Follia

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"Min Yoongi, 24 anni nato a Seul nel 1993, cresciuto nella periferia della città, arrestato due volte pe furto, una per spaccio, ora sei qui per un tentato omicidio, accusato di aver sparato park Jimin e suo padre. Il primo per difenderlo, si è parat davanti alla pistola beccandosi una pallottola allo stomaco. Un curriculum di tutto rispetto. Rischi di farti parecchio, parliamo di 20 anni."

Il ragazzo continuava a mantenere un sereno mutismo e l'agente iniziava ad innervosirsi. I  suoi nervi stavano per scattare contro quel visino pallido e contro quella bocca ermeticamente chiusa. Il silenzio regnava sovrano e stava tentando da tanto di cavare un ragno dal buco con quel ragazzo ma sentiva che stava girando a vuoto.

"Eppure io non ci credo."

Yoongi non dava segni di vita, manteneva un drammatico sguardo basso, osservandosi le mani spigolose e curate, da pianista. I polsi tagliati e feriti risaltavano. Non ci voleva un genio a capire che il ragazzo aveva tentato il suicidio oppure era solo un autolesionista? Le cicatrice bianhe e rosate contornavano quelle vene bluastre, tanto che al poliziotto fecero impressione. Ne aveva viste di cicatrici ma quelle sembravano piu sofferte, come se in qualche modo il bruciore del taglio lo avesse colpito, come se non solo quelle ferite fossero aperte, ma fossero anche contagiose, come un morbo, come un virus cerebrale e incurabile.

"Eppure io non ci credo." ripeteva più a se stesso che al ragazzo. Continua a fissarlo turbato, come se volesse scoprire i segreti del mondo su quel viso pallido e in quegli occhi ghiacciati di madreperla. Come se volesse leggergli dentro, ma c'era un muro, stranamente poteva vederlo dietro le iridi scure, così spesso e impenetrabile. Il poliziotto sentì freddo improvvisamente, un tremore che veniva da dentro, come se quel ragazzo lo stesse congelando con la sua indifferenza e il suo dolore. Lo sentiva sulla pelle quello stato d'ansia e terrore. Lo sentiva come se lo stesso colpendo con un macete. Quel ragazzo rassegnato e triste era terrorizzato, ma non lo mostrava.

"Cosa vuoi fare da grande Min Yoongi?. Se me lo dici ti posso aiutare. So che le cose non sono andate come la signora Park racconta. Lo sento. Il mio istinto mi dice che sei innocente, e io non sbaglio mai. Ma ho bisogno che parli, che dai una tua versione dei fatti, altrimenti morirai qui dentro."

Min Yoongi non parlava, ma alzò almeno lo sguardo.

"Come sta Jimin?" Ecco l'unica cosa che domandava in quei rari momenti in cui l'aria fuoriusciva dalla sua gola. Park Jimin, l'unico pensiero che aveva.

"Sai che non possiamo dati questa informazione, la madre ce lo ha vietato."

"Potrebbe essere morto per mano mia."

"Certo potrebbe"

Yoongi chiuse gli occhi come se qualcuno lo avesse accoltellato, si richuse nel suo silenzio.

"Lei ha mai amato veramente? Così tanto che il cuore sembra spezzarsi e ricucirsi da solo?, Amato al punto di morirne, di soffrirne perchè fa male anche solo pensare di smettere di amare così tanto? Ha mai amato sua moglie con la paura che tutto potesse finire da un momento all'altro, ha mai pensato di uccidere per difendere quell'amore che già sapeva sarebbe destinato a finire? Ha mai amato con il costante pensiero di non meritarlo per niente? Ha mai amato così tanto da aspettare impaziente il giorno della fine con l'unico pensiero di porre fine anche a se stesso nello stesso momento o qualche attimo dopo? Sa, ho provato tutto questo e se mi dice che Jimin è morto le giuro su tutto ciò che avevo che lo seguirò con la stessa velocità, le prometto una morte sofferta, le prometto di spararmi allo stesso punto di Jimin, le prometto che continuerò a perdere sangue finchè non ne sarà rimasta nemmeno una goccia, le prometto che mi lascerò dissanguare e le toglierò questo altro pensiero. Mi dica soltanto che lui è morto e morirò anche io."

Image #btsWhere stories live. Discover now