Incontri II

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Un attimo di silenzio precede la risposta dall'altro lato del microfono. Ho il sentore che ci sia qualcosa di strano, un dettaglio sfuggito per un attimo al pensiero razionale e come per un maledetto incubo nel cuore della notte comincio a sudare freddo.

-Sabrina, sei tu?- la voce dall'altra parte mi trascina alla realtà con una forza disarmante che mi fa tremare le mani e mi blocca le corde vocali.

Un pizzico alla gola rischia di farmi strozzare con la mia stessa saliva e mi costringe a schiarirmi la voce.

Lo sento sorridere per il mio silenzio imbarazzante e poi per il mio quasi suicidio e divento paonazza.

-Non credevo lo avresti fatto davvero - dice.

-Cosa? -dico finalmente mentre ancora tossicchio.

Se avessi continuato a restare zitta sarei sembrata anche più patetica di quanto già non mi ero mostrata strozzandomi.

-Chiamarmi in una brutta giornata in cui ti senti persa e sola - replica divertito.

Cominciò a camminare avanti e indietro nervosamente, attirando lo sguardo preoccupato dei passanti. Devo sembrare pazza, ma non riesco a trattenermi. Devo pur scaricare l'imbarazzo in qualche modo e ringhiare silenziosamente contro lo schermo luminoso non sembra abbastanza.

Fortunatamente non è qui o vedrebbe anche le mie guance andare a fuoco. Mi succede sempre quando sono sotto pressione e odio non avere il controllo del mio corpo.

-Dove sei?

-Da nessuna parte! - strillo. Devo chiudere.

-Interessante. E come ci si arriva? - Lo sento sorridere.

-Col traghetto dal Casale. -

Maledizione! Stupida!

-Sei in centro? - Lo sento dire e comincio a mulinare su me stessa come una trottola impazzita mentre continuo a imprecare con il telefono lontano dall'orecchio.

Non è da me. Né imprecare, né perdere il controllo per uno sconosciuto. Non è da me. Mantieni il controllo, Sabina.

-Pronto? -urla lui dall'altra parte.

Prendo un profondo respiro e riporto il telefono all'orecchio, cercando di darmi una calmata camminando dritta lungo i confini del porto. Evito ogni sguardo curioso che mi lanciano i passanti e fingo una calma titanica che non ho mai posseduto.

-Ho sbagliato numero, Daniele, scusami ma devo andare. - E prima di riuscire a sollevare il viso sulla strada e chiudere la conversazione, sbatto il muso contro qualcosa di grosso e duro. Il rumore metallico mi risuona nelle orecchie. Per un momento mi sento solo stordita, poi la sensazione di bruciore arriva all'improvviso e il dolore pungente mi fa salire persino le lacrime agli occhi.

Un palo della luce, ho preso in pieno un maledettissimo palo della luce!

-Caz...

Mi blocco, ricordando le regole sulla buona educazione per una giovane signorina che cercava di inculcarmi la nonna da bambina: Niente parolacce, non sta bene!

E sia, cara nonnina!

-Sempre con la testa per aria, bambina?

Oh cazzo!

La voce non proviene dal cellulare ma dalle mie spalle.

Scusa nonna, ma tu non hai conosciuto questo tipo!

-Tu invece sei sempre tra i piedi, Dan?- Mi massaggio la fronte dolorante e cerco di cacciare via le lacrime che mi pendono sulle palpebre - ma tu non studi mai?

Se Respiro Troppo, mi accorgo di essere vivoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora