Annabeth

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Ormai erano passati una quindicina di giorni da quando i ragazzi erano partiti da Amsterdam: certo, ci avrebbero messo molto meno, se non fosse stato per il fatto che ogni due giorni la nave si doveva fermare a causa di guasti tecnici al motore o per i quotidiani attacchi da parte di mostri.

Attualmente, l'imbarcazione stava solcando il mare delle coste francesi, erano quasi al confine con la Spagna; quel luogo rendeva nervosi un po' tutti, Grover in particolare, che ogni due per tre fiutava mostri da tutte le parti.

A parte questo, i ragazzi sembravano tranquilli per quanto lo si potesse essere: Jason e Piper stavano cenando allegramente; Frank e Hazel giocavano a carte insieme ad Hermione e Ron (Annabeth si rivedeva molto nella maga, nel viaggio avevano avuto tempo di conoscersi meglio ed erano numerosissime le cose che avevano in comune); Harry e Percy stavano chiacchierando tranquillamente sulla prua della nave, ultimamente i due ragazzi si ritrovavano lì a parlare del più e del meno; Nico, invece, stava insegnando a Draco come combattere meglio, Annabeth non aveva più parlato con quest'ultimo dopo quello che era successo, tentava di evitarlo il più possibile, ma quando si è su una piccola nave non è molto facile; infine c'era Leo che se ne stava attaccato al timone con Grover che continuava a rimproverarlo dicendo che stavano arrivando dei mostri, che doveva decollare immediatamente (il satiro tendeva a farsi prendere dal panico molto facilmente), Leo non sembrava neanche ascoltarlo, aveva lo sguardo fisso sul mare.

Annabeth se ne stava seduta su un divano provvisorio che avevano trovato in un paesino della Francia, a leggere degli schemi sul computer che Dedalo gli aveva donato all'età di quattordici anni: dopo averlo perso nel Tartaro, Atena si era presa la briga di riportarglielo di persona al campo mezzosangue, in uno dei tanti weekend in cui lei e Percy si occupavano dei più piccoli ed aiutavano Chirone nella gestione del campo.

La ragazza era sempre rimasta impressionata dalla quantità di idee che quell'uomo aveva in testa: quanto avrebbe voluto avere una mente geniale quanto la sua, era sempre stata intelligente e piena di idee, ma molte volte quest'ultime le impedivano di vedere le cose da un'altra prospettiva, cosa, che strano da dire, aveva imparato proprio da Percy.

La figlia di Atena era così immersa nei suoi pensieri che non si accorse che il figlio del mare si era seduto di fianco a lei e la osservava: aveva delle occhiaie profonde che gli avvolgevano gli occhi verdi e tempestosi, la mascella serrata e le labbra leggermente schiuse in un sorriso storto.

Il figlio di Poseidone in quei giorni era dovuto stare sveglio per aiutare Leo a manovrare la nave, che aveva avuto un guasto al motore e questo lo aveva stancato molto, tenendo conto delle ferite ancora non del tutto guarite provocate dalla battaglia ad Hogwarts.

"che c'è?" chiese la ragazza istintivamente distogliendo lo sguardo dallo schermo del computer.

"niente..." disse il ragazzo "mi piace guardarti leggere, quando lo fai hai una certa luce negli occhi che mi da come un senso di pace"

La ragazza per un momento si sentì mancare il fiato: nonostante ormai Percy le facesse dei complimenti quotidianamente, non si era ancora abituata all'effetto che le provocavano.

Si avvicinò e lo baciò dolcemente, il ragazzo aveva le labbra salate, ma a differenza delle altre volte erano secche e screpolate; le gambe iniziarono a tremarle leggermente, ma non ci diede molto peso perché era troppo coinvolta dal bacio per pensare a qualcos'altro.

"dovresti andare a riposarti" disse lei ancora con gli occhi chiusi e iniziando a disegnare motivi concentrici sulla guancia del ragazzo.

"prima voglio stare un po' con te" disse lui allargando le braccia, mettendo in evidenza la muscolatura delle sue spalle.

magic of demigodsWhere stories live. Discover now