11.

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Quattro giorni dopo.

Sono tornato a Napoli. Non faccio altro che pensare a quella mattina quando lo vista. Quando si è lasciata andare tra le mie braccia. Quando i suoi occhi dopo tanto tempo mi guardavano e chiedevano amore. È scappata. Non so da che cosa. Io non amo Carlotta. Non sono innamorato di lei. È solamente una frequentazione di sette mesi e qualcosa in più.
Siamo al bar vicino a casa sua. Lei beve il suo caffè non mi guarda neanche due minuti in faccia. Sa che sono stato a Roma per radio due che in fondo è la verità ma la minima. Lo tradita e non me ne pento. Quando tradisci una persona dovresti sentiti un minimo in colpa. Invece qua no.
«Lele ci sei?»
«si scusa dimmi»
«a cosa stai pensando? È mezz'ora che ti chiamo»
«no niente è che sono un po' stanco. »
«ultimamente lo sei sempre. Forse è la preparazione al tour che ti porta questo?» mi chiede accarezzandomi una mano.
«sicuramente Carlotta»
«certo. E che il tuo lavoro è proprio difficile. Come fai a gestire tutte quelle ragazze che ti vanno dietro»
«le ragazze non mi vengono dietro. Semplicemente credono alla mia musica»
«capisco.»
Il mio iPhone vibra sul tavolino. Vedo un numero sconosciuto. Saranno quelli della Vodafone o comunque qualcuno per pubblicità. Decido di lasciar correre. Smette di suonare. E poi risuona. Rispondo.
«Pronto?»
«Lele sono Priscilla. Non chiedermi come ho avuto il tuo numero. Io sono a Barcellona. Elo è con rosa in ospedale»
«che stai dicendo?» dico allarmato.
«Lele non posso spiegarti per telefono. La questione è delicata. Io sto per prendere l'aereo. Non so a che ora arrivo. Tu potresti prendere il treno. Devi andare da lei, tra poco la operano»
Elodie. Ospedale. Operano. Ma che cavolo sta dicendo? È ubriaca.
«priscilla non scherzare su ste cose!»
«ti pare che scherzi. Non ti avrei nemmeno chiamato. So che la ami. So che siete stati insieme l'altro giorno. Sali a Roma te ne prego. Ha bisogno di te.»
«Ok ok. Stai tranquilla adesso salgo. »
«grazie» chiude la chiamata. Sono scioccato. Per poco non prendo un infarto. Prendo di fretta le chiavi dal tavolo. Carlotta mi guarda. Io non so che dire. Devo solo andare.
«lele dove vai? Ti pare modo? Chi era al telefono?» mi urla dietro.
«Carlotta devo andare. Non posso restare ancora qua. Scusami.. per tutto»
«tutto cosa??? Leleeeee» tutti i passanti si girano. Non ho tempo da perdere adesso. Quando capirò delle cose pure io potrò dare spiegazioni. Adesso Elo è la cosa più importante. Passo a casa chiedo a mio padre di portarmi in stazione. Tutti mi fanno domande. Ma non rispondo. Respiro. Prendo il treno.
Dopo un ora e mezza arrivo a Roma. Spero non sia ancora entrata in sala operatoria.

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