I live because I can't die

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l'amore sboccia nei posti piu insospettabili. Capita sugli autobus, sui treni, mentre attraversi la strada mentre fai compere, mentre mangi un gelato.. Capita cosi, gli occhi si incontrano e si sorridono e i cuori si legano come se fossero sempre stati uniti, come se fossero nati insieme e separati dopo. E poi oltre ai cuori sono le labbra a volersi unire, poi le mani, poi i corpi fino all'intera anima. Si diventa uno, che meraviglia l'amore. Fondersi con un altro fino a non sentirsi piu unico, ma parte di qualcosa di piu grande.

Accade in una mattina di maggio, mentre gironzolavo solo per la città, depresso, il lavoro andava male, l'amore peggio. La mia vita scorreva inesorabile avanti senza che io lo avessi veramente voluto, sentivo di sopravvivere senza vivere. Sentivo solo lo scorrermi degli eventi sulla pelle senza che io ci partecipassi davvero. Sentivo di essere passivo e indifferente a tutto, sentivo che niente poteva emozionarmi, sentivo che niente avrebbe potuto farmi uscire da quella quotidianità diventata così soffocante da essere insopportabile. Eppure la vita mi era così stretta da essermi abituato a quella esistenza a metà.

Pensavo perfino di potermela cavare. Ma chi può cavarsela facendo i conti con l'infelicità? Ero infelice e quando si è infelici fa paura ammetterlo, perchè si dovrebbe ammettere di dover fare qualcosa, e il far niente è sempre troppo dolce. L'infelicità dovrebbe essere comabattuta, affrontando i problemi, si dovrebbe reagire, prendere l'iniziativa, decidere. Non sono mai stato pronto per questo passo, e mi crogiolavo nel mio brodo, restando fermo. Non facevo niente, non volevo niente e al contempo volevo tutto. Non mi aspettavo niente da nessuno eppure attendevo sempre, attentevo l'evento che mi avrebbe cambiato eppure c'era la possibilità che se questo fosse arrivato lo avrei respinto per paura. Ero così, volevo vivere ma mi spaventava, volevo ribellarmi alla quotidianità ma mi accorgevo che le regole erano comode, che la mia aerea di confort era sicura. Volevo la sicurezza e la paura faceva per l'appunto troppa paura. Mi dicevo che sarebbe stato questione di tempo, che dovevo attendere che il coraggio venisse fuori, davo colpa all'età. Ma sapevo che avrei sempre temuto cio che mi rendeva felice. Avevo paura della felicità, come dell'infelicità. Rimanevo fermo, in bilico, sul filo, non cadendo e non restando in piedi, in stasi, lasciando che la vita mi scorresse tra le mani.

La stanchezza di vivere e la paura di morire. Me le figuravo cosi, su quella panchina nel parco comunale, mentre il sole mi sfregiava il viso, avrei rischiato di uccidere le fibre della mia pelle bianchissima. Avrebbe fatto male ma in qualche modo la luce mi faceva sentire piu vivo.

Guardare il vento che muoveva le foglie mi rilassava, dovetti pero abbassare le palpebbre. il sole si faceva troppo forte.

La morte e la vita mi comparvero ancora d'avanti.

Valeva la pena continuare? Mi ponevo domande non riuscendo ad essere sincero nemmeno con me stesso, ero ipocrita anche mentre pensavo. Non avrei mai avuto la forza di mettere fine alla mia vita, perchè significava cambiare e io non avevo coraggio per farlo.

Il parco era stranamente freddo, isolato, vuoto. Nessuno che gironzolava, nessun bambino che giocava a palla, nessuna coppia appartata, solo io e me stesso. Solo me e i miei pensieri.

Anche il vento aveva smesso di soffiare e nell'aria c'era odore di solitudine. Non c'erano suoni e pensai che anche i grilli avessero smesso di cantare tristi almeno quanto me.

Poi un suono, anzi no, una voce.. angelica e stridula come quella di un bambino che intonava canzoni dolci come lo zucchero filato. Quel suono mi si attaccò alla pelle facendomi venire brividi lungo la spina dorsare.

"if I have a dream, it flyes away.."

Cercai disperatamente da dove provenivano quelle parole. Una sensazione di benessere mi si accese nel petto, sollevai il capo come se stessi ringraziando qualcuno nel cielo.

Image #btsWhere stories live. Discover now