Estranei in casa mia

77 9 48
                                    

Non c'è niente di più brutto della mattina. Non intendo tutte le ore della giornata che compongono quella parte del dì, ma del primo secondo in cui il tuo cervello realizza che è già arrivata.

Mi sollevo dal letto con un unico colpo di reni e cerco il coraggio per aprire le palpebre.

Cazzo, ho lasciato le persiane aperte ieri notte e ora i raggi del sole inondano la mia stanza, torturando i miei poveri occhi. Il bruciore è insopportabile, forse ho dormito poco o magari è solo colpa della genetica. Odio averli chiari, sono terribilmente sensibili.

Li strofino con i pollici e poi li apro, non dimenticandomi di tenerci il palmo vicino per proteggermi. Sembro uno di quei protagonisti dei film sugli angeli, dove c'è un tizio che cammina in un lago di luce e lotta contro il bagliore accecante, solo che io so benissimo di non essere sulla strada per il paradiso. Sono certo che mi ci annoierei. No, io non sono fatto per il paradiso, preferisco vivere il mio personale inferno.

Mi avvicino alla finestra e tiro giù le tende blu che mia madre mi ha spedito appena è venuta a conoscenza del mio indirizzo, poi appena il bruciore agli occhi sembra diminuire, mi avvio verso la cucina, dove sono sicuro di trovare la cura per il mio malessere. L'unico "medicinale" che riesce a guarire ogni mio male appena sveglio, senza bisogno di alcun principio attivo particolare se non la caffeina.

Il tragitto dalla mia camera alla macchina del caffè non è lungo, ma di sicuro è tortuoso e pieno di ostacoli vista la mole di roba sparsa sul pavimento. Possibile che sia stato io ieri sera? Ero stanco e ho incominciato a tirare via i vestiti di dosso non appena ho sentito lo schiocco della serratura avvisarmi di essersi aperta.

Schiaccio una scarpa da ginnastica e quasi non rotolo sul pavimento; mi aggrappo al muro senza fare rumore e striscio i piedi per terra per evitare di inciampare in qualcos'altro. Finalmente raggiungo la cucina ma resto impalato sotto la porta quando mi rendo conto di non essere solo.

La piccola figura si aggira silenziosa per la minuscola stanza, arrotolata in un grembiule colorato e con i capelli legati in una corta coda di cavallo; sistema dei vestiti sul divano a due posti dalle stampe fiorate posto appena sotto la finestra, e dal profumo di detersivo che infesta l'aria, credo li abbia appena tirati fuori dall'asciugatrice. Mi appoggio allo stipite della porta, sorreggendomi sull'avambraccio per gustarmi la disgustosa scena che ho di fronte. La bassa donna mora mi da le spalle ed è così presa dalle sue faccende da non avermi sentito arrivare. Il forno datato ficcato sotto la componibile produce un piccolo rumore, molto simile a quei campanellini che alcuni padroni sadici attaccano al collo del proprio gatto, rischiando di farlo impazzire, e lei scatta sull'attenti; si avvicina al rottame che probabilmente ha più anni di quella canaglia di mio nonno e, con mia grande sorpresa, appena lo apre ci vedo una torta all'interno. Caspita, non credevo funzionasse. Probabilmente l'ultima volta che è stato usato, il muro di Berlino era ancora lì a cingere la capitale teutonica.

-Ma che brava mogliettina!- Mi lascio sfuggire.

Denise scatta in piedi spaventata e mi lancia uno sguardo disgustato appena capisce chi ha di fronte.

-Ciao, Dan- ritorna a guardare nel vecchio forno con interesse, ignorandomi.

Mi siedo al tavolo rotondo che usiamo per pranzare e mi stravacco sulla sedia.

-Quando vuoi, cara, puoi fare il caffè- la stuzzico divertito, attirando la sua attenzione.

La piccola mora richiude il forno, poi si volta totalmente nella mia direzione e incrocia le braccia al petto.

-Non è per te ovviamente!

-No?- mi fingo risentito- perché? Ne voglio solo un pezzo! Sai che Alessio non ama i dolci, quindi perché sprecare la torta fatta dalla sua cameriera personale?

Se Respiro Troppo, mi accorgo di essere vivoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora