Portami fortuna

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Che diavolo ci faccio nella macchina di questo tizio, non lo so nemmeno io. Credevo che pagarlo sarebbe stato più che sufficiente, invece mi ha chiesto di uscire con lui. Perché ho accettato?
Forse l'ho fatto perché un po', pensandoci bene, mi sentivo in colpa per averlo umiliato con il mio comportamento, ma ero in buona fede e credevo davvero di fargli un favore, invece del classico "Grazie e a buon rendere!".
Per un momento sono tentata di dirgli di lasciarmi andare, che voglio tornare dai miei amici, ma poi lui rompe il silenzio imbarazzante che si è creato.

-Allora, mi dici come ti chiami?- Mi guarda sorridente e le sue labbra piene si incurvano da un lato, mostrando la linea bianca dei denti, poi torna a puntare la strada e qualcosa scintilla sul suo profilo fra l'attaccatura dei capelli e la guancia. Aguzzo la vista e noto un piercing Trago argentato sull'orecchio destro.

-È interessante?- Lo sento dire.

-Cosa?

-Quello che guardi- Mi volto verso la scia di asfalto come se sono stata colta in flagranza di chissà quale reato -Non ti hanno mai detto che non è educato fissare?

Un risolino isterico schizza fuori dalle mie labbra -Rapire le persone invece è consentito dal tuo galateo?

-Non usare parole da borghesina in questa auto, Betty non regge le parolacce!- dice con un'espressione seria in viso, tanto da farmi preoccupare.

Non siamo soli? Se l'altro tizio si nasconde non hanno buone intenzioni!

-E chi sarebbe Betty?- Ho paura della sua risposta.

-È lei Betty!- Accarezza il cruscotto con delicatezza e sorride come un angelo.

-È peggio di quanto pensassi- Sussurro, cercando il mio telefono nella borsetta. 

Devo mandare un messaggio ad Eleonora e sperare che la polizia mi trovi ancora viva.

-Dai, bambina, sto solo scherzando!- Lo guardo dubbiosa -so che la macchina non può rispondermi- continuo a non fidarmi e lo osservo attentamente, sperando che non sia uno di quei maniaci con la doppia personalità dall'indole assassina, che sbuca fuori all'improvviso. 

Lo so già, non dovevo entrare. Me lo sentivo, un viso come quello su un corpo come il suo dovevano pur avere un difetto e lui forse è semplicemente folle, però devo ammettere che un po' mi rilassa la sua presenza, come se oramai lo considerassi un salvatore e non un carnefice. E pensare che mi ci sono cacciata da sola nei guai. Fisso il guardrail illuminarsi con le nostre luci al led azzurre e quasi mi arrendo a quella situazione.

-Allora, come ti chiami?

-Sabrina- dico mentendo spudoratamente e stringendomi la piccola clutch marrone tra le mani, sperando che quel gesto non gli lasci capire che ho dato un nome falso. In fondo non ho motivo di fare amicizia con lui, io voglio solo sdebitarmi e forse ho solo colto l'occasione giusta per fuggire dalla vita reale. Tornare in questo luogo è soffocante, casa mia è soffocante, le persone che ci vivono dentro sono terribilmente soffocanti e io devo ancora abituarmici di nuovo. Non credevo mi sarebbe mancata la famiglia in affitto che ho avuto per lo scambio culturale, in fondo la mia vera famiglia non mi è mancata per niente in quei mesi. Mi è mancato Romeo, ma lui oramai non vive più con noi e non può più aiutarmi a convincere i nostri genitori a farmi vivere come una comune ragazza del ventunesimo secolo.

-Non essere nervosa- mi dice, tornando a guardare l'asfalto e riportandomi indietro dai miei pensieri -voglio solo che tu sia il mio portafortuna.

Lo fisso confusa. Che ha in mente? Non sono mica uno di quei ciondoli che vendono sulle bancarelle indiane in centro, come posso portargli fortuna? Perché non si fa benedire da qualche prete o magari può comprare un ferro di cavallo e portarselo legato alla cintura, quello sì che è un portafortuna!

Se Respiro Troppo, mi accorgo di essere vivoWhere stories live. Discover now