4. Tottenham

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<<Dai su raccontami>> mi esorta Gonzalo, mentre siamo sul volo diretto a Londra per il ritorno di Champions con il Tottenham.
Mi metto comodo e non posso fare a meno di sorridere come un ebete: la fortuna gira di nuovo dalla mia parte e non posso che esserne contento.
Artemide ed io non facciamo altro che sentirci, non appena entrambi abbiamo un momento libero; quando posso, a fine serata, se ha il turno al bar vado a trovarla per passare qualche momento con lei. È così bello stare in sua compagnia e ho scoperto che mi diverto a infastidirla, ogni tanto, mentre passa tra i tavoli.
Sospiro <<Non so da dove cominciare Gonza, ci sono così tante cose che non ho avuto tempo di raccontarti in questo delirio>> dico dispiaciuto.
Con il derby, poi il rinvio della partita con l’Atalanta e la preparazione per questa partita, abbiamo avuto veramente poco tempo da passare assieme, magari con un mate.
<<Inizia da dove vuoi, non credo serva un filo logico>> ridacchia e mi da un colpetto con la spalla.
Mi mordo il labbro, indeciso <<Quella serata è stata bellissima, l’ho portata nella pasticceria dove prendo le torte per i compleanni. Abbiamo parlato tantissimo, dei miei fratelli, di Federico, dei suoi studi, dell’origine del suo nome. Non mi ha chiesto, nonostante sia una tifosa, perché non sto brillando in questo periodo, mi ha solo dato fiducia, ad occhi chiusi. Poi l’ho riaccompagnata a casa e lei, per non farmi prendere un raffreddore visto che avevo ancora i capelli bagnati, mi ha dato una cuffietta che Federico non mette mai>> mi fermo per riprendere fiato.
Lui alza gli occhi al cielo <<Tu e il tuo viziaccio>> borbotta <<Ecco perché non la togli mai>> osserva divertito <<Dai, vai avanti>> fa cenno con la mano.
Di nuovo il sorriso ebete <<Ci sentiamo tutti i giorni, le mando il buongiorno o lo manda lei, perché solitamente si sveglia prima di me. Mi augura buona fortuna per le partite, quando non entro non mi riempie di parole compassionevoli come tutti gli altri, mi dice solo di avere fiducia nei miei mezzi e che il momento arriverà. Al ritorno da Roma sono andato al suo bar, sapevo facesse la chiusura, e lei mi è praticamente saltata in braccio felice per quel gol, felice per me, capisci?!>> gli chiedo alla fine concitato.
Lui annuisce ridendo <<Decisamente voglio conoscerla>> afferma <<Se ti fa così felice ed esplosivo devo assolutamente conoscerla, mi piace già>> mi sorride fraterno.
Alzo le spalle <<Piacerebbe anche a me, ma è impegnata con lo studio e con i turni al bar e ricorda che se domani va bene noi saremo ancora più impegnati>> gli faccio notare.
Lo vedo riflettere <<Facciamo così, una specie di scommessa>> mi faccio attento <<Se domani sera segni, al di là di come finirà la partita in sé, organizzi una cena. Al contrario, casualmente mi troverò a far colazione in quel bar che sembra piacere a tutti>> propone.
Ci penso su un attimo e poi gli stringo la mano: probabilmente sarà lui a dover andare al bar, non credo che domani sarà la mia sera.
La prima cosa che faccio appena scendiamo dall’aereo è vedere se ci sono suoi messaggi: alla fine abbiamo convenuto che è meglio avere i rispettivi numeri, anche perché mi arrivano una marea di direct che a volte dimenticavo di risponderle.
Infatti, ho un paio di messaggi suoi: mi ha mandato la foto di uno dei romanzi che deve leggere per un esame, con l’aggiunta di una domanda “Ma davvero voi sud americani leggete ‘sta roba? Ho impiegato meno a studiare la Divina Commedia”.
Scoppio a ridere, adoro quando mi manda messaggi deliranti mentre studia: la rendono vera, non lo so, è qualcosa che non so spiegarmi. So che quelle sono le sue vere azioni, che non pondera niente, come se invece di Paulo Dybala dall’altra parte ci fosse un qualsiasi suo collega di università magari.
Miralem mi si avvicina <<Il motivo di tanto divertimento?>> mi chiede confuso.
Scuoto la testa <<Solo il messaggio di un’amica>> rispondo sorridendo.
Il suo sguardo si fa malizioso <<Non dirmi che Dybala ha colpito ancora>> mi fa gomito.
Lo spingo leggermente <<Ma smettila>> ridacchio <<E’ una ragazza che mi ha fatto un favore e con la quale ho instaurato un bel rapporto nelle ultime settimane>> spiego vago.
<<Ragazza?! Che fai, il latin lover adesso?>> Douglas si aggrega a noi.
<<A quanto pare>> gli risponde il bosniaco.
Sbuffo <<Ehi, comari, sono qui>> gli faccio notare <<E’ un’amica… con cui mi trovo bene>> dico cercando di essere il più sincero possibile, ma rimanendo sul vago.
Entrambi mi guardano poco convinti, poi sembra che il numero cinque abbia avuto l’illuminazione del secolo <<Ma è la tipa col nome strano? Aspetta, come l’aveva chiamata Federico? Ma dov’è quando serve?!>> borbotta stizzito.
Ridacchio, tanto vale ormai, sarebbe capace di chiamarlo e Berna farebbe da terza comare <<Artemide, si chiama Artemide>> rispondo alla fine.
Doug è perplesso <<Che nome particolare>> mormora <<Mi ricorda qualcosa, ma non ricordo cosa>> alza le spalle come se non fosse importante.
Lascio che Miralem gli risponda, credo che nemmeno lui ricordi a cosa si riferisce; io, intanto, rispondo al messaggio di Mida “Dovrei chiedere a mia cognata, è lei quella appassionata di romanzi. Forza e coraggio, però, andrà alla grande questo esame” le scrivo per farle forza.
Nel frattempo quei due matti stanno ancora cercando di capire a cosa si riferisca “Artemide” <<Era una dea greca, dea della caccia, delle iniziazioni femminili e protettrice della verginità e di un’altra cosa che non ricordo e credo di altre cose. La identificavano anche come la personificazione della Luna o una cosa del genere>> rispondo distrattamente, leggendo la risposta di Mida.
Continuo a camminare, incurante delle loro facce stupite e di quelle di mezza squadra, concentrato sulla sua proposta “Se a maggio lo passo con più di venticinque mi offri una cena, diversamente vieni da me e Fede e ti gusti una cenetta delle mie”; sorrido, sicuramente prenderà di più “Andata, tanto vincerò io, ma vedrò se portarti a cena o fare qualcos’altro” invio senza pensarci, poi spaventato aggiungo “Non fraintendermi, non intendevo quello”.
<<Paulo?>> mi chiamano sconvolti.
Mi giro con un sopracciglio alzato <<Cosa?>> chiedo non capendo.
Barza fa per parlare, poi si blocca, poi riprova <<Tu come sai quelle cose?>> domanda alla fine.
Alzo le spalle <<Le ho lette una volta in un libro di mia nipote>> mento.
Che faccio, gli dico che me l’ha spiegato la proprietaria di quel bellissimo nome e che io ho praticamente imparato a memoria perché trovo che ogni riferimento si addica perfettamente a Mida? Ma nemmeno per sogno, diventerei lo zimbello dello spogliatoio.
Sono palesemente poco convinti, ma lasciano cadere il discorso; l’unico che mi guarda con lo sguardo da “raccontala a qualcun altro” è Gonzalo, ma sa cosa ci sia dietro.
La sera dopo, prima di entrare negli spogliatoi, vedo un suo messaggio “Comunque vada, sarò orgogliosa di voi e di te”. Sorrido e faccio gomito al Pipita vicino a me, mostrandogli il telefono.
<<Sarebbe l’occasione perfetta per una cena>> mi fa l’occhiolino e poi comincia a cambiarsi.
Rileggo il messaggio e sospiro, forse non ha tutti i torti.

Imprevisto // Paulo DybalaOnde histórias criam vida. Descubra agora