Lei

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Non è una buona giornata. Questo ho pensato alle sei del mattino, quando la coincidenza del mio treno alla stazione di Milano centrale, ha fatto ritardo di un'ora. Lo scalo a Bari sotto una leggera pioggerellina poi è stato il colpo di grazia. La nebbia e il freddo hanno reso quei sessanta minuti interminabili e i miei capelli, già di natura tendenti al crespo, si sono gonfiati e arricciati sulle punte. Nessuna piastra è capace di domare le mie bionde ciocche ribelli, nemmeno dopo un'ora sotto il ferro rovente. No, oggi non è una buona giornata.

Gli ultimi venti minuti di viaggio sembrano essere tranquilli, accanto a me non è seduto nessuno e io posso godere per un momento di pace e pensare cosa farò ora. Sono tornata dopo un anno da Londra per lo scambio culturale e ora devo prepararmi per gli esami di stato e decidere cosa fare all'università. Se prendere scienze della formazione per poter diventare insegnante o cambiare idea e provare i test d'ingresso di ingegneria. Gli assillanti consigli di mia madre rimbombano nella mia testa senza darmi tregua e ora che tornerò a vivere a casa, sono sicura che la situazione sarà anche peggio. Ingegneria sembra l'unica alternativa per lei. Sono brava nelle materie scientifiche, ma questo non vuol dire necessariamente che io debba studiarle per lavoro. Era il suo sogno, e ora vuole che sia il mio. Sbuffo e disegno un cerchio sul finestrino, togliendo la brina che mi offusca la visuale dell'esterno. Casa dolce casa. Ecco la pianura, la terra incolta e i milioni di cartelli con la scritta rossa vendesi. Non è cambiato nulla in fondo da queste parti, ma un po' l'odore di casa mi è mancato. Soprattutto l'odore di Alessandro mi è mancato.

Il treno si ferma e il mio cellulare squilla. Lo recupero e noto la notifica all'angolo dello schermo. Mi pare che qualcosa sia caduto fuori dalla borsa insieme al mio iphone, ma il messaggio mi distrae e poi non sento alcun rumore, così mi convinco di aver visto male.

"Sabi, sei arrivata?"

Eleonora, la mia migliore amica è già in stazione ad aspettarmi. Sorrido e le rispondo.

"Quasi, dieci minuti e sono lì" premo invio e ricaccio il cellulare nel mio bauletto Versace.

La porta che collega i vagoni si apre e un tizio dall'aria distrutta entra con un borsone enorme e blu. Ha i capelli biondi disordinati e gli occhi verdi incavati in uno sguardo sfacciato; forse il termine distrutto è un po' riduttivo, pare trascinarsi piuttosto che camminare davvero. Sembra non dormire da almeno tre notti e l'aria da tossico che si porta appresso mi fa credere di non essere tanto distante dalla verità. Si avvicina e mi squadra. Che vuole? Si avvicina ancora. Oh maledizione, fa che non sia questo il suo posto!

Butta il borsone con facilità sopra la mia testa, provocando una folata gelida. Mi stringo le braccia al petto e ritraggo le gambe per il freddo. Maledizione! Credo di avere il raffreddore, ho brividi continui. Quel ritardo, mi costerà una polmonite. Avrei dovuto avvisare i miei genitori del mio ritorno e farmi venire a prendere, ma volevo evitare la limousine sotto l'aeroporto. Odio dare troppo nell'occhio e loro... loro lo avrebbero fatto di sicuro.

Si siede sul sedile di fronte lasciandosi ricadere come un sacco pieno di pietre, facendo spostare di nuovo l'aria.

Treni regionali del cavolo, non hanno nemmeno il riscaldamento funzionante!

Fisso lo sguardo fuori dal finestrino, rimanendo rannicchiata per i tremori continui, che sembrano proprio non voler cessare, fino a quando lo sfattone appena entrato non ha la brillante idea di aprire la finestrella.

-Puoi chiudere, per favore?- Dico prima che si risieda.

Quest'idiota si è accorto che siamo a Marzo? Avevo quasi dimenticato il tasso di umidità che c'è a casa. Peggio della nebbia del nord, fa puzzare ogni cosa di umido, non che questo treno possa dare la colpa all'umidità per la puzza di lercio che emanano i sedili.

Se Respiro Troppo, mi accorgo di essere vivoWhere stories live. Discover now