~21~ You shouldn't let me in

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Batman scomparve per sette giorni

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Batman scomparve per sette giorni.

Inghiottito dalla fetida ferocia di muscoli che non potevano sentire stanchezza, né dolore restò a galla nella lucida consapevolezza di saper sopportare fame, sete, sfinimento. Non era più sicuro di averle imparate da qualche parte quelle insondabili risorse, quel dissennato attaccamento alla vita, o se agisse ormai per puro istinto, qualcosa di più profondo e ancestrale di un oculato addestramento.

Eppure il cuore, stanco e ammaccato, martellava ancora fra la gola riarsa e le coste spezzate. Pulsava via sangue scuro dalle ferite aperte, denso come melma. Avrebbe voluto fermarsi, lasciar andare, ma il corpo reagiva solo a quel ritmo disperato, pregando di incassare il colpo successivo.

Chiunque avesse assistito allo scontro, Bruce era certo avrebbe visto una bestia dimenarsi nella tuta lacerata dallo sforzo dei muscoli, dal contraccolpo delle cadute. Occhi appannati di un predatore messo all'angolo, il respiro irregolare sibilare via fra i denti serrati. Non c'era umanità in quella danza infernale di tentativi di sottomissione, più colpiva e più aveva restituito, più respirava e più l'aria sembrava svanire dai polmoni in fiamme.

Le ossa scricchiolavano all'impatto con le sbarre d'acciaio, la gola arsa come sabbia fra le dita di quel maciste di melma e ottusa volontà omicida. Non era più al palazzo di giustizia, forse non era più neppure fra i vivi. Lottava per la vita con la testardaggine di uno spettro troppo legato a un'esistenza passata, al ricordo di tempi migliori, tempi più veri.

Poi, con la lentezza sfilacciata dei sogni, pian piano i minuti divennero ore, le ore giorni, i giorni un'eternità.

Di tanto in tanto, con l'isterica perseveranza di una iena intorno alla preda di qualcun altro, Julian Day spruzzava acqua in quella gabbia dimenticata da Dio, quel tanto che bastava a tenerlo vivo, cosciente per un altro round.

Bruce sapeva di poter resistere, di doverlo fare. L'avrebbe fatto finché lo sfinimento non avrebbe preso il sopravvento sul suo corpo, rallentando il ritmo dei colpi, spegnendo ogni ansito, ogni battito furioso. Aveva sempre odiato ammetterlo, ma il bisogno di riposo non era qualcosa che si lasciasse comandare per sempre, neppure da qualcuno come lui.

Ma c'era ancora vita in quelle ossa ammaccate, in quel cuore forsennato. Non era ancora vinto.

La battaglia continuò per sette giorni. Sette giorni di ricerche, sette giorni di rassegnazione e speranza. Il telefono in attesa di un incontro a lungo rimandato. Il segnale acceso a squarciare come un grido muto il cielo vuoto di una Gotham ingrigita, nell'attesa di un amico che, questa volta, non sarebbe accorso al richiamo.

Finalmente, il settimo giorno, con un grugnito da bestia infiacchita, anche l'ultimo Solomon Grundy rovinò a faccia in giù sul cemento lurido della cella, gli occhi vuoti di carcassa decomposta a vagare immobili fra polvere e sangue, unghie rotte conficcate nel putrido pavimento.

- Vedo che, anche dopo sette giorni, c'è rimasta ancora un po' di vita in te, Batman. – ghignò Julian Day sovrastando di un poco il cigolio assordante di cardini rugginosi.

Batman: The city of rainWhere stories live. Discover now