendo. Come riportata alla realtà da una sveglia fastidiosa ed incessante.

Ora più di prima non riuscivo ad immaginare un futuro in cui fossero tutti felici.

Ora più di prima avevo perso tutte le speranze. Non poteva esserci un noi, non poteva esserci nessun amore segreto. Era sbagliato, per lei, per me. Per tutti.

Per la prima volta in vita mia pensai al mondo come una massa informe di anime di cui sinceramente non me ne fregava un cazzo. L'unica cosa che avrei voluto in quel momento, l'unica paura che mi bloccava il respiro, era di non poter godere più di quel sorriso splendente. I suoi bellissimi movimenti, ora come non mai dovevo scordarli.

Dopo tanto tempo dovevo riprendere in mano la mia apatia, dopo mesi di surreale realtà dovevo fare i conti con una verità che mi si era presentata davanti in tutta la sua crudeltà.

Per il suo bene, dovevo lasciarla andare. Io, dovevo sparire, senza nessuna possibilità di tornare sui miei passi.

La verità era che io ero il problema. Io e solo io. Ero un vortice scuro che trascinava giù con se qualsiasi cosa avesse attorno. Da quando avevo imparato a conoscermi avevo sempre cercato di autodistruggermi, ma questa attività non si poteva fare in due, questo odio non era condivisibile e nessuno avrebbe dovuto mai condividerlo. Nessuno doveva essere condannato a portare sulle spalle questo peso. Io lo stavo dividendo in tre il mio dolore.

Che stavo facendo? Una lacrima mi attraversò la guancia. Voci cercavano di parlarmi ma per me era come aver messo il muto al mondo. Sentivo solo i miei pensieri.

Io ero il problema. Quell'espressione sul volto di Lauren, quell'espressione di delusione, di rabbia, di disperazione, ce l'avevo portata io, e non volevo mai più rivederla.

L'avevo sporcata con le mie stupide paranoie, con le mie vergogne, con il mio dolore insensato. L'avevo indurita, deviata. Si era accollata una vita non sua, solo per amor mio.

Eppure, anche se forse in maniera ingenua, ero convinta che le mie battaglie fossero anche le sue, non avevo capito quanto dolore le procurasse stare con me.

Camren stole my CamzOnde histórias criam vida. Descubra agora