Jason

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Jason se ne stava su uno dei piccoli letti con Piper, la ragazza stava dormendo già da un po', il suo corpo magro e così piccolo sobbalzava ogni qualvolta il pullman prendeva un dosso, anche se questo non sembrava darle fastidio.

Nonostante il desiderio del ragazzo di parlare con lei, dopo esser stati separati, il figlio di Giove le aveva consigliato di riposare, visto l'opportunità e soprattutto, le sue condizioni: aveva le occhiaie, i capelli arruffati, più del solito, e un'espressione stanca sul volto.

Erano stati giorni duri per tutti.

Il solo fatto di sentire il respiro caldo di Piper a contato con il suo torace, che si alzava e sia abbassava ad ogni respiro, aveva un effetto calmante e gli dava una sensazione che non avrebbe voluto essere da nessun'altra parte, se non lì con lei.

Le palpebre del ragazzo iniziarono ad essere molto pesanti, gli occhi gli imploravano di avere una pausa per riposare, il suo cervello chiedeva un pausa dopo i giorni passati a pensare a tutto quello che sarebbe potuto andare storto: Jason cadde in un sonno profondo.

Le visioni erano confuse, come se il ragazzo si trovasse su una piattaforma che tremasse in continuazione: sentiva come la sensazione di avere le vertigini, nonostante non ne avesse mai sofferto, e il suo stomaco lo minacciava di rigettare tutto quello che aveva mangiato i giorni precedenti.

Jason era a Roma, non sapeva bene come avesse fatto a riconoscere la città, ma sapeva che era così: un ragazzo alto, dai capelli biondi, gli occhi azzurri e dal fisico slanciato stava camminando per una piccola strada, affiancato da una ragazza che gli stringeva la mano con molta forza, ridendo alle battute di lui.

Entrambi erano vestiti con abiti pesanti: lui aveva una giacca color verde militare, che gli arrivava alle ginocchia; lei aveva un cappotto color rosa confetto e un cappello bianco che le faceva risaltare la carnagione chiara.

Poteva vedere i capelli della ragazza che si muovevano ogni volta che una folata di vento gli investiva, facendoli rabbrividire: ai lati delle strade vi erano cumuli di neve ammucchiati e il cielo era di un colore grigio, striato da nuvole bianche che filtravano la poca luce del sole.

Jason si guardò intorno nel tentativo di trovare qualcosa che potesse risultare un indizio, quando il sogno iniziò ad essere più confuso: adesso aveva la vista offuscata e si dovette piegare per il dolore allo stomaco che si era fatto più insistente.

Improvvisamente il ragazzo vide una scritta incisa sula pietra, era grande e in bella vista quindi, nonostante la sua dislessia, riuscì a leggerla.

"la sapienza"

Ma che cosa voleva mai dire?

Jason intravide un'enorme edificio, sicuramente molto antico, in pietra prima di vedere solo il nero più totale.

Ora il ragazzo si trovava in una terra sconosciuta, faceva freddo e il vento gli impediva di aprire bene gli occhi, era come se venisse colpito costantemente da pezzi di vetro che gli tagliavano la pelle, lasciandogli un senso di bruciore e fastidio insistente.

Il terreno su cui si trovava era arido, come se non piovesse da mesi, non vi era segno di abitazioni o vegetazioni intorno che gli potesse dare qualche tipo di indizio per capire dove si trovasse.

Era buio, ma non come se fosse notte, era come se il sole, che avrebbe dovuto splendere nel cielo, fosse coperto da una manto scuro che gli impediva di risplendere, come se la luce venisse soffocata dall'angoscia che quel posto suscitava.

Una voce rimbombò nella sua mente, la stessa che aveva sognato ad Hogwarts, anche se sembrava molto più potente e profonda adesso: ogni volta che pronunciava delle parole, un dolore alle tempie gli faceva mancare il respiro, facendogli perdere l'equilibrio sulle gambe.

"Jason Grace" tuonò la voce "arrenditi, non puoi proseguire"

Il figlio di Giove era come paralizzato, non riusciva a muoversi e men che meno a parlare: si sentiva la gola secca e i polmoni minacciavano di esplodere; aveva freddo, eppure stava sudando.

Le gambe gli tremavano, non riusciva a sorreggersi, tanto da trovarsi in ginocchio, con la testa tra le mani, come se quel gesto servisse a far smettere al mondo intorno a lui di girare, come se la morsa che gli comprimeva le tempie potesse allentarsi in quel modo.

"se continui questa missione, uno dei tuoi amici morirà"

Jason si svegliò, con il fiatone, sudato e spaventato: delle piccole macchie colorate gli si erano formate davanti agli occhi, che sbatteva in continuazione tentando di riacquistare un equilibrio ed una visione sufficiente a non farlo andare a sbattere contro il muro.

"mi stai dicendo che una voce ti ha detto che non la missione ucciderà uno di noi e quello che vuoi fare è continuarla?" chiese Leo guardandolo storto: il figlio di Giove capiva perché il ragazzo fosse così nervoso all'idea, i suoi trascorsi non erano dei migliori e di certo quel sogno non migliorava le cose.

"sì" rispose Jason con tono sicuro.

"okay" chiese Hazel "ma che cosa dovremmo trovare a Roma?"

Jason la guardò dritta negli occhi "dobbiamo andare all'università"

A quelle parole la reazione dei ragazzi non fu proprio delle migliori: Percy quasi cadde dalla sedia in preda ad un attacco di panico; Piper lo guardò come se avesse appena sputato fuoco dalla bocca; Annabeth sgranò gli occhi con una strana espressione sul volto, come se non sapesse cosa pensare, e questo era strano da parte sua, molto strano.

"Jason che cos'hai in mente?" chiese Hermione, la quale sembrava tanto sconvolta quanto gli altri.

In una piccola parte del suo cervello, il ragazzo si chiese se i maghi andassero all'Università, o se solo sapessero che cosa fosse.

"nella visione ho visto una scritta: "la sapienza", è il nome di una celebre e antica università di Roma"

"e con questo?"

"il ragazzo della mia visione stava entrando in quella università"

"quini...Ricapitolando, la missione è trovare quel ragazzo?" intervenne Harry, che si trovava appoggiato al bancone della piccola cucina del pullman e si stava passando un mano nei capelli con fare nervoso: come se quell'azione riuscisse a fargli distendere i nervi.

"esatto" rispose Jason.

"e quando l'abbiamo trovato, che cosa facciamo?" chiese nuovamente il mago.

"beh..." commentò sconsolato Jason "a questo non ci ho ancora pensato"

"ottimo" esclamò Annabeth "quindi la missione consiste nell'entrare clandestinamente in una università e rapire un ragazzo, solo perché l'hai sognato?"

"rapire non è la parola esatta" commentò Percy a quel punto, lanciando un'occhiata d'intesa a Jason "solo prelevarlo senza il suo consenso"

Annabeth alzò gli occhi al cielo "ah beh...Questo cambia tutto"

I ragazzi guardavano il figlio di Giove come se fosse pazzo, in effetti il suo piano era da pazzi, ma non aveva un'altra opzione: l'unico che sembrava sostenere la sua folle idea era Percy, il quale sembrava impegnato ad avere una conversazione silenziosa nella sua mente con Annabeth, la quale lo squadrava con fare sospettoso.

"lo so che è da pazzi" disse lui "ma dovete fidarvi di me, quel sogno significa qualcosa"

Ci furono degli attimi di silenzio, poi Percy parlò "io credo che Jason abbia ragione"

Tutti si girarono a guardarlo "potrebbe aver ragione, quel ragazzo potrebbe essere importante e inoltre, credo che dobbiamo trovare un mezzo di trasporto...Come dire, migliore di questo"

"io ci sto" disse a quel punto Leo alzando una mano, per poi batterla contro il volante.

"e va bene" sbuffò Annabeth a braccia incrociate "andiamo a Roma"

magic of demigodsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora