Solo io

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-Ciao Beppe, buonasera! - dico al custode prima di attraversare il portone d'ingresso della mia casa in affitto.

Il vecchio uomo dai capelli bianchi e l'indimenticabile berretto verde militare solleva la testa oltre la rivista di caccia e mi lancia un sorriso benevolo. 

-Ben tornato, ragazzo. Finalmente ti fai vivo. Ho pensato che tu avessi cambiato casa. - ironizza. E' l'unico uomo fissato con quello sport che conosco e contrariamente a quanto credevo è disponibile e discreto. Almeno con me. Ho dovuto chiedere il suo aiuto diverse volte per togliermi dai piedi qualche scocciatura appiccicosa che non aveva ben chiaro il significato della frase "ci si vede in giro, è stato un piacere conoscerti". 

- Se mai succedesse, dovrai prestarmi la macchina, nelle mie non entra nemmeno una valigia. - lo punzecchio. E' uno dei pochi che capisce il mio amore verso Betty.

-Per chi hai preso la mia Rose, per un camion dei traslochi forse? - si finge piccato.

-No vecchio mio, se io toccassi la tua Rose, sarebbe lei a non voler mettere più in moto sotto le tue vecchie mani! Ci si vede - lo lascio brontolare oltre il vetro della tromba delle scale.

-Mascalzone! - sorride rimettendosi a leggere.

Forse Beppe è ciò di più vicino a un padre che io abbia mai avuto. Mi riprende quando capisce che sto per fare una cazzata, e non so' come fa' a capirlo, ma ci riesce.

  Rientro nel mio appartamento universitario che è già sera tardi, ho passato tutta la giornata in giro, nel mio paese natale, e ora, tornato a Lecce, l'unica cosa che voglio è sprofondare nel letto, lasciandomi avvolgere dal suo calore.

Mi dirigo verso la mia stanza, lanciando un'occhiata a quella del mio coinquilino. La sua porta è chiusa e a giudicare dal disordine che c'è lungo il corridoio, non deve essere da solo. Raccolgo da terra un piccolo fazzoletto di stoffa che è sotto la sua porta, proprio accanto alla mia, e lo scruto con attenzione. Il tessuto rosso è quasi inesistente, ma risalta sul marrone scolorito del pavimento rigato; lo lascio ricadere a terra, la proprietaria di quello slip ne avrà bisogno domani mattina . 

Varco la soglia della mia camera e mi lascio cadere sul letto esausto. La rete scricchiola rumorosamente, ma io non ci faccio nemmeno più caso. Sono esausto, non dormo da ventotto ore e, come se non bastaste, il Vecchio mi ha chiamato. Mio padre aveva detto di avere una questione importante di cui parlarmi.

Maledetto bastardo! 

Dopo il crack finanziario della sua azienda ha bisogno di soldi per soddisfare i capricci della sua costosa bambolina e vuole che siamo noi a pagare i suoi conti. Quello che non ha capito è che mio nonno non gli permetterà mai di mettere le mani sul suo patrimonio.

Mi poggio una mano sul viso cercando di scacciare quei pensieri e quella sottospecie di uomo dalla mia mente.

E pensare che avevo per un attimo creduto che lui volesse vedere me. Che magari gli fossi mancato. Che volesse recuperare il nostro rapporto. Tsk, quale rapporto?

Era andato via quando avevo sei anni e mia sorella Ines solo un anno. Aveva abbandonato una donna e due bambini senza neanche una fonte di sostentamento dopo aver distrutto i rapporti tra mia madre e mio nonno, dopo aver mandato in rosso il nostro conto e aver fatto a stracci la nostra reputazione, tutto per una ragazzina siliconata che credeva di aver trovato un pollo con i soldi. In effetti era vero, ma non aveva considerato i vizi di mio padre sul gioco d'azzardo. Un'altra cosa su cui era solito azzardare erano i titoli azionari su cui puntare. Bé, aveva perso. In fin dei conti il significato di azzardo è rischio, e il rischio implica anche la sconfitta a volte e mio padre ne è uscito sconfitto.

Se Respiro Troppo, mi accorgo di essere vivoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora