Harry

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Harry era rimasto lì, fermo a guardare la scena: quel ragazzo, Percy, era uscito dalla stanza, frustato e triste.

Ad Harry faceva pena, da quello che aveva sentito era sopravvissuto a qualsiasi cosa, e aveva perso molto.

Quel sentimento gli fece salire una rabbia immane: capiva benissimo cosa volesse dire avere in mano le redini del mondo e dover essere obbligati a prendere decisioni più grandi di lui e capiva anche quanto dessero fastidio gli sguardi tristi e pieni di compassione delle persone che gli stavano accanto.

Ma lui non aveva mai voluto a loro compassione e odiava quando lo facevano, eppure, non era quello che stava facendo lui adesso?

Annabeth stava per corrergli dietro quando, istintivamente, Harry la fermò mettendosi davanti a lei: la ragazza lo squadrò ed il mago pensò che gli volesse tirare un pugno dritto in faccia.

"ha bisogno di tempo per tranquillizzarsi" disse il mago.

Capiva come si sentiva Percy.

Alcune volte Harry si chiedeva perché fosse toccato a lui, perché non poteva essere uno tra i tanti, senza dover pensare a salvare il mondo all'età di 17 anni, perché era stato costretto a crescere troppo in fretta e a perdere così tanto.

Annabeth lo guardò per un secondo e poi si allontanò per dirigersi verso la sua amica, Piper, la qualche la prese sotto braccio ed iniziò a sussurrargli parole che Harry non riusciva a sentire dal punto in cui si trovava.

"Harry ha ragione" intervenne Ron che aveva anche lui assistito alla scena " e poi il tuo amico è uno tosto, da quanto ho sentito" disse nel tentativo di allentare la tensione creatasi nella stanza.

"non sai quanto" aggiunse Nico, che era seduto su un gradino a rigirarsi il suo anello tra le dita: ora che Harry lo guardava bene, si accorse che il ragazzo era vestito totalmente in nero e delle profonde occhiaie gli solcavano gli zigomi, proprio sotto gli occhi.

Eppure, nonostante l'aspetto di uno che non dormisse da giorni, uno starno scintillio brillava nei suoi occhi scuri.

"ecco" continuò Ron "allora intanto che lui si calma, vi facciamo vedere le vostre camere" disse guardando Silente con uno sguardo di richiesta di aiuto.

L'uomo lo guardò per qualche secondo e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo al corridoio da cui era uscito Percy, fece un gesto con la mano verso l'uscita e disse "sì, andate"

Con Ron ed Hermione a capo della fila, i ragazzi uscirono dalla stanza.

Rimasero solo Harry e Silente.

"Silente..." si accigliò Harry "che cosa sta succedendo?"

Lo sguardo del vecchio era un misto tra preoccupazione e felicità "caro Harry, tutto ti sarà spiegato domani" fece un profondo respiro e si incamminò verso l'uscita "quando i nostri ospiti si saranno sistematiti"

Lanciò ad Harry un ultimo sguardo e se ne andò.

Non aveva voglia di stare con nessuno in quel momento, era frustrato perché avrebbe voluto tanto avere più informazioni da parte di Silente e, la vista di Percy, gli aveva fatto riaffiorare tutti i brutti ricordi legati agli anni passati.

Si incamminò verso il suo posto preferito: era situato in un'ala nascosta del castello e la grande balconata dava sull'orizzonte; quel posto lo faceva sentire a casa, libero.

Oltre alla bellissima vista sulle pianure e i boschi, quel luogo era caratterizzato per il silenzio religioso che lo avvolgeva; ma non uno di quei silenzi che ti divorano fino a svuotarti, era un di quei tipi di silenzi che ti facevano sentire in pace con te stesso e ti davano la possibilità di schiarirti le idee.

Quando arrivò però, davanti a lui c'era una figura girata di spalle: Percy.

Inizialmente il mago trovò tutta la situazione particolarmente ironica: si sentiva molto in sintonia con quel ragazzo, nonostante non ci avesse mai parlato e non lo conoscesse, per quello che avevano passato e pensare che Percy si era recato in quel posto, il suo posto, era come un segno per Harry.

Fece per avvicinarsi, ma il ragazzo lo precedette tirando fuori dalla tasca la spada (già una spada in tasca) e lo fece sbattere contro il muro.

Percy aveva dei riflessi perfetti, e i suoi movimenti erano armoniosi ed efficaci: il ragazzo lo squadrò e poi si allontanò dalla gola del mago, assumendo un'espressione dispiaciuta.

"scusa, è la forza dell'abitudine"

Mentre Harry si massaggiava la gola che gli doleva per la botta disse "nessun problema"

Adesso era di fianco a lui,

Harry non lo aveva mai osservato bene, era più alto di lui di un po' di centimetri, aveva uno sguardo felice, anche se nei suoi occhi color mare nascondeva tanta tristezza; profumava di mare, e suoi capelli color nero avevano una sfumatura tendente al blu.

"i tuoi amici sono preoccupati per te"

Lui si accigliò e con un tono cupo disse"non è una novità"

Harry non sapeva cosa dire; dal momento in cui lo aveva visto, la mente del mago era intasata dalle domande che gli avrebbe voluto rivolgere eppure, ora che si trovava di fianco a lui e gli avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa, la sua mente sembrava come vuota.

"sai ti capisco"

Percy si girò improvvisamente verso di lui per poi distogliere lo sguardo e riniziare a contemplare l'orizzonte.

"alcune volte mi chiedo perché tocca a me salvare sempre la situazione" Harry spostò il peso da una gamba all'altra "vorrei solo non dover ricordare quello che ho fatto per essere qui"

Il mago si sentì come se non potesse più parlare, come se avesse un nodo in gola che non glielo permettesse.

Fu Percy a rompere il silenzio "12 anni"

"cosa?" chiese Harry distratto.

"la mia prima impresa è stata quando avevo 12, il mio destino era segnato" fece un profondo respiro e continuò "non lo davo mai a vedere, sai, non volevo far soffrire le persone che stavano intorno a me"

"come ti capisco" sussurrò il mago, anche se non troppo piano, poiché il ragazzo al suo fianco lo sentì perfettamente e si interruppe a metà del discorso.

Ci fu un momento in cui i due ragazzi si guardarono intensamente negli occhi, poi Percy continuò "ma questa storia della profezia mi pesava così tanto, ed ero costantemente terrorizzato dall'idea di fallire e di far fallire tutti con me"

Si bloccò, e puntò lo sguardo verso il basso "pensavo di riuscire a salvare tutti, ma non è stato così e ogni giorno penso a quei nomi e..."

Non continuò la frase.

"non è colpa tua" disse Harry.

Avrebbe voluto tirarsi un pugno in faccia: davvero? Non è colpa tua? Questa è la frase più intelligente che ti è venuta in mente?

"già forse...Ma allora perché mi sento così in colpa?"

Stava per ribattere ma un rumore di passi lo interruppe facendolo girare verso il corridoio: era Annabeth, se ne stava lì ferma a guardarli, con i suoi occhi così profondi e lo sguardo fermo e sicuro di non volersene andare.

Harry capì che quello era il momento giusto per andarsene, così si allontanò facendo un lieve cenno alla ragazza.

magic of demigodsWhere stories live. Discover now