8. Inter-Juve 2-3

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Sono stati dei giorni che definire di merda sarebbe poco: dopo quel lunedì pomeriggio con Artemide le cose sono state strane, molto strane.
Dopo quell’episodio davanti alla porta, il suo modo di rapportarsi con me è cambiato: a volte sembra quasi evitarmi e le poche volte che ho cercato di introdurre il discorso, ha cambiato argomento, come se non le importasse.
Ad essere sinceri, mi è dispiaciuto, nonostante mi abbia fatto capire che lei è di un altro mondo e non è la relazione con Dybala numero dieci della Juve che sta cercando; però mi fa male che lei non voglia parlare di una cosa che evidentemente sottolinea il fatto che la nostra amicizia sta evolvendo. Non sono ancora sicuro al cento per cento di volermi buttare in una nuova relazione, la mia mente va sempre al mondiale, alla convocazione e alla possibile distrazione che quella potrebbe portare. È tutto un controsenso: vorrei parlarle e chiarire la situazione, ossia che mi piace e non poco, però non voglio iniziare una relazione seria perché la mia priorità al momento è il mondiale.
Che casino…
Finita la seduta in sala pesi e dopo aver fatto una doccia veloce, decido di andare in sala relax a vedere che vuole fare il Pipita; sto controllando il telefono, a mala pena mi rendo conto di chi mi passa accanto e, sinceramente, ho poca voglia di conversare con chi non sia il mio connazionale o la ragazza che mi sta mandando al manicomio in queste ultime settimane. Quando sento la sua voce, calma e dolce, alzo di scatto la testa e la osservo mentre tiene Edin sulle gambe e gli spiega una cosa; d’istinto sorrido e i fugaci propositi di replicare il suo comportamento, sono svaniti velocemente. Non riuscirò ad avercela con lei, perché in fondo tutta quella situazione ha spaventato e continua a farlo anche me.
<<Ciao>> mi avvicino ai due.
Mida sorride, ma vedo il disagio chiaro nei suoi occhi <<Ciao Dybi>> ricambia e il fatto che usi ancora quel soprannome mi riempie di fiducia.
<<Ciao Pau>> la voce dolce del piccolo Pjanic fa allargare il mio sorriso.
Gli scompiglio i capelli e saluto anche lui, sedendomi poi vicino a loro <<Che fai qua? Sapevo che rimanevi a casa>> le chiedo curioso.
Lei si stringe nelle spalle <<Mire mi ha chiesto il favore di tenere Edin dopo la scuola e così siamo venuti direttamente qua. Abbiamo fatto i compiti e poi merenda>> addolcisce la voce sul finale, solleticandogli il pancino e facendolo ridere.
Sorrido alla scena, Artemide con i bambini è veramente brava; ogni volta che lo incontriamo il piccolo corre ad abbracciarla e lei non si nega, assolutamente. Gli chiede come sta e cosa abbia fatto a scuola e ascolta attenta i suoi racconti; lui poi le chiede dove sia Federico, adora il fratello di Mida, anche lui ci sa fare con i bambini e il loro rapporto ne è la dimostrazione.
Il suo telefono si illumina e dopo averlo controllato, blocca lo schermo; fa scendere il piccolo Pjanic dalle sue gambe e si alza <<Forza, papà mi ha detto di portarti da lui>> gli sorride.
Edin saltella felice, ha un bellissimo rapporto con Miralem <<Papà>> dice allegro.
Artemide ridacchia <<Se ti spicci ad infilare il giubbotto lo raggiungiamo prima>> gli fa notare dolce e lui si avvicina veloce.
Gli mette sulle spalle il suo zainetto e poi si incammina, tornando dopo pochi minuti; questa situazione va chiarita, ma se lei rifiuta ogni confronto non so come fare. Non posso e non voglio ignorare tutte le sensazioni che ho provato quella domenica pomeriggio, mi hanno reso vivo come prima non ero; voglio davvero costruire qualcosa con lei, ma non sono sicuro che farlo ora sia la cosa più giusta.
<<Ti va di andare a fare un giro? O devi lavorare?>> le propongo di punto in bianco.
Lei si blocca mentre si sta infilando il giubbino di pelle: è a disagio, lo vedo chiaramente, ma ho bisogno di passare del tempo con lei. Per settimane mi sono limitato ai messaggi e alle chiamate e alle video, accettando i suoi turni, impegni e pomeriggi passati a studiare. Oggi no, oggi voglio uscire con lei; voglio andare a fare un giro, come prima, parlando tranquillamente, accompagnandola a lavoro o a casa. Non vuole parlare di quel bacio interrotto da Mariano? Perfetto, prima farò chiarezza nella mia testa e poi tornerò anch’io sull’argomento; mi rendo conto che dirle che mi piace, ma che non sono sicuro di volere una relazione con lei adesso sarebbe da stronzi.
<<Io veramente…>> mormora.
Mi alzo e le vado davanti <<Per favore, siamo settimane che ci sentiamo e vediamo con il contagocce. Oggi non avevi il giorno libero?>> lei annuisce <<Bene, ci facciamo un giro in centro, qualche compera e poi ti riporto a casa oppure passiamo a prendere Fede e ceniamo tutti e quattro assieme, c’è Mariano a casa>> propongo concitato <<Per favore>> ripeto in un sussurro.
Lei sospira e abbassa lo sguardo, noto che lo posa un attimo di troppo sulle mie labbra ed io di riflesso ci passo sopra la lingua <<Va bene, ma non posso far compere, lo stipendio per questo mese è già impegnato>> chiarisce.
Alzo le spalle <<Vorrà dire che tornerai a casa con qualche regalo>> commento semplicemente.
Si ferma di colpo e si gira minacciosa <<Non ti azzardare, aggiungerò qualcosa al mio guardaroba il mese prossimo>> mi avverte.
Faccio un gesto vago con la mano <<Certo, sì, credici>> dico con sufficienza precedendola verso l’uscita.
<<Paulo>> mi richiama seria.
Le schiocco un bacio sulla guancia <<Forza o si farà tardi>> la incito.
Artemide scuote la testa <<Sei il solito>> sospira e so che è come se avesse accettato <<Posso almeno cucinare stasera? Mando un messaggio a Fede e lo mando a fare la spesa>> mi chiede sconsolata.
<<Il messaggio lo mandiamo, ma a mio fratello>> e il mio tono non ammette repliche <<Potrai cucinare tutto quello che vuoi, se per una sera mangio da persona normale non succede niente, domani farò un altro giro in sala pesi, ma offro io e non ammetto discussioni>> aggiungo serio.
Alza le mani <<Rinuncio a discutere con te>> borbotta e poi la vedo riflettere un attimo <<Ti va del salmone? Conosco una ricetta buonissima>> propone contenta.
Sorrido <<Qualsiasi cosa, bebé, purché torni a sorridere come solo tu sai fare>> acconsento, aggiungendo un po’ di sincerità che non guasta mai.
Con la coda dell’occhio vedo che arrossisce, ma il sorriso non scompare <<Sono solo stressata, si avvicina la sessione>> mormora come giustificazione.
<<Sarà mio compito farti arrivare il più tranquilla possibile, allora>> asserisco sincero.
Mi guarda con un leggero sorriso ad incresparle le labbra e poi, mentre siamo fermi ad un semaforo, si sporge per lasciarmi un bacio sulla guancia; rimaniamo con gli occhi incatenati per qualche secondo, ritornando poi composti quando da dietro suonano per il verde scattato da un po’.
Per tutto il pomeriggio giriamo per il centro, ogni tanto prendiamo qualcosa in un negozio con in sottofondo le sue lamentele perché non vuole tutti quei regali; scialacquerei tutto quello che ho se servisse per passare del tempo con lei a ridere e scherzare, per vedere l’espressione rilassata che ha mentre cammina tra gli scaffali della Feltrinelli o quella estasiata mentre dividiamo una fetta di torta. Farei qualsiasi cosa pur di stare con lei dopo gli allenamenti, durante le pause, dopo le partite, sempre; mi piacerebbe che venisse alle partite, magari qualche trasferta. Vorrei che ci sia sabato a San Siro, di nuovo, per una partita decisiva come lo sarà quella con l’Inter e, lo ammetto, per vedere la sua faccia a dir poco schifata alla vista di Wanda.
Mando un messaggio a Gonzalo, solo lui può aiutarmi ora ed è anche l’unico, assieme a Mire, a sapere del quasi bacio sull’uscio di casa; così mentre Mida sta provando un paio di pantaloni di tuta che le ho consigliato, digito veloce “Vedi se riesci a procurarmi due biglietti per sabato, voglio invitare Mida e Fede”.
Pochi secondi dopo il mio telefono vibra nella tasca dei jeans, non mi ha risposto, ha scritto sul gruppo con Mire chiamato “#Paulida” cosa gli ho appena chiesto; con il bosniaco che risponde con un “cosa?!” a caratteri cubitali e aggiunge poi “E mi vieni a dire che non sei cotto”.
Sbuffo e rispondo “Non mi sembra il momento adatto a fare questo discorso” e la sua ribattuta arriva subito “Non dirmi che te la sei fatta, potrei mettere i manifesti in piazza”.
Sto per scrivere la risposta, ma Mida mi chiama e mi chiede un parere sui pantaloni e mai l’avesse fatto: le stanno benissimo, aderenti al punto giusto e per la mia povera sanità mentale, si intravede il segno della brasiliana che indossa.
Ho caldo.
<<Potresti abbinarci la felpa grigia che stavi guardando poco fa, ti starebbe bene e con i dettagli neri non sembrerebbe nemmeno un pigiama>> le consiglio, cercando di dissimulare l’effetto che mi sta facendo.
Ha solo dei pantaloni di tuta, figuriamoci il giorno che compreremo un vestito o qualcosa di elegante per una cena con la società o un evento a cui devo partecipare, sicuramente mi metteranno dentro per atti osceni in luogo pubblico.
Alla fine ha preso sia i pantaloni che la felpa, più una camicetta che ha detto starebbe bene con una gonna che ha e che è solita usare in questo periodo dell’anno; perfetto, speriamo solo che non la metta quando usciremo assieme.
Passiamo a prendere Federico e Artemide approfitta per lasciare le buste con i miei regali, così io rispondo a Miralem ancora convinto di dover mettere i manifesti in piazza “Nessun manifesto, è così strano voler un’amica ad una partita importante?!”
Il loro “sì” quasi contemporaneo mi fa sbuffare; “Siamo amici, per quanto possa piacermi non è il momento per una relazione”. Dalla macchina vedo le luci dell’appartamento dei ragazzi spegnersi, segno che stanno per scendere; Gonzalo intanto ha risposto “Questa convinzione te la devi togliere dalla testa, è probabile che lei ti faccia bene invece”, mi limito a leggere e poi riporre il telefono visto che i fratelli sono arrivati.
<<Ciao Paulo!>> mi saluta allegro Federico.
Sorrido e gli allungo la mano, che lui subito batte <<Ciao Fede!>> ricambio <<Tutto bene?>> gli chiedo.
Lui annuisce felice <<A meraviglia>> sospira rilassato.
Alzo un sopracciglio e guardo Mida seduta vicino a me, ma alza le spalle come a dire che lei non sa niente; copio il suo gesto e metto in moto per avviarci verso casa.
Io e Mariano ci occupiamo di preparare la tavola, lasciamo agli altri due fratelli l’onore di cucinare e sembrano farlo bene: sono perfettamente coordinati, ordinati e il profumo è a dir poco delizioso. Alla fine non ho nemmeno sgarrato tanto dalla dieta, ma ho mangiato sicuramente qualcosa di molto più saporito e poi ho rubacchiato un paio di cucchiai di dolce dalla porzione di Artemide, che mi ha fulminato entrambe le volte. Se c’è una cosa che la infastidisce è proprio quando qualcuno mette mano nel suo piatto di dolce ed io adoro punzecchiarla così.
La mattina dopo Gonzalo mi da i biglietti che gli avevo chiesto e quasi gli salto addosso dalla felicità; a fine sessione chiamo Mida, ma non mi risponde così provo con il fratello <<Paulo, dimmi>> mi risponde affannato.
Alzo un sopracciglio, perché ho l’impressione di aver interrotto qualcosa?
<<Volevo sapere dov’è Mida, non mi risponde al telefono>> gli chiedo confuso.
Tossicchia <<A lavoro, ha sostituito una collega in malattia>> mi spiega.
<<Perfetto, grazie>> dico allegro, poi decido di fare un po’ il fratello maggiore <<Poi mi dici com’è, sia chiaro>> lo avverto.
Sono sicuro al cento per cento che sia con una ragazza; e infatti <<Solo se non ne fai parola con Ami, una chiacchierata tra uomini>> ci ho preso.
<<Andata, domani marini scuola>> organizzo.
Lui scoppia a ridere <<Sì, così è la volta che mia sorella mi chiude in casa>> mi fa notare.
<<Chi ha detto che lo scoprirà>> ribatto cospiratorio.
Sbuffa <<Scopre sempre tutto>> borbotta <<Domani pomeriggio lavora di nuovo e credo studi con Cecilia, potrei raggiungerti dopo il tuo allenamento>> propone.
Ci penso un attimo e andrebbe bene anche quello <<Andata>> acconsento e poi ci salutiamo.
Recupero borsa e felpa e mi avvio all’uscita; mi fermo con i tifosi e poi vado verso il bar dove lavora la mia piccola intellettuale, che sicuro al cento per cento mi farà una scenata per i biglietti.

Imprevisto // Paulo DybalaWhere stories live. Discover now