La Diga parte seconda

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Resto ferma e buona dove sono e osservo tutti loro estraniarsi completamente dalla realtà, per immergersi in una nuova, alternativa, quella in cui esistono solo loro quattro e nessun altro. Solo loro e le loro fiches. Li guardo giocare e dire frasi o parole senza senso. "Vedo","Passo", "Full", "Colore", cosa diavolo vogliono dire? Anche a Poker abbinare i colori nel modo giusto è trendy? La logica sarà pendant o il contrasto? Non capisco perché uno perde le sfere colorate e l'altro invece le ingloba alle sue, ma il fruscio che la carta provoca scivolando sul tavolo liscio è quasi ipnotico e poi il profumo intenso di Daniele mi stordisce. Mi sembra di conoscere la sua fragranza, ma non riesco a ricordarne il nome.

I bicchieri di tutti i giocatori vengono riempiti non appena si svuotano, tutti tranne il nostro, perché quello resta sempre lì nello stesso punto, come se nemmeno esistesse. Dan non beve, è completamente immerso in un mondo che non riesco a comprendere; passa diverse mani, a volte sembra di aver deciso di non giocare quel giro già prima di vedere le proprie carte, sembra più impegnato a osservare i suoi avversari che a giocare davvero, e dal momento che trovo sia davvero uno spreco che lui non beva ciò che gli offrono, decido di farlo io. Ho sete e poi me lo ha chiesto lui. Lo afferro e lo butto giù d'un fiato, ma me ne pento un secondo dopo. E' orribile e brucia in gola come se fosse un sorso infuocato. Rilascio il bicchiere schifata, facendolo risuonare con forza contro il tavolo scuro e parte del liquido rimasto cade sul legno rigato, lasciando un'appiccicosa mezzaluna lucida.

-Vacci piano, non fa per te quella roba- La sua voce è un sussurro basso e incolore, non mi guarda ma è capace di tenermi d'occhio e io non so come ci riesce, ma lo sento. Lui mi osserva. --E' il tuo momento, Dea . - Mi informa e avvolge le mie mani nelle sue. All'improvviso sembro esserci anche io seduta a qual tavolo e quelle parole sembravano l'invito che forse stavo aspettando per entrare nella loro dimensione e farne parte. Sorrido senza nemmeno accorgermene e punto lo sguardo al centro, sul legno, dove tra poco ci saranno le carte, dove fra poco avrò l'occasione di cimentarmi in qualcosa di nuovo. Sento l'ansia solleticarmi dolcemente lo stomaco e farmi sentire euforica. Mi piace quella sensazione. Mi piace quella situazione e non voglio smettere. Ora in parte forse capisco cosa prova, ed è bellissimo, riesce a farmi sentire... viva. L'ansia, l'adrenalina e la paura si mischiano insieme e mi fanno persino tremare le mani già sudate, un fremito piacevole, quasi una vibrazione di sottofondo, che ogni muscolo del mio corpo riesce a percepire nitidamente e più lo sento più ne voglio. E' come il brivido sottopelle che si prova prima di lanciarsi nel nulla, perché in effetti è proprio come in quell'attimo, non so proprio niente di ciò che accadrà.

Un tizio in piedi vicino al tavolo non dice niente, ha un mazzo di carte in mano e inizialmente non capisco cosa ci faccia lì. Osserva tutti e aspetta, ma dopo il primo giro tutto mi è chiaro. Lui in fondo è la chiave. Grazie a lui nessuno gioca sporco. L'uomo neutrale, il crupier. Avrei dovuto capirlo prima, ma di solito chi ricopre quel ruolo ha una camicia, un gilet e una papillon, mentre questo tizio ha un jeans sgualcito e una maglia nera in jersey, che lo fanno sembrare più uno spacciatore che l'unico uomo onesto in un tavolo di attori.

Le carte si fermano da sole di fronte ad ogni giocatore. Tutti afferrano le proprie, le sbirciano lentamente come se nessuno al mondo dovesse vedere il disegno sotto quel foglio plastificato blu elettrico. Il tizio dagli occhi sbiaditi e la maglia marrone dice "passo", mentre il grassoccio e il pelato "vedo", Dan fa lo stesso e la posta in gioco si alza.

Quando tutti dicono qualcosa lui gira tre carte e la storia si ripete. I dischi rossi al centro del piatto si mischiano a quelli neri e a qualche viola. Fanno un altro giro e il montepremi cresce. Appena l'ultima carta viene girata il tipo grasso butta le sue al centro, impreca e sbraita come se fosse appena uscito fuori di testa. Lascia che la sedia su cui era seduto si ribalti a terra, ma nessuno pare scomporsi a parte lui, quando tutte le fiches del piatto vengono avvicinate a quelle dell'uomo pelato con gli occhiali. Guardo Daniele, lui lo fissa serio e non fa nemmeno un cenno.

Se Respiro Troppo, mi accorgo di essere vivoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora