Ron

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Erano passati cinque giorni dalla "gita" sui Pirenei, la nave aveva oltrepassato la Spagna e ora si trovava al confine con il mar mediterraneo.

Era circa mezzogiorno, i ragazzi se ne stavano ognuno per conto loro a riposare, erano stati giorni difficili: appena arrivati in Spagna, erano stati costantemente attaccati da mostri e questo aveva seriamente danneggiato la nave, già rovinata dagli avvenimenti precedenti.

Oltre ai problemi dell'imbarcazione vie erano stati quelli del tempo: ormai l'inverno era alle porte e tutto il tragitto che aveva costeggiato la Francia era stato caratterizzato da un freddo glaciale; quando poi erano finalmente arrivati sulle coste spagnole, il clima si era fatto più mite e la temperatura si era alzata e, per lo meno, non c'era più la neve sul ponte che arrivava alle ginocchia.

E poi, da quando Luke aveva parlato con i maghi, Percy ed Annabeth non parlavano con nessuno dell'equipaggio, a meno che non si trattasse di strategie o qualcosa che avesse a che fare con la missione.

Vi era un clima di tensione perenne: quando i due ragazzi non incrociavano neanche lo sguardo dei loro compagni; Grover e Nico erano gli unici che riuscissero ad avere una conversazione con loro le cui parole non erano "che rotta dobbiamo prendere" o "Leo ha bisogno di Annabeth in sala macchine" e via così.

Al mago dispiaceva molto per la situazione e soprattutto gli dispiaceva per Harry: da quando aveva conosciuto Percy, sembrava esser riuscito a sciogliere il blocco di ghiaccio che gli aggravava il cuore.

Nonostante Ron sapesse di essere il suo migliore amico e il più fidato, non riusciva a comprendere a pieno i sentimenti che provava l'amico a proposito di quello che gli era successo perché non li aveva vissuti in prima persona; Percy invece sì, e forse erano gli unici in grado di aiutarsi a tornare pienamente felici, se mai fosse stato possibile.

Ron, da quando aveva conosciuto il figlio di Poseidone, non lo aveva mai visto così solitario e cupo, qualcosa dentro il semideo si era distrutto e il mago sperava ardentemente che non fosse la fiducia nei confronti degli altri ragazzi: la fiducia era quello che teneva unito il gruppo, era la loro arma più potente, e senza di essa non sapeva quanto sarebbero durati.

Ron era in piedi, appoggiato alla balaustra del ponte ad osservare l'oceano, così immenso, che man mano si avvicinavano alle terre sconfinate dello stretto di Gibilterra: era una giornata soleggiata e il cielo era limpido con qualche sprazzo bianco di nuvole qua e la, che sfumavano con il color azzurro intenso sullo sfondo; i raggi di sole colpivano il viso lentigginoso del ragazzo sulle guance e gli provocavano un senso di tranquillità e conforto.

Harry si avvicinò a lui silenziosamente, com'era suo tipico fare da quando lo conosceva "ehi amico" disse posandogli delicatamente una mano sulla spalla e riscuotendo il mago dai propri pensieri.

"Harry..." cominciò Ron sovrappensiero "credo di essermi appena reso conto di quanto noi maghi siamo svantaggiati nei confronti dei semidei" disse tutto d'un fiato, assumendo un'espressione sul viso di qualcuno a cui avevano appena tirato uno schiaffo o si fosse appena risvegliato bruscamente da un sonno tranquillo, quasi in grado di nascondere la realtà.

Harry lo guardò stranito, come se anche lui non avesse mai pensato prima alle parole dell'amico fino a quel momento, che invece occupavano la sua mente da giorni "che intendi?"

"beh...Per noi maghi è tutto nuovo, ogni incontro con un mostro equivale ad una nuova pericolosa esperienza, mentre per i semidei è tutto così famigliare..."

Harry fece un sospiro di consapevolezza ed accettazione "già...Alcune volte mi chiedo che cosa ci facciamo qui, La nostra magia non gli serve..." il suo tono si fece un po' più cupo; il ragazzo lanciò un'occhiata di sottecchi a Percy, che se ne stava nella sala macchine, affacciato alla finestra e sbraitando contro Leo, che girava il timone con una tale forza da poterlo spezzare ne tentativo di manovrare la nave.

magic of demigodsWhere stories live. Discover now